Metalli e terre rare per l’hi tech: smartphone, pc e tablet, stanno mandandoli “in riserva”

Il tema della progressiva riduzione delle disponibilità di minerali e metalli necessari per la evoluzione sia dei modelli energetici, fondamentali per la decarbonizzazione delle economie sia per il progressivo avvento delle “civiltà digitali”, legate all’ICT che per l’avvento dei nuovi modelli “smart”, sta divenendo sempre più pressante.


Una tendenza accentuata proprio da nuovi dispositivi come telefonini, smartphone, pc, tablet, come dalla evoluzione di nuove tecnologie di accumulo di energia, alla base spesso di ferocissime e drammatiche guerre che si prolungano da anni, come quella del “tantalio”, materiale oramai di punta per la produzione di cellulari e smartphone, che tanto a martoriato il Congo (vedi post “Caro cellulare quanto costi“).

A cercare di fare un punto della situazione più preciso, sulla sempre più difficile reperibilità sul pianeta, di queste materie prime, fondamentali nei prossimi decenni, un nuovo studio della Yale School of Forestry & Environmental Studies, secondo il quale diventa assolutamente prioritario ed inderogabile il riciclaggio di elementi come cromo, tungsteno e tantalio dagli oggetti arrivati a fine via, anche a causa di un modello commerciale orientato alla “obsolescenza programmata” ed a strategie di marketing che prevedono un rapidissimo avvicendamento dei modelli. Quello delrecupero dei RAEE (Rifiuti Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche), che contengono proprio questi componenti di base, è indubbiamente operazione non facile, sulla quale si stanno concentrando anche ricerche in termini di nuovi processi tecnologici ancheda parte, per esempio, della nostra ENEA (vedi post “Recupero RAEE: un brevetto ENEA a basso impatto ambientale apre nuove prospettive per piccoli impianti“). Proprio per le difficoltà nei processi di recupero, sarebbero necessari nuovi approcci di progettazione ed eco design, fino dalla fase di progettazione del larghissimo spettro di dispositivi elettronici.

Nel nuovo studio, i ricercatori hanno preso in esame i 62 metalli della tavola periodica degli elementi. Mentre per quelli usati da tempo, come rame, zinco e alluminio non si dovrebbero verificare problemi d’approvvigionamento, per altri metalli, impiegati nel settore tecnologico in tempi più recenti, negli ultimi 10 o 20 anni, la situazione si presenta decisamente molto più complicata. Secondo l’autore principale del rapporto pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, Thomas Graedel (link abstract), “alcuni metalli sono disponibili quasi interamente come sottoprodotto per via indiretta, non potendo appositamente estratti, essendo presenti in piccole quantità”.

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Un autentico rischio di disponibilità riguarderebbe il gallio e il selenio, mentre per cromo, niobio e tungsteno esistono dei limiti normativi di approvvigionamento. Ad avere invece le implicazioni più pesanti in termini ambientali invece, metalli come oro, mercurio e metalli del gruppo del platino. Il report non può ovviamente fare a meno di considerare in tutto questo, i fattori geopolitici, dal momento che ben il 90-95% delle terre rare utilizzate nel mondo provengono dalla Cina, e buona parte del tantalio, utilizzato in elettronica e già toccato all’inizio del post, proviene dal Congo, un paese politicamente molto instabile, dove da quasi 20 anni una feroce guerra ha provocato diversi milioni di vittimeUn discorso ancora diverso riguarda l’indio, presente nei display di pc e smartphone, per il quale mancano adeguati sostituti. Evidente quindi, la fondamentale soluzione obbligatoria del riciclaggio, come rileva lo stesso autore dello studio Graedel, secondo il quale “molto di ciò che rende difficile il riciclo di questi materiali è il design dei dispositivi. I risultati dello studio inviano un messaggio eloquente ai progettisti di dedicare più tempo a pensare a cosa accade quando i vostri prodotti vengono gettati via”.

Un’altra conferma che per uscire da squilibri ambientali e scompensi nelle risorse, si può uscire solo e soltanto con un approccio integrato “dalla culla alla tomba”, che comprenda una fase di design dei prodotti assolutamente determinante per rendere possibile in uscita, adeguati processi di recupero delle materie da riutilizzare.

Sauro Secci

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