Efficienza energetica nell’illuminazione: non solo LED

Uno dei settori di intervento di maggiore impatto, nell’ambito dell’efficienza energetica è senza dubbio quello dell’illuminazione, nei diversi ambiti applicativi, come l’illuminazione pubblica, illuminazione interna delle abitazioni, degli uffici ed industriale.


Un tema di cui ho parlato spesso in questo blog, specificatamente alla illuminazione pubblica (vedi post “Al via “Lumière”, le linee guida ENEA-RSE per l’illuminazione pubblica“). Un ambito, quello della illuminazione capace di assorbire circa il 20% della produzione elettrica a livello planetario e dove indubbiamente è la tecnologia LED quella emergente e fortemente innovativa, per non dire rivoluzionaria, migrando dalla luce elettrica alla luce elettronica e con una forte propensione verso i sistemi di gestione intelligente, cosiddetti “smart”.

Ma a completare l’offerta di efficienza energetica nell’ambito dell’illuminazione vi è anche una tecnologia, quella della “lampade ad induzione” per anni occultata dall’industria e dalle peculiarità davvero interessanti per le applicazioni di grossa taglia. Un occultamento che ha valso alle lampade ad induzione la definizione di “segreto meglio conservato dell’industria”. Una tecnologia, quella ad induzione che fa capo ancora una volta a quel genio sconfinato che ha fatto la storia dell’elettricità che è stato Nikola Tesla (foto a destra), che la inventò nel 1893, risultando addirittura anteriore alla lampada al Neon, inventato da Georges Claude nel 1911 ed ovviamente al LED, inventato nel 1962 da Nick Olonyak, e fino al 2006 utilizzato solo per i sistemi di segnalazione e non in ambito illuminotecnico. Una tipologia di lampade dalle tante virtù, tra cui la principale, costituita dalla lunghissima durata efficiente delle lampade, che possono arrivare addirittura a 100.000 ore, equivalenti ad oltre 20 anni, con evidenti vantaggi economici ed ambientali, e questo spiega l’occultamento da parte delle oligarchie industriali.

E’ davvero sorprendente come, una delle più recenti scoperte tecnologiche, introdotte sul mercato negli anni ’90 come le lampade ad induzione, specialmente da PHILPS, con la società controllata QL (link sito), siano passate inosservate attraverso crisi energetiche e continue esigenze di miglioramento in termini di efficienza e di qualità di qualità dell’illuminazione soprattutto negli spazi pubblici. Un motivo che, oltre alle strategie del settore, è imputabile anche alla scarsa conoscenza da parte dei designer, dei progettisti e dei distributori di materiale illuminotecnico, se si pensa invece alla rapida diffusione, nell’era del post-incandescenza, alla rapida diffusione, anche grazie ad una maggiore comprensione della tecnologia su cui sono basate ed alla praticamente trasparente intercambiabilità con le lampade ad incandescenza. Ma vediamo più da vicino come funziona una lampada ad induzione dalle tante virtù, sintesi perfetta tra i principi dell’elettromagnetismo e la scarica nei gas ionizzati, creando una lampada fluorescente senza elettrodi, andando ad agire proprio sul fattore limitante delle lampade fluorescenti, costituito proprio dal consumo (sublimazione) degli elettrodi).

Nelle lampade ad induzione infatti, gli elettrodi sono sostituiti da magneti, nello specifico, dal circuito secondario di un trasformatore, potendo raggiungere così le 100.000 ore. Ridottissime sono poi le esigenze di manutenzione, praticamente ridotta a zero, offrendo anche notevoli risparmi sia diretti, sia indiretti legati alla maggiore continuità del servizio. Infatti nel sistema della lampada ad induzione, il componente critico non è più la lampada in se, bensì la mortalità dell’alimentatore, definito “ballast”. Eccellenti poi le caratteristiche illuminotecniche, con un elevato indice di resa cromatica, un’accensione istantanea e un basso decadimento del flusso luminoso nel tempo. L’efficienza della lampada è proporzionale alla frequenza di funzionamento della corrente indotta, operante comunque con frequenze intorno a 250 KHz per la tipologia più peformante. Durante il funzionamento, il gas ionizzato, costituito da una miscela di gas nobili, collide con i vapori di mercurio in esso contenuti, portando gli elettroni ad orbite superiori; quando decadono a livelli energetici inferiori, rilasciano dei fotoni nelle lunghezze d’onda dell’ultravioletto. I raggi UV eccitano le polveri che rivestono l’interno della lampada, portando così alla emissione di radiazione visibile. Sono essenzialmente le tre le diverse configurazioni delle lampade ad induzione:

