Rossella Muroni

Non nel mio mandato: la sindrome NIMTOO che blocca le rinnovabili

Rilanciamo questo interessante articolo di Rossella Muroni per comprendere il fenomeno NIMTOO che blocca lo sviluppo delle rinnovabili in Italia.

Si fa presto a dire Green Deal. Mentre la presidente von der Leyen annuncia fondi e strategia per fare del vecchio continente la patria dell’energia pulita, in Italia l’impiantistica e le infrastrutture necessarie sono ferme al palo. O arrancano faticosamente.

C’è chi vorrebbe rilanciare le rinnovabili a colpi di decreto e c’è chi si oppone con lo scudo dei comitati. Chi sta in mezzo, le amministrazioni locali, dovrebbe decidere nell’interesse pubblico. Ma quello che emerge sempre più spesso è la fuga da questa responsabilità. Il fenomeno ha un nome: NIMTOO. Che si somma al Nimby, la sindrome del no che spesso caratterizza i comitati locali.

Il NIMTOO – ‘Not in my term of office‘ – tradotto in italiano diventa un più semplice, e intuitivo, ‘Non nel mio mandato’. Dal rigassificatore di Piombino (tanto discusso specie in questo difficile frangente storico dal punto di vista energetico) al più volte rimandato deposito nazionale per i rifiuti radioattivi, sono molte le opere che i politici dicono di volere ma poi cercano di far rimbalzare fuori dal proprio mandato.

La correlazione con il Nimby – Not in my back yard (Non nel mio cortile) – è quantomai evidente. Si alimentano a vicenda e ingessano il Paese. Basti pensare alla vera e propria crociata anti eolico che sta portando avanti la Regione Sardegna. La patria del carbone e della crisi industriale ed economica ha deciso che il problema del futuro si chiama eolico off shore. E poco importa se questo inchioda il Paese sul fronte degli obiettivi di produzione di energia pulita.

Oggi con un decreto sugli impianti strategici in fase di approvazione definitiva e un Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che aspetta soltanto di esser realizzato, è sconfortante vedere le stesse forze politiche che nazionalmente annunciano di voler accelerare sul fronte dell’economia green cavalcare localmente l’opposizione alle opere necessarie per la transizione ecologica.

Vale per l’eolico in Sardegna – dove neanche il fotovoltaico galleggiante è gradito – o in Emilia Romagna dove i sindaci pensano che il paesaggio possa allegramente convivere con le piattaforme delle trivelle ma sia devastato dalle pale eoliche in mare. Ma ci sono problemi anche per gli impianti per la produzione di biometano che abbatterebbero la nostra dipendenza dal gas fossile e contro i quali, ultimi in ordine di tempo, si sono schierati i sindaci dell’alto Lazio. O ancora per gli impianti per la corretta gestione dei rifiuti (quindi riuso e riciclo) il cui stop generalizzato nel tempo sta portando genialmente il Comune di Roma a costruire un mega inceneritore.

Con il Pnrr che detta la tabella di marcia bisognerà smettere di giocare su due fronti. E, velocemente. Per far correre il Pnrr è infatti in arrivo un’ondata di semplificazioni. Il provvedimento allo studio del governo è già in fase avanzata. Tra i vari punti su cui si interviene c’è anche la riduzione dei tempi di ricorso al Tar (dimezzati se i progetti rientrano nel Piano).

L’obiettivo è dare lo sprint all’attuazione del Pnrr attraverso vari strumenti. Da un più efficace funzionamento della commissione Via (Valutazione di impatto ambientale) e Pnrr a una più semplice possibilità di affidare i contratti alle pubbliche amministrazioni. In questa chiave si cerca di spingere sulla produzione da rinnovabili. Con tempi più snelli per le autorizzazioni e semplificazioni normative proprio per quelli impianti offshore che non si riescono a realizzare in Italia.

Se l’Unione europea – targata Ursula von der Leyen – ha assunto una linea green trasversale (a partire dagli obiettivi di riduzione delle emissioni fino alla recente richiesta di maggior efficienza energetica delle case) bisognerà anche dargli una risposta. Impianti fotovoltaici, eolici, idroelettrici, biogas e biocarburanti, comunità energetiche, riduzione dei rifiuti, riuso delle materie prime, riciclo della spazzatura delle nostre città per ridargli nuova vita. Per riuscirci, servono opere, quelle che l’economia circolare e la transizione energetica ci chiedono.

A ostacolare questo percorso non è solo la “paura della firma” che blocca un funzionario pubblico quando deve dare il via libera a un’opera. C’è anche la “paura del voto”. Gli amministratori cercano di scardinare o rallentare progetti importanti a livello nazionale ma sgraditi a parte dei loro elettori con l’obiettivo di prolungare l’iter per farlo concludere fuori dal raggio temporale del proprio mandato.

La questione è anche banale, se vogliamo. L’idea è che i politici non faranno nulla che possa essere ritenuto, anche soltanto lontanamente, impopolare quando si è di fronte al voto. Sembra insomma che la Golden power migliore la politica la giochi quando decide di non decidere, alla faccia degli interessi del Paese. E il Green Deal?

Rossella Muroni, ecologista e sociologa, esperta dei temi legati alla sostenibilità ambientale

Link articolo originale Huffington Post – Leggi anche Rinnovabili: interpellanza per accelerare le autorizzazioni

Redazione

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