Glifosato: come ti uccido la biodiversità

Per una curiosa ma forse non del tutto casuale concomitanza di eventi, nelle ultime settimane si è molto discusso del glifosato e dei suoi effetti sull’agricoltura, sull’ambiente e sulla salute. Questa sostanza molto usata come diserbante è da alcuni anni classificata come ‘probabilmente cancerogena’ dall’International Agency for Research on Cancer (IARC) ma allo stesso tempo è considerata da più parti generalmente poco pericolosa.


La chimica del glifosato
Da un punto di vista strettamente chimico il glifosato è classificato come analogo aminofosforico della glicina ed è caratterizzato dalla formula bruta C3H8NO5P. La scoperta della molecola risale agli anni 50 anche se il suo impiego su larga scala specie in agricoltura parte solo negli anni 70. Il glifosato (in inglese glyphosate) è classificato come diserbante non selettivo, vale a dire come sostanza in grado di impedire o comunque controllare lo sviluppo di qualsiasi tipo di pianta. Proprio per questa ragione l’impiego iniziale della sostanza era limitato alle aree da mantenere sgombre dalla vegetazione come ad esempio i bordi delle strade o le aree calpestabili dei parchi.

L’uso del glifosato arriva in agricoltura solo successivamente con lo sviluppo di alcune cultivar resistenti alla sostanza. L’abbinamento di questo tipo di colture con il diserbante permetteva agli agricoltori di eliminare la presenza di infestanti senza nuocere alla coltivazione principale e senza bisogno di ricorrere ad ulteriori trattamenti. A dare impulso alla diffusione del glifosato in ambito agricolo hanno contribuito altri elementi che lo resero preferibile ad altri erbicidi disponibili negli stessi anni. Tra questi fattori c’era anzitutto la bassa tossicità del prodotto per l’uomo ma anche la sua rapida dissociazione aerobica nel terreno e la bassa capacità di penetrazione nel suolo stimata in circa una ventina di centimetri in media. Grazie a quest’ultima proprietà vengono ridotti i rischi di presenza della molecola nelle falde acquifere ma si semplificano anche le lavorazioni di ripristino nei terreni agricoli. Con lo scadere dei brevetti industriali sulla molecola, dai primi anni duemila la produzione del glifosato è sostanzialmente libera mentre la sua commercializzazione risponde alle norme che i singoli paesi adottano in materia di diserbanti.



Lo studio IARC sul glifosato
Anche se dubbi sull’opportunità di usare in agricoltura erbicidi contenenti glifosato erano stati sollevati già in precedenza, è solo nell’ultimo anno che il dibattito ha assunto consistenza rilevante. Nel marzo dello scorso anno infatti l’International Agency for Research on Cancer ha incluso il glifosato tra le sostanze probabilmente cancerogene (qui è possibile leggere l’approfondimento monotematico pubblicato dall’IARC). Per meglio comprendere la portata di questa decisione occorre tenere in conto le complesse procedure con cui l’IARC valuta la nocività delle sostanze. La classificazione adottata dall’IARC colloca nel così detto ‘gruppi 1’ le sostanze certamente cancerogene per l’uomo mentre nel così detto ‘gruppo 2’ vengono collocate sostanze per le quali esiste una probabilità (sotto gruppo 2A) o una possibilità (sottogruppo 2B) di cancerogenicità.

Il glifosato è stato classificato proprio nel gruppo 2A tra le sostanze ‘probabilmente cancerogene’. Sempre l’IARC indica nel glifosato la sostanza più ampiamente utilizzata negli erbicidi ed individua tre modalità fondamentali con cui la popolazione può essere esposta a questa molecola:

Residenza nelle vicinanze di aree trattate con il glifosato.
Uso del glifosato in attività domestiche.
Presenza di glifosato nell’alimentazione.
L’agenzia spiega anche come i livelli di esposizione rilevati nei vari studi condotti siano stati comunque generalmente bassi.

L’appello delle associazioni italiane
L’uso del glifosato in agricoltura è stato autorizzato da centinaia di paesi nel mondo compresa l’Unione Europea. Tale autorizzazione è scaduta lo scorso 31 dicembre 2015 ed è stata temporaneamente prolungata sino a giugno in attesa di una nuova decisione in materia. In Italia un gruppo di 32 associazioni ha pubblicato un appello rivolto alle istituzioni europee, al governo nazionale ed alle regioni per la messa al bando del glifosato. La Campagna Stop Glifosato propone di vietare produzione, commercializzazione ed uso della sostanza ed allo stesso tempo di escluderla dai programmi di sostegno all’agricoltura. Si sottolinea inoltre che sia in campo agricolo che nella manutenzione del verde pubblico esistono soluzioni alternative basate su metodi di coltivazione biologici e biodinamici.

Selle scelte dell’Unione Europa incide la posizione ufficiale presa dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) nel novembre del 2015. Il rapporto dell’EFSA valuta come improbabile che il glifosato costituisca un pericolo di cancerogenicità per l’uomo; una conclusione a cui l’agenzia giunge dopo aver esaminato numerosi studi tra cui anche quello dell’IARC che come detto proponeva conclusioni opposte. Proprio l’analisi di un più ampio ventaglio di studi, spiega l’EFSA, è uno dei motivi che hanno portato a conclusioni diverse rispetto ai dati dell’IARC.

In via cautelativa la stessa EFSA ha comunque definito nuovi livelli di esposizione massima al glifosato fissati sia per gli operatori coinvolti nel suo utilizzo sia per i consumatori finali.

Fonte: ecologiae

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