  • a ballast (alimentatore) separato: funziona a frequenze elevate, tipicamente 2,65 MHz, con efficienza di circa 70 lm/W. Ve ne sono di varie potenze, da 55 ai 165 W, passando per gli 85, 100 e 125;
lampada_bobien esterne
  • con bobine esterne: costituite da un tubo di 54 mm di diametro, piegato a formare un rettangolo, sui cui lati corti sono posti degli anelli, all’interno dei quali sono alloggiati gli avvolgimenti su nucleo di ferrite. Hanno potenze tipiche che vanno dai 100 ai 400 W, con efficienza nell’ordine di 80 lm/W ed una frequenza di funzionamento che si colloca a 250 kHz, non producendo interferenze con le bande radio ;
lampada_ballast_large
  • a ballast integrato: sono quelle più simili alle fluorescenti compatte e quindi commercialmente integrabili nel mercato per la normalizzazone degli attacchi esistenti delle lampade ad incandescenza (E12, E14, E27, etc.). Si tratta di lampade con potenza ridotta rispetto alle precedenti, compresa tra i 15 e i 35 W. Il flusso luminoso emesso rimane molto elevato fino ai 40°C, temperatura di picco, per poi scendere gradualmente alle temperature superiori fino ad un ancora ottimo 85%.
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Passate in rassegna quindi le caratteristiche tecniche vediamo adesso di fare un bilancio delle molte virtù ed anche delle poche lacune. Tra i vantaggi, davvero molti, abbiamo:

  • durata di vita notevole: 30.000÷100.000 ore e garanzia di 5 anni sull’alimentatore;
  • resistenza alle vibrazioni;
  • buona efficienza energetica: 80/90 Lumen/Watt con 225 plm a 5000 K (lumen all’occhio umano)
  • luce bianca in un ampia gamma di temperature di colore: 2.700÷6.500 K;
  • indice di resa cromatica (C.R.I.) molto elevato: 80÷92;
  • tempi di accensione e riaccensione brevissimi;
  • assenza di sfarfallio (tipica invece del neon);
  • antiabbaglio: fondamentale per applicazioni in tunnel stradali;
  • ampia range di temperatura ambiente di funzionamento: -30°C – +60°C;
  • totale assenza di possibili cortocircuiti per la mancanza degli elettrodi;
  • assenza di mercurio liquido nel circuito di ionizzazione;
  • tenuta di accensione anche in presenza di cadute di tensione del 40%;
  • flusso luminoso costante anche a fronte di variazioni di voltaggio del 20%;
  • bassissimo sfasamento del carico (cosfi = 0,99, superiore anche al LED che ha un cosfi = 0,95).

Passando agli svantaggi possono essere elencati:

  • scarsa concorrenza: che non ha spinto alla innovazione di prodotto, contribuendo invece a tenere alti i prezzi e scoraggiando quindi il ricorso a questa tecnologia, tutto questo nonostante l’assenza di manutenzione, e quindi i grandi vantaggi nella fase di esercizio;
  • mancata di una spinta decisa verso la ricerca e sviluppo: in una tecnologia che non trova un mercato molto ricettivo da parte dei grandi operatori del settore;
  • scarsa ricettività a proporre nuove soluzioni basate su questa tecnologia: determinato da un basso ritorno dovuto paradossalmente proprio alla durata di vita troppo elevata, soprattutto se confrontata ad altre tipologie tecnologiche presenti nei loro cataloghi (es.:lampade a vapori di sodio);
  • mercato particolare delle lampade ad induzione a bobine esterne: costituito prevalentemente da clientela di Enti pubblici (illuminazione pubblica), i cui organi direttivi sono caratterizzati da una bassa propensione verso sistemi innovativi, visti come potenziali portatori di rischi dovuti alla scarsa maturità del prodotto;
  • gamma di lampade disponibili ancora troppo ristretta a poche potenze: fattore che ha frenato le scelte dei designer e dei clienti finali, che hanno preferito rivolgersi ad un mercato più esteso in termini di soggetti e prodotti come gli ambiti delle fluorescenti e più recentemente della tecnologia LED.

Indubbiamente una tecnologia di efficiente di illuminazione perfettamente complementare alla tecnologia led, tracciando una spartiacque applicativo ideale intorno ai 100 W a corpo illuminante, con il LED ideale per applicazioni unitarie sotto questa soglia e le lampade ad induzione per unità illuminanti superiori. Due parole anche sugli scenari di mercato, dove la lampade ad induzione, forti dei vantaggi economici ed ecologici, hanno registrato già un bel successo sui mercati americani ed asiatici, con il mercato europeo che si sta muovendo solo adesso, ma progressivamente e con tendenze evolutive decisamente interessanti.

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