Monitoraggio della CO2: ancora una volta l’Italia ci mette lo zampino

Il monitoraggio della CO2 su scala planetaria, rappresenta un elemento fondamentale per la pianificazione delle politiche di riduzione delle emissioni climalteranti.


Si tratta di un tema che ho affrontato spesso, sia per il superamento di soglie simbolo di concentrazione di questo tracciante fondamentale tra i gas climalteranti (vedi post “CO2 da record storico in 3 milioni di anni: violati i 400 ppm“), sia per le nuove tecnologie di rilevamento e telerilevamento.

E’ proprio su quest’ultimo tema che voglio rimanere, per rimarcare ancora una volta dei nostri ricercatori, che nonostante le enormi problematiche e le esigue risorse che questo paese dedica alla ricerca, non perde mai occasioni per evidenziare la sua eccellenza. In questo caso si tratta degli sviluppi dell’Istituto nazionale di ottica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Ino-Cnr) di Firenze, che ha avviato una collaborazione con l’azienda americana Planetary Emissions Management Inc.(Cambridge, Massachussets), finalizzata alla industrializzazione e alla commercializzazione della tecnologia laser (Patent Pending) CNR che, consentendo di misurare l’anidride carbonica con una sensibilità e precisione mai raggiunte prima otticamente, grazie al rivelamento del radiocarbonio presente nell’atmosfera sotto forma di 14CO2. Si tratta di una tecnica capace di aprire importanti ricadute per il monitoraggio del clima a livello planetario, ma anche per la sicurezza e la datazione dei reperti archeologici.

Scar (saturated-absorption cavity ring-down)

Come evidenzia il direttore Ino-Cnr e responsabile del gruppo di ricerca.dice Paolo De Natale, “la nuovametodologia si basa su una tecnica spettroscopica ad altissima sensibilità, denominata Scar (saturated-absorption cavity ring-down) (vedi documento in calce al post), che consente di misurare direttamente il numero di molecole di CO2 contenenti l’atomo di radiocarbonio presenti in atmosfera”. Si tratta oltretutto di uno strumento, brevettato dal CNR, che presenta rilevanti vantaggi, dal momento che è portatile, vista la grandissima integrazione dei componenti, occupando uno spazio di quasi 100 volte inferiore rispetto agli apparecchi finora utilizzati, ed è più economico di almeno 10 volte. Inoltre lo strumento può essere usato con diverse tipologie di molecole.

Per quanto riguardo lo stato dell’arte della nuova tecnologia, è ora in fase di sviluppo, nell’ambito dell’accordo di collaborazione tra l’Istituto e la società americana. Come precisa Giovanni Giusfredi, ricercatore Ino-Cnr, “Il metodo Scar utilizza gli effetti non lineari che spesso si osservano quando si studia la materia, in questo caso le molecole, con luce laser. Questi effetti, che richiedono specchi ad alta riflettività per aumentare l’intensità di luce nel gas, sono invece evitati dalle tecniche standard fino ad oggi utilizzate. Scar rappresenta in un certo senso la ‘pietra d’angolo scartata dai costruttori’, necessaria per identificare il bassissimo segnale utile a identificare le particelle di 14CO2 dal cosiddetto ‘rumore di fondo’”.

Una tecnologia davvero rivoluzionaria, quella sviluppata dal CNR, capace di fornire una misura verificabile delle emissioni di CO2 prodotte da combustibili fossili. Un sensore che potrà cambiare l’approccio per la gestione delle emissioni di CO2, creando un sistema globale di misura dell’anidride carbonica essenziale per la comprensione e la gestione dei cambiamenti climatici. Non trascurabili poi le altre potenziali applicazioni, come la sicurezza e la datazione dei reperti archeologici, nei quali il radiocarbonio rappresenta l’indicatore più attendibile”.

Sauro Secci

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