Sostenibilità e transizione ecologica: 3 bandi da conoscere
Urbanesimo e resilienza climatica: nuovo dossier di Legambiente
Quello della resilienza urbana, della capacità cioè di coniugare all’interno delle politiche locali delle nostre municipalità, strategie di adattamento e sviluppo sostenibile, per minimizzare la loro vulnerabilità agli effetti dei cambiamenti climatici è indubbiamente un obiettivo da raggiungere nel minor tempo possibile.
Utili indicazioni sulle strade da percorrere in questa direzione, arrivano per i nostri amministratori, dal nuovo dossier realizzato da Legambiente in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e presentato in questi giorni, dal titolo “Le città italiane alla sfida del clima”, scaricabile in calce al post. Nel rapporto si parla espressamente di resilienza climatica, individuando soprattutto i luoghi dove questa strategia di lotta al cambiamento climatico dovrebbe divenire prioritaria.
Dal dossier si evidenziano ben 101 comuni italiani che, dal 2010 ad oggi hanno fatto registrare impatti rilevanti legati a fenomeni atmosferici estremi come ondate di calore, allagamenti, frane, esondazioni che aggiungendosi al ricco arsenale del dissesto idrogeologico del nostro paese (vedi post “Alluvioni e dissesto idrogeologico: online la Mappa nazionale sul nuovo portale “#Italiasicura”), tengono sotto scacco molte comunità con un lungo elenco di danni strutturali ma soprattutto un altro in termini di perdita di vite umane. Un lavoro che ha portato alla realizzazione di un “Atlante Climatico” (link), dove sono riportati 204 fenomeni meteorologici principali dal 2010 ad oggi, che hanno provocato ingenti danni al territorio italiano, come si legge nel dossier. Un esercito di fenomeni composto da 40 casi di allagamenti da piogge intense, 90 casi di eventi con danni alle infrastrutture sempre per precipitazioni intense, più di 60 casi tra frane, esondazioni fluviali e trombe d’aria. Non meno significativo poi il tributo lasciato sul campo in termini di vite umane e di ferito, con oltre 140 vittime del maltempo.

Un dossier, quello elaborato da Legambiente, che evidenzia le diverse motivazioni per le quali l’adattamento e la resilienza climatica divengono obbligatoriamente di priorità nazionale, indicando che per riuscire nell’intento di ridurre rischi e impatti, è necessaria l’attuazione di strategie di adattamento mirate, ed attentamente gestite a livello nazionale e locale. E’ infatti proprio Legambiente a suggerire adeguate politiche finalizzate alla elaborazione di “Piani Clima delle città”, cioè uno strumento che consenta la individuazione di aree a maggiore rischio, rafforzando la sicurezza dei cittadini anche in collaborazione con la Protezione civile, in modo da elaborare progetti di adattamento di diagramma fiumi, delle infrastrutture, dei quartieri. In un tale contesto un ruolo importante è chiamato a svolgere anche il Ministero dell’Ambiente, che dovrebbe esercitare un ruolo di indirizzo e di coordinamento rispetto all’azione dei Comuni, attraverso l’elaborazione di linee guida per i Piani in maniera da semplificare il percorso di elaborazione e approvazione ed il coordinamento, affinchè le azioni previste dai Comuni possano confluire nella strategia nazionale di adattamento (strumento individuato dallo stesso Ministero come “il più importante documento di ‘visione’ nazionale per affrontare l’impatto dei mutamenti del clima“, entrando così nelle priorità della Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico.
{tweetme}Nuovo dossier #legambiente: adattamento e resilienza climatica{/tweetme}
Non mancano certo nel Dossier, esempi di interventi di adattamento, come le esperienze di Copenaghen, Bologna ed Anversa, a dimostrazione di come sia possibile la realizzazione di progetti capaci di dare risposta ai rischi climatici in una prospettiva di miglioramento della vita nelle città, come la messa in sicurezza un fiume, la restituzione di spazi alla natura ed alla fruizione della cittadinanza, creando quartieri vivibili anche quando le temperature crescono grazie agli alberi e all’acqua, a materiali naturali che permettono di ridurre delle famigerate isole di calore urbano. Un ambito altrettanto importante quest’ultimo, dal momento che oltre ai danni più evidenti e palesi causati dal maltempo, dobbiamo fare i conti con quelli più occulti e non certo meno inquietanti, riferibili agli impatti sanitari dovuti alla sempre maggiore frequenza ed intensità proprio delle ondate di calore. Inquietanti al riguardo gli studi realizzati dal Dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario nazionale della Regione Lazio, nell’ambito del “Piano operativo nazionale per la prevenzione degli effetti del caldo sulla salute”, che evidenziano come, durante l’estate 2015, le temperature superiori alle medie nel periodo di luglio nelle città del Nord e del centro (fino a 4°C superiori ai valori di riferimento con picchi che hanno raggiunto i 41°C), associate ad elevati tassi di umidità hanno aumentato il disagio termico della popolazione. Una situazione che ha determinato una serie di effetti sulla salute pubblica, con un aumento della mortalità giornaliera nella popolazione con età superiore ai sessantacinque anni nel mese di luglio 2015, con incrementi compresi tra +15% e +55%. nello stesso ambito, uno studio statunitense stima un aumento del 3% dei ricoveri ospedalieri di soggetti over 65 negli otto giorni successivi a condizioni di caldo estremo mentre il rischio di mortalità aumenta dall’1 al 3% per un aumento di 1 °C della temperatura oltre una specifica soglia. Un effetto termico, come dicevo prima, incrementato dall’effetto “isola di calore” (Urban Heat Island) (vedi post “Calore urbano delle metropoli (UHI): un grande aiuto dalle auto elettriche”), per cui cementificazione e superfici asfaltate contribuiscono a un maggiore accumulo di calore durante il periodo diurno, rilasciato per irraggiamento durante la notte, con differenze tra zone centrali e rurali fino a 5 °C come ben evidenziato nella figura seguente.

Un ambito quello dello studio degli effetti della UHI, con la grande esperienza dei ricercatori, tra i quali alcuni fraterni amici, dell’Istituto di biometeorologia del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-Ibimet), i quali hanno elaborato delle mappe del rischio diurno e notturno da caldo urbano confermando la relazione lineare tra consumo di suolo e aumento della temperatura di superficie diurna e notturna.
Azioni importanti queste ultime anche per poter individuare gli interventi prioritari realizzabili attraverso cofinanziamenti nazionali e regionali, ma anche comunitari come è del resto previsto da fondi strutturali 2014-2020 che, pur vincolati al clima, corrono il rischio di rimanere inutilizzati in assenza di strategie chiare e definite e con una attenta regia.
Sauro Secci