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Quanti vulcani Hunga Tonga esistono nel Mediterraneo?

Non voglio preoccupare più di tanto i lettori di questo articolo. Va preso “cum grano salis” e letto con attenzione e leggerezza di animo. Ma consapevoli che siamo ospiti temporanei di un viaggio planetario che dura da miliardi di anni.

L’esplosione dell’Hunga Tonga-Hunga Ha’apai

Il 14 gennaio 2022 è eruttato, con un’esplosione tra le più rare nella storia, il vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha’apai, in Polinesia. Una manifestazione esplosiva potentissima: 10 Megatoni di potenza, 500 volte più forte della bomba atomica di Hiroshima). Si è avvertita fino alle isole Fiji e in Nuova Zelanda, distanti rispettivamente 750 e 2.500 km. Fortunatamente ha prodotto solo 3 morti accertati in quanto zone praticamente disabitate.

Sono episodi che il nostro Pianeta in 4,5 miliardi di anni di esistenza ha subito frequentemente. E che periodicamente si manifestano, modificando la fisionomia dello stesso.

L’eruzione ha provocato un boom sonico e uno tsunami che ha isolato l’area di Tonga. E’ avvenuta in una caldera sottomarina larga cinque chilometri. Il magma è salito in superficie così rapidamente che, entrando in contatto con l’acqua fredda, ha provocato la vaporizzazione istantanea del fluido. Con esplosioni a catena violentissime.

Hunga Tonga

Il vulcano è alto 1.800 mt, ampio 20 km ed è in gran parte sottomarino (emerge 100 mt sul livello del mare). Si trova a 65 km dalla capitale di Tonga, Nuku’alofa e comprende due piccole isole disabitate, Hunga-Ha’pai e Hunga-Tonga. Erutta periodicamente, l’ultima volta è avvenuto nel dicembre 2021. Dopo l’esplosione sono rimaste due piccole lingue di terra sopra il livello del mare, prima collegate da una striscia di terra che si allargava fino a 1,2 chilometri.

Hunga Tonga

Lo Tsunami conseguente all’eruzione ha spazzato nell’intorno vegetazione e strutture. Poi, sotto il livello del mare, ha tranciato i cavi sottomarini delle telecomunicazioni, rendendo priva di internet e telefono tutta l’area e difficoltosi i soccorsi. L’onda lunga è arrivata anche in Perù danneggiando una raffineria di petrolio. Con conseguente massiccia perdita dello stesso in mare.

Si attendono nel lungo periodo effetti rilevanti sul clima e sulla biosfera.

Questo fatto, comune ad altre zone mondiali, come da noi in Italia (Etna, Stromboli), tiene “sveglia” l’attività vulcanica.

Cos’è successo

Questi sono eventi che avvengono ripetutamente nelle aree in cui si scontrano le placche e che mettono in movimento strutture giovani, e per questo attive sismo-geneticamente e vulcanicamente, provocando danni alle cose e alle persone se presenti. In questo caso esiste uno scontro tra due delle maggiori placche tettoniche (in tutto 7): quella pacifica e quella indo-australiana. La placca pacifica viene spinta a Ovest e scivola sotto il mantello lungo una zona di subduzione quando raggiunge la placca indo-australiana e l’area di Tonga e provoca terremoti ed eruzioni.

Come abbiamo detto ci sono situazioni simili nel mondo che potrebbero provocare eruzioni devastanti con riscontri catastrofici sulla biosfera e, se in prossimità di insediamenti umani, una perdita consistente di popolazione. Da noi abbiamo il vulcano attivo di Stromboli che, rispetto alla morfologia di Tonga, è alto 3000 mt sul piano abissale, di cui 1000 mt sul livello del mare, Nell’area ci sono anche Vulcano e Lipari.

I vulcani nel Mediterraneo

Anche l’Etna ha una visibile attività che permette di scaricare le energie magmatiche interne contenendo, per ora, la probabilità di una eruzione più importante.

Il Vesuvio, monitorato h24, ha una situazione per ora contenuta, ma, come i Campi Flegrei, purtroppo insiste in una area densamente popolata. Senza creare facili allarmismi, ma solo citando una simulazione controllata derivante dall’accaduto (come il 79 d.C. per esempio) di una eruzione possibile di materiale ignimbritico (nube ardente) si evince che l’area investita, dal momento dello scoppio al punto più distale della colata, si esaurirà dai 2 ai 4 minuti. Ovviamente con effetti immediati non controllabili, devastanti e drammatici. Il Vesuvio è attualmente il vulcano più monitorato del mondo. Questo fatto porta ad una possibilità, quando varieranno dei parametri noti importanti, di effettuare una evacuazione controllata e totale della popolazione.

Vesuvio, le immagini inedite delle eruzioni di inizio ‘900

Altro discorso sarà la situazione del vulcano sommerso Marsili, attualmente l’apparato vulcanico più grande di Europa. E’ localizzato nel Tirreno tra Palermo e Napoli. Lungo 70 km, largo 30 km, copre un’area di circa 2.100 quadrati. Dal fondo marino (3.000 mt) si staglia fino a 780 mt sotto il livello del mare. Intorno ad esso ci sono altri grandi e piccoli vulcani. Rispettivamente Valilov, Magnaghi e Palinuro per i primi e per i secondi Glauco, Eolo, Sisifo ed Enarete.

Marsili

Lo stato attuale del Marsili viene considerato ancora attivo con un potenziale eruttivo quiescente. Le eruzioni meno recenti risalgono ad una età compresa tra i 7.000 e i 2.000 anni or sono. Con caratteristiche di basso indice di esplosività, soprattutto nel settore centrale dell’edificio vulcanico, intorno ai 1.000 mt di profondità. L’ultima eruzione si stima intorno ai 800 – 1200 anni a. C. E’ anche un’area nella quale si sviluppa una blanda attività sismica. Ma, a parte una improbabile intensa attività vulcanica (che attualmente non si manifesta e che potrebbe dare i prodromi ad una eruzione – e in questo caso sarebbe devastante per l’area mediterranea e per l’Europa stessa) non ci sono evidenze alcune di una probabile ripresa delle attività vulcaniche.

Quindi il Marsili è immenso e impressionante e se esplodesse provocherebbe tsunami in tutto il Mediterraneo. Ma per ora non ci sono assolutamente avvisaglie di anche una minima probabilità di ciò.

Una cosa deve essere chiara. La Terra, intesa come Pianeta, è attiva sempre e nessuno può a priori escludere fatti improvvisi. Ma i monitoraggi intrapresi dagli Scienziati danno un avviso sufficiente alla popolazione. E col progredire della Scienza aumentano il tempo di intervento e di evacuazione quando possibile.

Per cui “Panta rei”………..

Giuliano Gabbani – UniFi, Resp. Scientifico GIGA/Ecofuturo

Redazione

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