Con il dragaggio senza draghe lo sfangamento dei porti diventa sostenibile?
A Marina di Carrara, durante il convegno “Nuove tecnologie per lo sfangamento sostenibile dei porti“, si è parlato della criticità rappresentata dai fanghi che creano impatti sull’ecosistema e difficoltà per gli operatori portuali. Un analogo problema lo hanno anche i gestori delle dighe destinate alla produzione idroelettrica, con impatti ambientali in questo caso per gli ecosistemi fluviali situati a valle degli invasi.
Le tecniche tradizionali di dragaggio e di “mulinazione” possono creare impatti su vaste zone anche distanti chilometri dal punto di prelievo a causa del fenomeno di “risospensione” (per non parlare di operazioni discutibili effettuate senza il rispetto delle normative ambientali vigenti). Attualmente si stanno diffondendo tecniche di dragaggio innovative e meno invasive ed una di queste in particolare è stata messa a punto da un’azienda toscana, la Decomar Spa che ha sede legale a Pontedera (PI).
La soluzione consiste nella produzione di una tecnologia a ricircolo che consente di operare in totale assenza di contatto con il fondale riducendo di fatto l’invasività ambientale in quanto è in grado di realizzare in-process l’asportazione dei sedimenti, la separazione granulometrica degli stessi differenziando i materiali ingombranti, ed eliminando gli eventuali inquinanti dalla frazione a granulometria maggiore. Con questa operazione al contempo si opera una riduzione in volume dell’eventuale frazione da conferire a trattamento.
Questa tecnologia, come emerso dal convegno, è applicabile anche nelle dighe tipo quella di La Penna (nel Valdarno Superiore), nella quale si sono accumulati 12 milioni di m3 di sabbia e fango. «Questo tipo di fanghi grazie all’impiego di tecnologie come quelle proposte da Decomar SpA potrebbero essere riutilizzabili come materia prima seconda per costruzioni», ha dichiarato Fabio Roggiolani, vicepresidente di G.I.G.A. (Gruppo informale per la geotermia e l’ambiente) tra gli organizzatori del convegno. Roggiolani ha promesso di monitorare lo sviluppo di queste tecnologie e di farne misurare dalle università toscane e dagli organi preposti gli effettivi risultati, «sempre che le gare si aprano anche a questa tecnologia».
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