Letteratura ed Ecologia nell’Antropocene
Letteratura ed Ecologia nell’Antropocene: il ruolo della narrativa nella crisi ambientale
L’ecologia va ben oltre una disciplina scientifica, abbracciando un vasto universo di idee, valori, e rappresentazioni che plasmano la nostra esistenza collettiva in tutti i suoi aspetti. In questo intricato intreccio tra natura e cultura, la letteratura assume un ruolo cruciale, svolgendo un viaggio esplorativo nella complessa relazione tra individui e ambienti, che siano naturali o sociali. Nel corso dei secoli, l’idea stessa di ambiente e la concezione della relazione tra l’umano e il naturale si sono nutriti della letteratura, che ha contribuito a forgiare immagini suggestive e connessioni profonde.
Nell’era contemporanea, esposta alle devastanti conseguenze della crisi climatica, al crollo della biodiversità e alla rapida diffusione delle pandemie, la letteratura e l’ecologia trovano un terreno fertile per una reciproca interazione. Da un lato, il discorso ecologico abbraccia costruzioni narrative, spesso tipiche del genere letterario, per comunicare con un pubblico più vasto e coinvolgere emotivamente. Un esempio brillante di questa sinergia è “Spillover. L’evoluzione delle pandemie” del divulgatore scientifico e scrittore David Quammen, che, quasi come un romanzo, rende avvincente il complesso mondo della scienza delle pandemie.
Dall’altro lato, la letteratura si affida all’ecologia per arricchire il proprio repertorio di temi, incorporando argomenti direttamente collegati alle questioni ambientali. Autori come Italo Calvino e Roberto Saviano in Italia, e Daniel Pennac, Michel Tournier e Don DeLillo al di fuori dell’Italia, hanno scritto opere che trattano i temi dei rifiuti e di altri aspetti ecologici. Inoltre, la letteratura si avvale della conoscenza ecologica per reinventare temi classici, come quello della fine del mondo, che troviamo spesso sia nella narrativa letteraria che nel mondo del cinema.
L’approccio ecologico allo studio della letteratura ha guadagnato popolarità, soprattutto negli Stati Uniti, a partire dagli anni ’90, quando si è sviluppata una disciplina nota come Ecocriticism. Questo movimento ha avuto un impatto duraturo ed è stato un punto di partenza per lo studio ecologico della letteratura anche in Europa e in Italia, dove ha assunto sfumature uniche e obiettivi parzialmente diversi rispetto al modello americano. Una delle principali differenze risiede nell’idea di natura e paesaggio: mentre nella cultura americana prevale il concetto di wilderness, ovvero una natura incontaminata e disabitata, in Italia, gli ambienti e i paesaggi sono spesso strettamente intrecciati con la Storia e la cultura umana.
Molti esempi di scritture incentrate sui luoghi e gli ambienti presentano un misto di racconto e saggio. Questo fenomeno è spesso dovuto al fatto che molti autori sono scienziati, storici o giornalisti abituati a esprimersi attraverso la scrittura argomentativa. Inoltre, tale orientamento verso il contesto, ovvero la natura, il paesaggio e il clima, anziché sull’io di un protagonista, fa sì che le proporzioni tra racconto e digressione storico-scientifica si ribaltino, aprendo nuove possibilità narrative. Un esempio suggestivo di questa struttura è presente in “Gli anelli di Saturno” (1995) dello scrittore tedesco W. G. Sebald, dove la narrazione si focalizza sulla storia degli ambienti e dei suoi abitanti, umani e non.
Nella letteratura ecologica, i protagonisti non sono più esclusivamente gli esseri umani, ma anche gli animali e le piante. Ne risulta una narrazione in cui il bosco, gli animali e le persone appaiono inevitabilmente legati, rivelando un’interconnessione tra Storia e Natura. Un esempio eloquente di questa interazione è presente nella raccolta di racconti di Mario Rigoni Stern, “Uomini, boschi e api” (1980), in cui lo scrittore indaga le cause di un’invasione di ghiri nocivi per le piante nei boschi della sua regione. Rigoni Stern dimostra come gli eventi naturali siano intrinsecamente legati agli eventi storici e come la natura possa essere interpretata attraverso i segni della Storia.
Mai come oggi l’uomo che vive in Paesi industrializzati sente la mancanza di «natura» e la necessità di luoghi: montagne, pianure, fiumi, laghi, mari dove ritrovare serenità ed equilibrio; al punto che viene da pensare che la violenza, l’angoscia, il malvivere, l’apatia e la solitudine, siano da imputare in buona parte all’ambiente generato dalla nostra civiltà
Mario Rigoni Stern, Uomini, boschi e api
Lo straniamento, un dispositivo retorico classico, viene spesso utilizzato nella letteratura ecologica per rappresentare oggetti e situazioni con uno sguardo originale, come se li vedessimo per la prima volta. Questo approccio originale riflette l’essenza stessa del pensiero ecologico, che cerca di comprenderne il “punto di vista” o le attitudini e le coordinate sensoriali di animali e creature non umane. Tale approccio mette in discussione la prospettiva antropocentrica e sfida l’idealizzazione del paesaggio e la distinzione netta tra naturale e artificiale.
