Ponte sullo Stretto di Messina: il rischio sismico

Torniamo a parlare del Ponte sullo Stretto di Messina con un nuovo approfondimento di Mauro Coltorti. Qui potete leggere il precedente: Il Ponte sullo Stretto da evitare.

Ci vuole molto coraggio per assicurare – come fanno il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e il presidente della Regione Sicilia Renato Schifani – che in questa legislatura si realizzerà il Ponte sullo Stretto di Messina.

Entrambi i politici fanno finta di non sapere che un terremoto comparabile a quello verificatosi tra Siria e Turchia colpì nel 1908 e quasi rase al suolo Messina e Reggio Calabria. Se si verificasse ora, farebbe la stessa identica cosa. Infatti i geologi e gli ingegneri che si occuparono della ricostruzione dopo il 1908 non conoscevano nulla dei problemi di micro-zonazione sismica e delle complesse indagini che devono essere fatte prima di autorizzare la costruzione di un edificio in area ad alto rischio di terremoti. Non conoscevano la geologia dell’area che purtroppo nei dettagli è ancora poco nota oggigiorno.

Nella passata legislatura un comitato di “esperti” venne incaricato dalla ministra Paola De Micheli di verificare preliminarmente la fattibilità di un ponte attraverso lo stretto. Gli “esperti” giunsero alla conclusione che la soluzione migliore sarebbe potuta essere quella di piantare un “pilastrone” al centro dello stretto. Questo avrebbe permesso di spezzare la lunghezza di 3,3 km che separa le due sponde creando una struttura a due campate di lunghezza elevata ma accettabile sulla base dei ponti realizzati sinora in giro per il mondo in area sismica. Peccato che tra gli “esperti” mancava un geomorfologico come il sottoscritto o un geologo marino che avesse dimestichezza con i profili sismici. Avrebbero immediatamente rivelato la criticità del sottosuolo.

Nei profili geologici pubblicati nei vari report tutto il tratto tra le due coste si presenta dissecato da un numero impressionante di faglie che tagliano l’intera successione geologica. Si tratta di faglie attive in grado di generare terremoti e molto probabilmente attivatesi durante l’evento del 1908.

Gli “esperti” però evidenziarono che nel sottosuolo c’erano condizioni che potevano generare “liquefazione” dei terreni. In pratica, ci sono dei terreni impermeabili che coprono terreni porosi e permeabili saturi d’acqua. Una scossa di terremoto può far fuoriuscire acqua e terreno liquefacendo interi livelli.

Dove si vorrebbe dunque piantare il “pilastrone”? Un pilastro rigido alto più di 120 metri che
poggia su un terreno che può fluidificare? Anche le affermazioni di tecnici che per far contenta una classe politica che vuole ad ogni costo realizzare il ponte dovrebbero avere un limite di decenza e credibilità. E mi meraviglio che ci siano stati solo pochi colleghi geologi ed ingegneri che si siano espressi sull’enorme “delitto” che si realizzerebbe anche solo partendo sperperando miliardi di euro. I calcoli preliminari parlano di almeno nove miliardi.

Gli studi preliminari tra l’altro erano già stati fatti ai tempi del Governo Berlusconi con il vecchio progetto alla base della gara assegnata nel 2009. Ma perché non venne realizzato? Innanzi tutto perché nessuno poteva garantire la tenuta del ponte alle immani sollecitazioni dovute al peso proprio della struttura, con una lunghezza mai realizzata in nessuna parte del mondo. Ma c’è un ulteriore motivo, sconosciuto ai più. Le prove di simulazione fatte sui pilastri di cemento non sostennero la sollecitazione dei cavi in acciaio e si fratturarono.

Non c’era dunque evidenza scientifica che il ponte avrebbe tenuto in condizioni normali. Figuriamoci in condizioni di forte accelerazione sismica come durante un terremoto di magnitudo comparabile a quello di Messina del 1908. E sembra che proprio il terremoto di Messina fosse stato preso come massimo terremoto atteso nell’area sebbene nessuno potesse escludere terremoti più forti. In ogni caso il ponte avrebbe dovuto resistere alle continue sollecitazioni dei forti venti che interessano l’area dello stretto anche per 3-4 mesi l’anno.

Poco importa che una quantità immane di denaro pubblico, centinaia di milioni di euro, siano già stati spesi senza approdare a nulla.

Ed è ancora aperto un contenzioso con la società ex concessionaria Stretto di Messina. Il general contractor e il progettista hanno chiesto quasi 800 milioni di euro di danni a Sdm, Ministero dei Trasporti e Presidenza del Consiglio per lo stop al progetto.

Ora sembra che questo governo voglia di nuovo riaprire la partita del ponte. Non si sa se sulla base dello stesso progetto o di uno nuovo. Nel secondo caso, perché non dovrebbe tenersi una seconda gara? Decidiamo che la vincitrice è automaticamente la vecchia impresa che non realizzò nulla? Le norme vigenti non prevedono questa eventualità ma magari verranno fatte norme ad hoc.

Mauro Coltorti. Marchigiano, per la precisione jesino, ex senatore M5S, nella scorsa legislatura è stato il presidente della Commissione Trasporti di Palazzo Madama. Classe 1954, laureato in geologia, è professore ordinario di Geomorfologia e Geologia Ambientale all’università di Siena, dove ha diretto il Dipartimento di Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente. L’articolo che pubblichiamo è uscito precedentemente su Il Fatto Quotidiano.

Foto di copertina: Veduta aerea dello Stretto di Messina

Redazione

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