L’esercito italiano a “impatto zero”?

Fotovoltaico sul tetto di 64 caserme italiane. C’è un nuovo attore nel mondo delle rinnovabili italiano: il ministero della Difesa, che tramite la neonata Difesa Servizi SpA, di cui è unico azionista si dà, oltre che ad altre attività commerciali, anche alle fonti pulite. L’annuncio è stato fatto nei giorni scorsi dal ministro Ignazio La Russa, obiettivo – ha spiegato – l’autosufficienza energetica delle forze armate: “Oggi spendiamo tra i 120 e i 140 milioni di euro l’anno solo per l’energia. Puntiamo ad azzerare questi costi in tempi brevi, a tutto vantaggio del bilancio della Difesa e delle casse dello Stato”.


Senza dubbio una buona idea per limare, anche se di poco in termini relativi, una delle uscite più pesanti e contestate della nostra spesa pubblica: l’ultimo rapporto previsionale parla di un budget per il solo Ministero della Difesa di oltre 20 miliardi di euro, circa l’1,3% del Pil, mentre secondo lo Stockholm International Peace Research Institute nel 2010 l’Italia ha sostenuto spese militari (che non fanno capo al solo ministero della Difesa) per circa 27 miliardi di euro. “In tempo di crisi credo che il modo migliore per sopperire ai tagli (anche se in realtà dal bilancio risulta che alla Difesa nel 2011 sono andati 192,5 milioni di euro in più rispetto al 2010, ndr) sottolinea il ministro – sia giocare di anticipo, cercando di ridurre i costi e pensando a modi per produrre ricavi”.

La possibilità che le forze armate italiane vendano energia nasce con la legge 99 del 2009, la stessa che prevedeva il ritorno al nucleare. L’art. 39 della stessa infatti stabilisce che il Ministero della Difesa, possa “affidare in concessione o in locazione, o utilizzare direttamente i siti militari e tutto i beni del demanio militare per installarvi impianti energetici”. Al tempo qualcuno aveva sospettato che questo articolo servisse a permettere un eventuale realizzazione militarizzata delle centrali atomiche. Ora invece, complice forse la pietra messa sopra l’atomo, nei siti militari partirà alla grande il fotovoltaico.

Il Ministero, d’altra parte, è non poco avvantaggiato rispetto ad altri attori privati in questo campo: la stessa legge 99, all’art. 27, prevede infatti che il Ministero della Difesa “può usufruire dello scambio sul posto per impianti alimentati da fonti rinnovabili di qualsiasi potenza (quindi anche superiore a 200 kWp), senza tener conto dell’obbligo di coincidenza tra il punto di immissione dell’energia prodotta e il punto di prelievo dell’energia consumata.”

Insomma, un buon affare che andrà a ridurre di un po’ la spesa pubblica. Chi realizzerà e gestirà gli impianti di Difesa Servizi SpA? “Non è stato ancora deciso – ha spiegato La Russa – se verranno fatte gare o ci si rivolgerà direttamente a un’azienda che opera sul mercato”. In tal caso, aveva spiegato alla presentazione della società il presidente del Cda, il Generale Armando Novelli, “un partner credibile sarebbe senz’altro Terna“.

Un’ipotesi quest’ultima che – fa notare Quotidiano Energia – potrebbe essere in contrasto con il decreto di recepimento del terzo Pacchetto Ue sull’energia, che specifica che “il gestore del sistema di trasmissione nazionale non può, né direttamente né indirettamente, esercitare attività di produzione e di fornitura di energia elettrica, né gestire, neppure temporaneamente, infrastrutture o impianti di produzione di energia elettrica. Forse è questo il motivo per cui successivamente La Russa ha precisato: che “c’era un’ipotesi di soluzione diretta con Terna che però al momento non è decollata”. Il discorso dunque non è chiuso e l’ipotesi più plausibile sembrerebbe quella di una gara.

FONTE : 07/2011 Giulio Meneghello per : Qualenergia.it

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