Biocarburanti sostenibili: una possibilità dall’erba comune

Uno degli ambiti di intervento alla perenne ricerca di un proprio equilibrio nella decarbonizzazione dei sistemi energetici è indubbiamente quello dei biocarburanti, viste le matrici vegetali utilizzate, troppo spesso riferibili, soprattutto nei carburanti di 1a generazione, al consumo alimentare umano (food).


In virtù di questo, si è assistito progressivamente alla migrazione verso colture marginali, o comunque no food, nei biocarburanti di 2a generazione, per giungere alla 3a generazione, costituita, tra le altre, dalla coltivazione delle alghe. Uno grande sforzo nella ricerca sui biocarburanti è anche quello dell’Unione Europea, che sta finanziando il progetto chiamato GrassMargins, che vede l’impegno di un alcuni ricercatori per individuare una nuova risorsa per la produzione di questi carburanti.

Lo sforzo degli scienziati è concentrando sullo studio di alcuni tipi di erbe perenni, capaci di crescere durante tutto l’anno, con una grande resistenza ai cambiamenti climatici stagionali ed, aspetto non certo secondario, coltivabile proprio in terreni marginali, non adatti alle colture alimentari. Il progetto vede la collaborazione dell’Università svedese di Scienze Agrarie di Teagasc e l’Università inglese di Sheffield, con il sostegno di dodici partner provenienti da otto paesi europei, tre partner SMEs (piccole e medie imprese) e alcuni importanti istituti di ricerca cinesi, tra cui l’Accademia cinese delle scienze e l’Istituto per le scienze biologiche di Shangai e russi, come l’Istituto di Citologia dell’Accademia delle scienze di Mosca. Obiettivo del progetto lo studio di alcune varietà di graminacee C3 e più esattamente:

  • la Dactylis glomerata conosciuta anche come dattile;
Dactylis_glomerata_seedhead
  • la Festuca arundinacea;
Festuca arundinacea 2
  • la Phalaris arundinacea o saggina spagnola;
Phalaris.arundinacea
  • alcune piante del tipo Miscanthus C4,
miscantus

Si tratta di tutte piante perenni stabili e produttive, con modestissime esigenze colturali. I primi risultati del progetto, stanno evidenziando le peculiarità del Miscanthus del sud-est asiatico, una varietà ad elevatissima resa, pari a produce 15-20 chili di biocarburante per ettaro, senza richiedere l’utilizzo di fertilizzanti e con un ritmo di crescita paragonabile alle specie non invasive, con l’ulteriore caratteristica di una enorme capacità di assorbimento di enormi quantità di CO2.

In particolare si sta studiando la possibilità di produrre biocarburanti, usando questi tipi di erbe come materia prima per i digestori anaerobici o, in alternativa, come combustibile per gli impianti di generazione di calore o energia presso le aziende agricole.

Ovviamente uno dei valori aggiunti più importanti è proprio la possibilità ei coltivazione di essenze vegetali no-food in terreni marginali, in aree in grado di sopportare colture perenni o intensive, senza necessità di fare investimenti significativi per il terreno o per la gestione delle risorse idriche e normalmente lontani da aree protette o particolarmente ricche a livello di biodiversità.

Sauro Secci

Articoli correlati