Cityfarm: e l’agricoltura arriva in città, grazie al MIT

n questi tempi di crisi riaffora importante quella grande esigenza, da parte dell’uomo di un ritorno, almeno parziale “alla terra”, ed alla possibilità di coltivare in proprio alcuni alimenti, proprio mentre oramai da alcuni anni la popolazione mondiale che vive nelle aree urbane, ha superato quella che vive nei contesti rurali.


La preziosità della risorsa suolo, è oggi messa ancora più in risalto, dalla crisi di un modello economico che ha voluto codardamente radiare la parola “limite”, dal proprio vocabolario, per far ci che una agricoltura veramente sostenibile possa sfamare e con maggiore equilibrio, una popolazione mondiale in continua crescita.

Tra le innovative, nuove pratiche agricole, che consentono la massima ottimizzazione dell’uso del suolo, minimizzando anche l’utilizzo di diserbanti, vi sono indubbiamente le colture idroponiche, che ho avuto il piacere di presentare alcuni mesi fa, in una virtuosa serra per la coltivazione di basilico nell’area pistoiese (vedi post “Serricoltura e colture idroponiche “floating”: apoteosi di sostenibilità di processo e di prodotto per “galleggiare” in tempo di crisi“), che stanno prendendo sempre più piede, anche nei contesti urbani. Molto significativa in questo senso, l’esperienza di Media Lab del MIT (Massachusetts Institute of Technology), che ha sviluppato CityFarm.

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Si tratta di un software open source da applicare in una fattoria urbana senza suolodove si realizzano colture idroponiche eaeroponiche, che consente di calibrare i livelli di luce, umidità, temperatura e pH al fine di creare condizioni facilmente replicabili. Un tema molto eterogeneo e composito, quello del MIT, costituito da ingegneri, architetti, urbanisti, economisti e agronomi e capeggiato da Caleb Harper, che ha voluto rafforzare un tipo di produzione definibile e “metro zero” più che a “km zero”, che sia a impatto quasi nullo e capace di sfruttare i densi spazi delle città presenti e del futuro.

In particolare, il team di ricerca si è orientato ha sviluppare sistemi di produzione vegetale su pareti verticali, con particolare riferimento allo studio dii sistemi di illuminazione e di costruzione e delle dinamiche spaziali. L’aspetto innovativo, rispetto alle colture idroponiche tradizionali consolidate, costituito dalla ricerca di spazi adatti già esistenti, senza crearne di nuovi, nell’ottica della massima efficienza ed ottimizzazione degli spazi e delle risorse.

Anche in questo caso vengono ulteriormente incrementati i benefici sanitari degli alimenti, dal momento che le colture non richiedono fertilizzanti e pesticidi chimici, con i nutrienti che hanno una concentrazione doppia. Importantissimi anche i benefici ambientali, dal momento che è possibile conseguire un risparmio di acqua del 98% e a una riduzione dei consumi energetici pari a 10 volte, anche in virtù del fatto che l’illuminazione è realizzata con luce a LED blu e rossa, l’unica che le piante sono in grado di assorbire. Anche in questo caso la grande versatilità della sorgente LED risulta determinante.

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A livello di aspetti negativi, persistono ancora al momento alcuni aspetti negativi, legati soprattutto ai costi, legati alla illuminazione a LED, ma anche alla selezione vegetale che questo tipo di coltura implica, soprattutto per motivi di spazio limitato, non riuscendo a contemplare per esempio gran parte dei cereali che sono importantissimi per la nutrizione dell’intero pianeta. Una ricerca che comunque procede spedita, con il MIT impegnato con i governi di Dubai, Accra, Guadalajara e Detroit per sviluppare laboratori verticali da poter poi implementare e diffondere in altre città del mondo.

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