Nel corso del Novecento, molti scrittori italiani hanno affrontato le trasformazioni epocali del paesaggio e della società contemporanea. Tra questi, Pier Paolo Pasolini, Paolo Volponi, Italo Calvino e Anna Maria Ortese hanno riflettuto su tali mutamenti, esplorando il complesso rapporto tra l’uomo e la natura. Italo Calvino, nel volume “I racconti” (1958), ha rappresentato il passaggio dalla sintonia quasi edenica dell’uomo con le creature alla condizione di ostilità e alienazione, evidente nei suoi testi come “La formica argentina”, “La speculazione edilizia” e “La nuvola di smog”.
Nella letteratura italiana degli ultimi anni, la relazione con l’ambiente si è declinata in varie forme. Alcuni autori hanno adottato un approccio romantico-regressivo, dedicandosi alle geografie remote e trascurate dell’Italia, come è il caso di Franco Arminio, creatore del concetto di “paesologia”. Altri autori si sono ispirati alla dimensione della wilderness, una natura selvaggia, attingendo alla tradizione di autori come Mario Rigoni Stern. Paolo Cognetti è uno di questi autori, vincitore del Premio Strega con il romanzo “Otto montagne” (2016).
“E diceva: siete voi di città che la chiamate natura. È così astratta nella vostra testa che è astratto pure il nome. Noi qui diciamo bosco, pascolo, torrente, roccia, cose che uno può indicare con il dito. Cose che si possono usare. Se non si possono usare, un nome non glielo diamo perché non serve a niente.”
Paolo Cognetti, Le otto montagne
Un altro filone di scritture ecologiche in Italia si è orientato verso temi più apertamente politici. Alcuni autori come quelli del collettivo letterario Wu Ming, hanno affrontato temi e questioni ecologiche in un contesto politico più ampio. Ad esempio, i romanzi “Violazione” di Alessandra Sarchi (2012) e “La vita in tempo di pace” (2013) di Francesco Pecoraro esplorano la trasformazione dell’ambiente in relazione con la dimensione storico-sociale ed esistenziale.
La narrativa distopica ha trovato spazio anche nell’ambito letterario ecologico. Gli autori e le autrici di questo genere hanno dato voce a visioni inquietanti e apocalittiche del futuro, in cui l’ambiente è profondamente compromesso e l’umanità deve confrontarsi con le conseguenze delle proprie azioni. Tra gli autori e i libri rilevanti in questo ambito, troviamo “Sirene” (2007) di Laura Pugno, “Bambini bonsai” (2010) di Paolo Zanotti, “Anna” (2015) di Niccolò Ammaniti, “Le cose semplici” (2015) di Luca Doninelli e “Qualcosa, là fuori” (2016) di Bruno Arpaia.
Questi scrittori e scrittrici abbracciano un approccio distopico all’ecologia, ponendo l’attenzione sulle conseguenze apocalittiche del cambiamento climatico e della crisi ecologica. In opere come “La fine della fine della terra” (2018) e “E se smettessimo di fingere?” (2019), Jonathan Franzen esplora gli effetti inquietanti delle azioni umane sulla natura e invita alla riflessione sulla nostra responsabilità nei confronti del pianeta.
Anche se le azioni di un individuo non hanno alcun effetto sul clima, ciò non vuol dire che siano insignificanti. Ciascuno di noi ha una scelta morale da compiere
Jonathan Franzen
Il termine “Antropocene”, introdotto dal biologo Eugene F. Stoermer e dal chimico Paul Crutzen, definisce un’epoca geologica caratterizzata dall’influenza predominante dell’attività umana sui processi naturali. In questa nuova era, l’uomo è divenuto un decisivo agente di trasformazione del pianeta, con conseguenze significative sull’ambiente, il territorio, la biodiversità e il clima. La letteratura ha iniziato a esplorare l’Antropocene, concentrandosi sia sulle implicazioni apocalittiche di questa trasformazione irreversibile, come sottolineato da Jonathan Franzen, sia sulla rappresentazione dell’umano in termini di specie, cercando di trascendere i limiti cronologici e sociali della Storia.
Robert Macfarlane, nel suo libro “Underland” (2019), ci guida in un viaggio nel sottosuolo del pianeta, esplorando la profondità del tempo geologico e svelando la complessa interconnessione tra l’umanità e il mondo naturale. Jonathan Safran Foer, nel saggio “Possiamo salvare il mondo prima di cena” (2019), riflette sulla sfida di credere e agire in risposta alla crisi ecologica. Nonostante la consapevolezza dei rischi del riscaldamento globale, molti non si comportano come se un pericolo certo e imminente stesse per raggiungerci. La letteratura al tempo dell’Antropocene può svolgere un ruolo fondamentale nel coltivare l’empatia necessaria per affrontare queste sfide.
Ma anche quando ci importa della crisi del pianeta, la viviamo come una guerra in corso “laggiù”. Siamo consapevoli dell’urgenza e della cruciale importanza della posta in gioco, ma pur sapendo che sta infuriando una guerra per la nostra sopravvivenza, non abbiamo la sensazione di esserci immersi dentro.
Jonathan Safran Foer
In conclusione, la letteratura ed ecologia si uniscono in un connubio profondo, in cui la narrativa esplora la complessità della relazione tra l’umano e l’ambiente, contribuendo a sensibilizzare e promuovere una maggiore consapevolezza riguardo alla crisi ambientale che affrontiamo nell’era dell’Antropocene. Le opere letterarie, grazie alle loro molteplici prospettive e capacità empatica, possono ispirare azioni e cambiamenti per una convivenza sostenibile con il nostro pianeta.