Simonetta, la donna dei ponti (im)possibili
In un ospedale della Maremma toscana varata una sperimentazione senza eguali in Europa: un Centro di Medicina integrata che per primo porta in corsia omeopatia e agopuntura.
Appollaiato su uno sperone di tufo, nella Maremma toscana, c’è un antico borgo, chiamato Pitigliano, che accoglie una sperimentazione senza eguali in Europa: il Centro di Medicina integrata dell’Ospedale Petruccioli. Responsabile del progetto, che per primo porta omeopatia e agopuntura in corsia, è Simonetta Bernardini, omeopata da 27 anni e medico ortodosso da 30. “Il mio ruolo”, racconta”, racconta, “è sempre stato quello di costruire ponti tra approccio sanitario ufficiale e complementare, ponti un tempo giudicati impossibili. Il primo di questi è stato la Società Scientifica di omeopatia e Medicina integrata (Siomi), che ho contribuito a fondare nel 1999”.
Il secondo ‘ponte’ arriva nel 2007: Simonetta è membro esperto in omeopatia (primo caso in Italia) della Commissione regionale di bioetica quando la Toscana mette a norma le Medicine complementari (agopuntura, omeopatia, fitoterapia). Nel 2009, poi, la Regione dà il via libera al progetto del Centro di Medicina integrata di Pitigliano, inaugurato nel 2011. Da allora, in cinque ambulatori dell’ospedale (che ha un bacino d’utenza di circa 17mila persone) a fianco delle cure tradizionali sono disponibili – con ticket sanitario, quattro pomeriggi la settimana – anche omeopatia e agopuntura: oltre 13mila le prestazioni erogate finora e, adesso che la voce si è sparsa, arrivano visite da fuori Regione (12%). I casi di reparto sono oggetto di briefing quotidiani, durante i quali la gestione del paziente, della sua storia clinica e del percorso di cura sono condivisi a livello interdisciplinare.
L’esperienza, che non ha potuto essere mutuata da altre realtà poiché attualmente non esiste un ospedale pubblico in cui si eroghino contemporaneamente omeopatia e agopuntura,prevede anche attività di formazione clinica, ricerca e divulgazione scientifica sui risultati ottenuti, che saranno presentati in un convegno a giugno. “La sinergia terapeutica di Pitigliano – anticipa Simonetta – ha fatto del bene soprattutto ai pazienti in riabilitazione dopo ictus o emorragie cerebrali e a chi è sottoposto a terapia del dolore, che ha una qualità della vita ben migliore”.
Il prossimo ponte (im)possibile? Creare una rete nazionale di Medicina integrata, finalizzata alla discussione di protocolli d’intervento condivisi, sul modello del Manifesto a più mani, stilato nel 2011 anche dalla Bernardini, che comincia così: “La Medicina integrata promuove l’alleanza tra risorse di cura armonizzate tra loro…”