Investire nel mini eolico, settore difficile ma interessante

Mancanza di una programmazione energetica e ambientale di lungo periodo, poca chiarezza della normativa autorizzativa, difficoltà e complessità di connessione alla rete elettrica sono sicuramente i principali spauracchi che spaventano e allontanano gli investitori dal mini e medio eolico che invece, possono riservare interessanti sorprese.


Come tutto il settore delle rinnovabili in Italia, il mercato nasce nel 2003 con il D.Lgs 387, ma si deve aspettare la prima metà degli anni 2000 per vedere la concreta possibilità di installare turbine di medio-piccola taglia. Da allora il mercato e la normativa hanno avuto una forte evoluzione e oggi possiamo tranquillamente affermare che per i prossimi anni esso rappresenterà un importante traino nel settore della produzione di energia da fonte rinnovabile.

Proviamo a fare una valutazione delle potenzialità di questo mercato in Italia alla luce delle novità degli ultimi mesi. Innanzitutto andiamo ad analizzare le soluzioni oggi sul mercato.

Le taglie più diffuse sono essenzialmente tre che per comodità definiremo micro-eolico (turbine con potenza paragonabile ai 10-11 kWp), minieolico (turbine della potenza di 50-60 kWp) e medio eolico (essenzialmente turbine della potenza di 200 kWp).

La prima fascia (microeolico) presenta a sua volta una possibilità interessante sotto i 6 kWp che può essere considerata una taglia “famigliare” e presenta una fascia incentivante omogenea fino ai 20 kWp. Le soluzioni tecniche adottate per il microeolico sono indirizzate soprattutto a contenerne i costi. La produzione è tendenzialmente scarsa in quanto le turbine di piccola potenza sono installate in prossimità dello strato turbolento che per comodità si considera terminare intorno ai dieci metri dal suolo. Per aumentare le produzioni si usano materiali molto leggeri o ampie superfici alari.

Il mercato si è tendenzialmente orientato quindi verso l’introduzione di turbine ad asse verticale che, per le loro caratteristiche tecniche, meglio si adattano a lavorare negli strati turbolenti o verso turbine comunque di grandi dimensioni nonostante la piccola potenza. Oggi quindi taglie inferiori ai 10 kWp possono rappresentare una buona soluzione tecnico-economica per il piccolo investitore che ha come obiettivo il bilanciamento della propria spesa energetica. Se invece l’investimento è fatto per avere una piccola remunerazione allora ci si deve orientare verso soluzioni più performanti. In prima istanza quindi sollevarsi da terra e ampliare l’apertura alare.

Lo standard di fatto è oggi rappresentato da tre altezze medie, 18, 24 e 30 metri. Capire quando orientarsi per l’una o l’altra non è facile e uno studio anemologico, seppur preliminare, permette di capire meglio i costi-benefici di una torre più alta.

Sul mercato si trovano sia turbine bipala che tripala di produzione italiana, europea o extra-europea con ottime caratteristiche e soprattutto una buona storia aziendale alle spalle. Su queste taglie incide in maniera molto importante anche la cantieristica e la gestione della turbina nel tempo.

Posto che non esiste una turbina a zero manutenzioni, le soluzioni tecniche adottate dai costruttori si sono orientate verso preponderanza dell’elettronica di supporto o della meccanica. Anche qui la scelta dovrebbe dipendere dalle caratteristiche del sito. Una turbina con molta elettronica permette un controllo fine e accurato, ma anche competenze non banali. Una turbina meccanica richiede interventi classici e semplici, ma l’ottimizzazione rispetto al sito non è spinta. Il nostro suggerimento è sempre lo stesso e cioè di farsi consigliare da un referente di fiducia con esperienza su più taglie e più modelli.

