The Closing Window: nuovo drammatico rapporto sul clima
Il rapporto Unep sul Clima. “Andiamo verso un aumento di temperatura di quasi 3 gradi”. Un articolo di Francesco De Augustinis per Huffpost.
Mentre in tutto il Pianeta si moltiplicano gli effetti della crisi climatica, come siccità, inondazioni, incendi, scioglimento dei ghiacci, aumento della fame e dei conflitti, la comunità internazionale è ancora molto lontana dal raggiungere gli obiettivi di Parigi di contrasto ai cambiamenti climatici. Non ha messo in atto “nessun percorso credibile” per limitare il riscaldamento del Pianeta alla soglia di 1,5 gradi al 2100.
Questa chiara bocciatura delle azioni per fronteggiare l’emergenza climatica arriva dall’Emissions Gap Report 2022, pubblicato dal Programma ambiente delle Nazioni Unite (Unep). Il report misura la distanza tra le emissioni di gas serra previste al 2030 e gli obiettivi fissati per evitare i peggiori scenari dell’emergenza climatica.
“Questo rapporto ci dice in termini scientifici ciò che la natura ci ha detto tutto l’anno attraverso inondazioni mortali, tempeste e incendi violenti. Dobbiamo smettere di riempire la nostra atmosfera di gas serra e smettere velocemente”, ha detto Inger Andersen, direttore dell’Unep. “Abbiamo avuto la nostra possibilità di fare cambiamenti progressivi, ma quel tempo è finito. Solo una trasformazione radicale delle nostre economie e delle nostre società può salvarci dall’accelerazione del disastro climatico”.
Il report punta il dito contro i piani nazionali per ridurre le emissioni di gas serra, giudicati “gravemente inadeguati”. Ciò nonostante gli impegni espressi da tutti i Paesi solo un anno fa, alla Conferenza delle Parti (Cop26) delle Nazioni Unite a Glasgow, in Scozia. “I piani nazionali proposti dalla Cop26 ad oggi riducono solo 0.5 giga tonnellate di gas serra”, si legge nella sintesi del report. “E’ meno dell’1% delle riduzioni che sarebbero necessarie entro il 2030”.
“Questa carenza di progresso spinge il Pianeta verso un incremento delle temperature molto più alto rispetto alle previsioni degli accordi di Parigi”. Ovvero 1,5 gradi entro il 2100, afferma l’Unep. “Le politiche in campo ad oggi, senza ulteriori rafforzamenti, indicano un’impennata di 2,8 gradi”. Uno scenario molto pericoloso.
Il report è stato pubblicato in vista dell’appuntamento annuale con la Conferenza delle Parti (COP27) delle Nazioni Unite. Quest’anno si terrà a Sharm El Sheikh, in Egitto, dal 6 al 18 novembre. La località, nota meta turistica, è uno dei punti più colpiti dalla crisi climatica nel Paese africano.
Il fatto che il summit Onu quest’anno si terrà in Africa potrebbe accendere i riflettori sulla parte della popolazione mondiale che si trova a pagare il prezzo più alto per l’aumento delle temperature. E ciò a fronte di una responsabilità estremamente marginale. Le stime delle Nazioni Unite parlano di 17 milioni di persone alle prese con l’insicurezza alimentare e il rischio siccità solo in Africa Orientale.
La riduzione delle emissioni è uno degli obiettivi del meeting Onu di Sharm El Sheikh. In particolare si sottolinea la necessità di tagliare l’uso del carbone. Il peggiore dei combustibili fossili, il cui utilizzo è ancora in crescita a livello globale, spinto in particolare dall’incremento in Cina e India.
Secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) delle Nazioni Unite, le temperature globali sono già aumentate di 1,1 gradi. Avvicinandosi pericolosamente alla soglia degli 1,5 gradi, l’obiettivo di sicurezza definito dall’Accordo di Parigi firmato nel 2015 da 194 Paesi.
Tra i campi di azione urgenti per cercare di invertire la rotta, l’Unep indica la necessità di evitare la costruzione di nuove infrastrutture energetiche legate ai combustibili fossili. Spostando invece gli investimenti sullo sviluppo di tecnologie alternative. In particolare le rinnovabili. E su cambiamenti di comportamento – anche radicali – nelle società.
Il report dedica una sezione anche al cambiamento dei sistemi alimentari, “responsabili di un terzo di tutte le emissioni” di gas serra. Servono azioni urgenti che includono modifiche delle diete, riduzione degli sprechi, protezione degli ecosistemi naturali. “I governi possono facilitare la transizione utilizzando sistemi di sussidi e di tassazioni”, afferma l’Unep. “Il settore privato può ridurre gli sprechi alimentari, usare energie rinnovabili e sviluppare alimenti con minore impatto di carbonio. I singoli cittadini possono cambiare i loro stili di vita consumando cibi più sostenibili”.
“È un obiettivo alto, alcuni direbbero impossibile, quello di riformare l’economia globale e quasi dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030. Ma dobbiamo provarci”, afferma Andersen. “Ogni frazione di grado conta: per le comunità vulnerabili, per le specie e gli ecosistemi e per ognuno di noi”.
