La geotermia italiana tra presente e futuro

Carlo Carlucci torna a denunciare la politica di Enel che persegue il suo progetto di Bagnore 4. Quest’ultima, collocata immediatamente a ridosso della centrale Bagnore 3 e cioè sopra le sorgenti del Fiora, rischia di porre fine nel giro di alcuni anni alle riserve d’acqua dell’Amiata.


Il presente, nefasto anzichenò, della geotermia è rappresentato da Enel che pretende il raddoppio come da Protocollo 2007, costi quel che costi. E il raddoppio sull’Amiata significa con tutta probabilità la fine di quel che resta (oramai il 50%!) delle riserve d’acqua. Enel dice di no e sostiene che le sue centrali, che consumano una quantità enorme d’acqua, pescano nel bacino profondo.

Tutti i manuali di geotermia spiegano che il bacino profondo è alimentato dal bacino superficiale che sull’Amiata si è ridotto appunto del 50%, ma Enel dimostra (teoricamente) che i due bacini non hanno collegamenti di sorta.

Certo che qualche pensierino ce l’avevano fatto gli ingegneri Enel quando negli anni ’60 decisero di piazzare le centrali a Piancastagnaio proprio sopra l’acquifero più importante dell’Italia centrale (700.000 utenti), ma allora, in pieno boom, non si andava tanto per il sottile. Poi è arrivata Bagnore 3 da 20 MGW piazzata proprio vicino alle sorgenti del Fiora (il 70% di tutta l’acqua dell’Amiata) nel 1998 e, guarda caso, l’arsenico nell’acqua è salito prossimo alla soglia limite di 10.

L’Arpat vigila con strumentazione Enel ed è tenuta nella sue visite di controllo alle centrali a dare preavviso di 15 giorni a Enel stessa (vi immaginate in base allo stesso principio se i NAS dovessero preavvisare con congruo anticipo dei loro controlli…?). Ma siamo in Italia dove tutto è possibile, basta una telefonatina…

Bagnore 3 è nata quando non c’erano in vigore le procedure per le Valutazioni di Impatto Ambientale. Alla sua scadenza nel 2007, e quindi al momento della richiesta del rinnovo, noi dei comitati chiedemmo alla Regione, attraverso la persona del suo assessore all’ambiente, che, dato che da alcuni anni vigevano queste nuove procedure, l’eventuale rinnovo fosse almeno subordinato al rispetto della VIA.


Un decreto del ministro Scajola ha prolungato le scadenze di tutte le centrali geotermiche al 2024

Con squisite argomentazioni di fatto e di diritto Bagnore 3 fu prorogata al 2014 senza VIA. E quando un giovane e tenace avvocato attraverso il procedimento di autotutela (diritto amministrativo) costrinse la Regione a riaprire il caso di Bagnore 3, arrivò il più che provvidenziale decreto del ministro Scajola, quello oramai famoso per l’introduzione della norma consuetudinaria della ‘sua insaputa’, che prolungava le scadenze di tutte le centrali geotermiche al 2024.

Il fatto è che in quel periodo Scajola ed Enel stavano per riempirci di centrali nucleari, alla faccia di un precedente referendum inequivocabile che aveva detto ‘no’ al nucleare e alla faccia di una sismicità congenita del suolo italiano. Non fosse stato per la tragedia di Fukushima e per la buona sorte che ha tolto di mezzo B, l’attuale sciame sismico avrebbe certamente stoppato i cantieri in corso delle centrali nucleari, programmate dai nostri eccelsi statisti.

Rimane l’Enel col suo programma e i suoi metodi mentre il recente congresso sull’altra geotermia a Napoli ha aperto scenari futuri molto promettenti. Parliamo delle centrali a ciclo binario, quelle a zero emissioni ma non solo. Di Natale, che ha organizzato l’incontro internazionale, ha tracciato uno scenario a dir poco avveniristico con centrali di proporzioni ridotte capaci di produrre energia ovunque, anche ai Campi Flegrei e in tutta la zona vesuviana. L’utilizzazione della media e della bassa entalpia può avvenire ovunque mutando radicalmente il fare statico della geotermia Enel.


Il Monte Amiata è un immenso polmone verde che domina maremma, Valdorcia, Umbria, alto Lazio

Ed Enel, fresca dello smacco subito con nucleare, ostinatamente persegue il suo progetto di Bagnore 4 che, piazzata immediatamente a ridosso di Bagnore 3 e cioè sopra le sorgenti del Fiora (il 70% di tutta l’acqua dell’Amiata!), rischia (e i dati sono abbastanza chiari) di porre fine, nel giro di alcuni anni, all’acqua dell’Amiata. Amministratori locali, Arpat, Acquedotto del Fiora sono compatti nel negare ogni rischio, facendo ricadere la colpa dell’allarme sui soliti ambientalisti. I quali ambientalisti proprio in questi giorni si incaricano di recapitare ai sindaci dati, incongruenze e contraddizioni presenti nella valutazione assolutoria di Arpat.

Anni fa nessuno rispose (non fosse con una risposta interlocutoria) alle raccomandate spedite dal parroco di Seggiano (ex ingegnere tra l’altro) in cui si chiedeva a ben 60 amministratori, Regione compresa, che si assumessero la responsabilità del loro operato in vista dei presenti e soprattutto futuri danni.

Con i documenti che verranno recapitati ai sindaci e che rilevano più che palesi contraddizioni non basterà più il silenzio. In quanto primi cittadini essi vengono chiamati alle loro responsabilità ineludibili. Non basteranno più le sagre e i raduni motociclistici o le giornate con le Centrali aperte di fronte alla scomparsa dell’acqua. E un’altra cosa: il destino dell’acquifero dell’Amiata che tocca 700.000 persone, i destini di una Montagna dalla bellezza incomparabile – un immenso polmone verde che domina maremma, Valdorcia, Umbria, alto Lazio – può mai essere lasciato nelle mani di pochi?

Per questo ed ad ogni buon conto si avvertono i sindaci amiatini delle contraddizioni documentali suscettibili di una loro chiamata a rispondere un domani non troppo lontano.

FONTE : ilcambiamento.it

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