Analizzando la fascia successiva (mini eolico, 50-60 kW), possiamo tranquillamente affermare che qui le scelte sono ampie e variegate e parliamo di turbine con altezze al mozzo che oscillano tra i 30 e i 40 metri. Tralasciamo totalmente il mercato dell’usato, del ricondizionato e della fascia low-cost che sarebbe troppo complesso descrivere in questa sede. In questa fascia, come per la precedente, abbiamo sia soluzioni bipala che tripala, inoltre l’elettronica inizia a essere molto importante e il controllo delle turbine risulta necessario quando non fondamentale.

Le turbine in questa fascia richiedono soluzioni importanti nella dotazione di sicurezza che deve garantire l’arresto senza problemi delle macchine in tutte le condizioni, quindi ridondanza dei sistemi frenanti, presenza sia di freni meccanici sia elettronici sono la base su cui non si può transigere.

Risulta utile, ma non discriminante, anche la presenza di un buon pitch attivo. Un fatto da sottolineare è che tali turbine si installano con semplice PAS. L’assenza del registro grandi impianti inoltre esclude una delle principali incertezze/rischi per le macchine di potenza superiore. Gli operatori oggi presenti sul mercato offrono turbine che possono vantare importanti esperienze o innovazioni tecnologiche interessanti.

Purtroppo questa fascia di turbine non si presta bene ancora a forti ricerche e sviluppi quindi tendenzialmente il fatto che la tecnologia possa essere consolidata rappresenta sicuramente un punto di forte vantaggio competitivo per il produttore.

L’ultima fascia di mercato che ci sentiamo di inserire nel pacchetto mini-eolico comprende le turbine che arrivano fino a una potenza di 200 kWp. Riteniamo in questa fascia di fondamentale importanza le garanzie contrattuali offerte dai singoli produttori e la qualità del lavoro fatto dallo sviluppatore. Acquistare una turbina con contrattualistica mutuata dal mercato del grande eolico può essere una mossa vincente per l’investitore, che può così orientarsi verso turbine che certificano e/o garantiscono per esempio la curva di potenza e la disponibilità (minimo di ore di lavoro senza rotture garantito). Parlando di turbine con costi di installato che superano tranquillamente i 500.000 €, l’approccio deve essere più finanziario che altro. In queste fasce risulta di capitale importanza sia la qualità del sito che le competenze dell’azienda che garantisce la disponibilità della macchina nel tempo (manutenzione).

FONTE | Qualenergia.it

Definiti i criteri portanti la scelta di una turbina, vediamo dove poterla installare. Precisiamo subito che in Italia le principali problematiche sono legate ad alcuni tipi di vincolistica.

Innanzitutto quella oggettiva (incompatibilità tra eolico e pianificazione territoriale) che impedisce a priori la realizzazione di una turbina e la vincolistica “soggettiva” legata all’inserimento paesaggistico. Per vincolistica oggettiva si deve prendere in considerazione la presenza di aree non idonee come definite dalla normativa regionale, la presenza di limiti ambientali (aree acusticamente tutelate per esempio) e altre incompatibilità. Relativamente alla vincolistica legata al D.Lgs 42/2004 “Codice dei beni culturali e del paesaggio” espressamente richiamato nelle “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti a fonte rinnovabile” DM 10/09/2010 all’art. 14.9 dove si dichiara che gli impianti nelle cui aree contermini come calcolate dallo stesso DM (50 volte l’altezza massima dal suolo) presentino un bene tutelato devono essere sottoposti a parere del Ministero dei Beni Culturali. Tralasciando le dissertazioni interpretative tutt’ora in atto, tale parere deve comunque essere motivato e prevedere proposte alternative in caso di diniego, pena la non validità. La maggior parte degli sviluppatori comunque oggi tendono a orientarsi verso siti che possano escludere o limitare al massimo la necessità di tale parere.