Il commento di Mauro Romanelli, presidente dell’associazione Ecolobby
Le Nazioni Unite hanno appena pubblicato un report intitolato “The Closing Window”.”La finestra che si sta chiudendo”. La finestra che si sta chiudendo è quella per fare qualcosa contro l’apocalisse climatica. Addirittura tale report ha una copertina con l’immagine di una finestra socchiusa, e una scala coi pioli rotti. Ad indicare che gli strumenti che ci stiamo dando per raggiungere “la finestra” ed impedire che si chiuda, sono inadeguati. Ed è un dossier ufficiale dei Governi di tutto il Mondo: con una copertina così. Il messaggio pare decisamente chiaro, e allarmante.
Questo report, in sintesi, ribadisce che gli accordi internazionali raggiunti sono inadeguati, e che comunque non li stiamo rispettando. Per raggiungere questi accordi inadeguati, ad esempio, l’Italia non ha ancora un Piano. In realtà ne ha uno vecchio, realizzato dal Governo Conte due, che il Governo Draghi doveva aggiornare (e non lo ha fatto). Risulta inadeguato persino a raggiungere gli accordi inadeguati. Non lo dico io, gli obiettivi stessi che si prefigge tale piano sono più bassi di quelli concordati successivamente nelle sedi internazionali. Quindi il nostro piano è inadeguato al quadrato.
Per raggiungere gli obiettivi di questo piano inadeguato al quadrato, dovremmo installare, come italia, 10 GW l’anno di nuove rinnovabili, di qui al 2030.Quante ne stiamo installando? Nel 2021 giusto un pizzico di meno: 0,8 GW. Un dodicesimo del necessario. Necessario, ricordiamolo ancora, a raggiungere gli obiettivi del piano italiano, inadeguato agli accordi internazionali, inadeguati al problema climatico (… che al mercato mio padre comprò!).In realtà, dovremmo probabilmente installare 20 GW, di nuove rinnovabili ogni anno, per iniziare a fare sul serio. E sperare davvero di tamponare il disastro già in corso. Cioè andare venticinque volte più veloci, di come stiamo facendo adesso.
Quanti sono 20 GW? Seicento cinquanta (650) impianti come quello di Villore in Mugello, per il quale qualcuno strilla allo scempio e all’eolico selvaggio. 650 l’anno, di “scempi” come quello, dovremmo fare. Uno e mezzo abbondante al giorno. Uno ogni quindici ore, in tutta Italia. Uno ogni due settimane scarse, solo in Toscana. Invece sarà finito sei anni dopo che è stato proposto.
Oppure, potremmo farne venticinque l’anno, in tutta Italia, come quello proposto a venti chilometri al largo delle coste adriatiche, di fronte al Delta del Po. Uno ogni due settimane. Però il Sindaco e la Cgil (la Cgil, esatto, il Sindacato di Maurizio Landini, il primo Sindacato italiano) temono che danneggi i pescatori. Una paura fondata meno delle scie chimiche e del fatto che qualcuno possa volerci microchippare col vaccino. Ma si sa, in Italia si fa così: si spara, si alzano barricate, e poi si contratta qualcosa per farsi convincere a cambiare idea.
Se invece volessimo ridurre il numero delle procedure, potremmo fare 7-8 grandissimi progetti l’anno. Uno ogni sette settimane, come quello gigantesco previsto al largo delle Isole Egadi, da 2,8 GW, nel canale di Sicilia. 190 mega turbine flottanti (cioè galleggianti), super tecnologiche, meravigliose, energeticamente ed ecologicamente efficientissime, dei veri gioielli, previste a decine di chilometri dalla costa. Un progetto che avrebbe ricadute stimate di 17500 nuovi posti di lavoro per sei anni, di cui 6600 solo in Sicilia.
Ma anche questo è evidentemente una tragedia. Tutto l’arco politico Siciliano, compresi Pd e M5s , ha votato contro in Consiglio Regionale, per il rischio di interferenza con beni archeologici di inestimabile valore. Tra cui preziosissime navi puniche. Non ci hanno spiegato come, i signori consiglieri regionali della Sicilia, delle pale eoliche galleggianti, quindi non piantate nei fondali, potrebbero danneggiare delle navi e dei reperti archeologici che evidentemente stazionano sul fondo. Ma figuriamoci se si appassionano di tali dettagli.
E non ce lo ha spiegato neppure Tomaso Montanari. Altro fenomenale personaggio che si è espresso contro a questo come ad altri progetti di energia pulita. Posizionandosi così in compagnia di Vittorio Sgarbi e Marine le Pen. Vogliamo parlare dei tre progetti bloccati dalla capitaneria di porto sarda, per un rischio di influenza sulle rotte dei tonni. Alcuni dei quali potrebbero persino “rischiare”, deviando i loro percorsi migratori, di non finire massacrati nelle tonnare. La preoccupazione, a scanso equivoci, è pro-pescatori, non pro-tonni.Potrei continuare una giornata. Così siamo messi, in questo Paese. La finestra, si sta chiudendo. Il cervello, invece, non si è mai neppure socchiuso: è sempre rimasto rigorosamente allucchettato.
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Cover Photo by Matt Palmer on Unsplash
[…] Articolo originale: “The state of the energy transition – My annual memo about the journey to zero emissions” di Bill Gates – Traduzione a cura di Duccio Braccaloni – Leggi anche The Closing Window: nuovo drammatico rapporto sul clima […]