Qualità dell’aria e qualità delle acque in Italia: una nuova infrazione UE le unisce tristemente

Dopo che nel maggio 2018 il nostro paese era stato deferito alla Corte Europea per il costante superamento dei limiti di quel subdolo e chimicamente anonimo inquinante costituito dalle polveri sottili PM10, ecco arrivare un’altra bacchettata da parte della Commissione Europea, che questa volta accomuna qualità dell’aria e qualità delle acque.

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La nuova bacchettata al nostro paese che arriva dalla UE, con il deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia europea, riguarda infatti sia la pessima qualità dell’aria, questa volta per un altro critico inquinate come l’ossido di azoto (NO2), strettamente legato alle modalità di combustione (vedi post “NO2: l’inquinante che non passa mai di moda”), che per la pessima qualità delle acque per inadeguati processi di trattamento delle acque reflue in numerose aree del paese.

Un nuovo doppio deferimento derivato dalle prescrizioni normative UE che sulla qualità dell’aria impongono agli Stati membri l’adozione di specifiche misure a tutela dei cittadini dall’esposizione agli inquinanti atmosferici, mentre sul trattamento delle acque reflue urbane, invece, una specifica direttiva obbliga gli Stati membri a garantire l’adeguata raccolta e trattamento negli agglomerati urbani a fronte delle contaminazioni da batteri e virus nocivi per la salute pubblica.

Nello specifico, riguardo all’inquinamento atmosferico, la Commissione UE ha rilevato carenze da parte dell’Italia sulla protezione dei cittadini dal biossido di azoto (NO2), inquinante il cui valore limite annuale, fissato in 40 microgrammi per metro cubo come media annuale, è stato sforato in 10 agglomerati come Milano, Torino, Bergamo, Brescia, Genova, Firenze, la costa toscana, Roma (per il periodo 2010-2013), Campobasso, Catania (per il 2012 e per il periodo che va dal 2014 al 2015) e alcune aree industriali siciliane (per il biennio 2010-2012 e per il periodo 2014-2015), corrispondenti ad un bacino di 7 milioni di abitanti esposti. A livello dell’altro limite per l’NO2, quello orario fissato a 200 microgrammi per metro cubo, da non superare per più di 18 giorni all’anno invece, Milano è l’unica città italiana ad aver sforato anche il limite orario nel periodo 2010-2013. Tutto questo nonostante la Direttiva 2008/50/CE con cui l’Europa ha imposto agli Stati membri, operativa dal 2010, la stessa che ci è già valsa un deferimento, lo scorso maggio 2018, per gli alti livelli di particolato registrati sul territorio nazionale. Un inquinante davvero difficile da combattere per le sue modalità di formazione e che è valso nei mesi scorsi il deferimento ad altri grandi paesi europei come Francia, Germania e Regno Unito, con, ad oggi, ben 14 cause d’infrazione aperte nei confronti di Stati membri per superamento dei limiti di NO2 (Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Germania, Grecia Danimarca, Francia, Spagna, Ungheria, Italia, Lussemburgo, Polonia, Portogallo e Regno Unito).

Si tratta di mancate osservanze che determinano conseguenze non solo sanitarie, visto che l’inquinamento atmosferico provoca gravi malattie croniche a livello respiratorio e cardio-vascolare, ma anche economiche, dal momento che le malattie riferibili allo smog determinano costi sanitari di miliardi di euro ed un gran numero di giornate di lavoro perdute. 

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