Nel dettaglio lo schema autorizzativo introdotto dalle suddette linee guida è molto semplice:

  • edilizia libera (turbine inferiori a 1,5 m di altezza sopra il colmo dell’edificio di pertinenza)
  • PAS: turbine della potenza inferiore ai 60 kWp
  • autorizzazione unica per le altre
  • VIA qualora si ricada nelle apposite tabelle

Le stesse linee guida lasciano facoltà alle Regioni di elevare la potenza massima installabile in PAS fino a 1 MWp e alcune Regioni (per esempio Lazio, Calabria, Puglia e Sardegna) hanno già legiferato in questa direzione. Risulta altresì obbligo delle Regioni individuare le aree non idonee. Nessun’altra competenza è delegata a province e Regioni.

Come riportato nella tabella, le tariffe incentivanti risultano oggi molto interessanti, permettendo buoni rientri anche con venti relativamente bassi. Un esempio di investimenti in siti moderatamente ventosi (abbiamo considerato uno standard di 2.000 ore equivalenti relativamente diffuso sul territorio nazionale) è visibile in tabella.

Ricordiamo che tale incentivo viene erogato per 20 anni. E risulta possibile anche lo scambio sul posto fino a 20 kWp (DM 13/04/2012). Con tali incentivi e redditività è normale avere impianti che in aree vocate possono giungere a tempi di ammortamento inferiori ai 4-5 anni per il medio eolico e 5-7 anni per mini e micro. Un collo di bottiglia è però rappresentato a volte dalle banche che ancora erogano finanziamenti con difficoltà.

Il fattore chiave alla fine per valutare la qualità di un buon investimento risulta ovviamente essere lo studio e la conoscenza del vento. Per quanto l’anemometro risulti ormai uno strumento consolidato, si stanno affacciando varie soluzioni che possono affiancare o sostituire del tutto lo studio anemometrico. L’anemometro per anni ha rappresentato l’unico strumento per una corretta valutazione del vento, ma presenta alcuni grossi problemi: permette una campionatura del vento (una fotografia) di un certo tempo, inoltre l’anemometro classico presenta due sensori di misura che sono incardinati su un asse di rotazione e quindi è in grado di valutare solo le componenti perpendicolari a tale asse. Esistono anemometri che risolvono questo limite, ma sono spesso troppo costosi per questo tipo di studi. Infine vi sono gli errori strumentali e gli errori da incidenti o malfunzionamenti. Tutti questi limiti a volte possono portare a incertezze anche molto importanti, tali da inficiare il valore del dato stesso.

Vi sono altri strumenti che offrono semplici interpolazioni dei dati anemometrici raccolti al suolo e cartografati (esempi sono l’Atlante Eolico del Cesi o dalla regione Puglia) che presentano affidabilità abbastanza scarsa, ma di contro sono gratuiti. Tali strumenti affiancati a un consulente competente possono essere consigliabili per esempio per turbine sotto i 5 kWp.

In questi campi ci sono anche strumenti più affidabili (satelliti, stazioni universitarie o militari, enti di ricerca) e i alcuni casi anche validati e certificati, che tramite soluzioni software di varia potenza possono portare ad analisi anemologiche anche molto precise con costi relativamente contenuti. Basti citare strumenti che vanno dall’interpolazione (bassa qualità) fino alla modellistica e alla reanalisi con calcolo esplicito (altissima precisione).

A volte gli strumenti software superano o sono confrontabili alla qualità finale del dato rilevato con anemometro e sono disponibili in pochi giorni, ma purtroppo un mercato ancora immaturo spesso non è in grado di apprezzarne la validità.

In conclusione quindi il minieolico rappresenta oggi un grande potenziale per chi desidera effettuare un investimento sia di moderata che di media entità, non è una soluzione semplice e richiede quindi la necessità di appoggiarsi a operatori del settore seri e affidabili. In un Paese come l’Italia il minieolico può quindi rappresentare un’importante fonte per la produzione di energia pulita e un investimento molto interessante per qualunque fascia di reddito.

L’articolo è stato pubblicato sul n.5/2012 della rivista QualEnergia con il tiolo “Un vento piccolo piccolo”.

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