Le fiere nel Mondo, un business globale: quando apparire (in quel momento) conta ancora più dell’essere, spreco incluso

Nella vita delle imprese c’è un momento dove conta apparire più che essere. Chi non è mai stato in vita ad una fiera un pò importante alzi il dito!. Negli anni anche il settore fiere si è evoluto; certo oggi è difficile che fiere di settore (parlo di quelle che generano il maggior business mondiale come vedremo in seguito) vengano fatte per incontrare potenziali nuovi clienti, seppur sperare non fa mai male.

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La fiera  si prepara a tavolino ed è il momento in cui si fa vedere al concorrente quanto si vale e al cliente che viene a trovarti, che la sua scelta è stata azzeccata. I clienti potenziali ed effettivi vengono convocati con tam-tam mediatici ben prima dell’evento; le associazioni di categoria e i marketing specialists sudano per mesi per trovare  o inventare nuovi  argomenti per seminari, simposi, tavole rotonde, conferenze, ma anche incontri riservati, flash mob, dirette facebook, immagini subliminali per instagram.

Le aziende soprattutto le più piccole, tra un panino in mensa o  direttamente al tavolo di lavoro, studiano come investire i denari che a volte non sono in bilancio (in Italia, trattenuti dalle stesse banche timorose di perderli) quali cataloghi, biglietti visita, pannelli fotografici, gadget, bandiere, roll-up basic o de-luxe, mono o bi-facciale , a bandiera o da terra, cartelloni, in alluminio, plastica rigida ma leggeri, da arrotolare o da mollare a fine fiera; e poi quali e quanti prodotti portare? che nuova veste dare al prodotto dell’anno prima? quale gusto nuovo, o colore nuovo che dia l’idea di pulito, di tecnologico, di fashion style, di moda o che imporrà la moda?.

Poi c’è ingaggio di influencers, addetti stampa, cuochi, sommelier, standiste a giornata ma di bella presenza e possibilmente coscia lunga, meglio  ovviamente se  multi-lingua, di lingua madre, assolutamente professionali, possibilmente ragazze – i maschi  – ammettiamolo – non tirano molto: fiera, esposizione, mostra, persino sagra infatti è declinato al femminile. Negli stand però “capeggiano” e prevalgono gli uomini: in giacca e cravatta, completino nero o grigio (soprattutto se banchiere o tedesco), nelle fiere della Moda speso la situazione è più confusa ma sicuramente più allegra e finalmente libera dai generi.

Tutto questo però ci distrae dal dato ambientale: allestimento stand e disallestimento a fine fiera sono i momenti dove nei corridoi si ammucchia di tutto a partire dalle viti con cui si aprono le casse, alla carta siliconata (non biodegradabile) dei poster adesivi giganti che oggi coprono tutte le pareti dello stand, con le imprecazioni di rito se montati storti e se a toglierli l’adesivo si è seccato nel frattempo. Dove gli addetti assemblano con cura maniacale tutto in 4 ore e smontano a chiusura in 40 minuti perché l’aereo non aspetta (iniziando però in sordina a impacchettare la roba più preziosa fin dal primo pomeriggio all’ultimo giorno – prima cioè che ai clienti si sostituiscano i guardoni degli stand concorrenti.

Ma la percezione di questa profusione di energie e  di sprechi, di politiche per incrementare visitatori ed espositori o primeggiare tra eventi concorrenti, al povero consumatore – quello stesso che comprerà al fine quell’oggetto su quello o l’altro scaffale – cosa viene detto di quanto esse impattano sull’ambiente?

Le attività cosiddette BtoB (business to business),  che non parlano direttamente al consumatore ma solo all’addetto che gliele porterà davanti, quanto comunicano di questo mondo incantato e temporaneo? Spente e luci ed eliminato l’ingombrante rifiuto, restano spesso solo numeri e lodi dei press-releases: quanti visitatori, quanti metri quadri occupati, quanti espositori, quanti leaders si sono presentati ecc.

A cercare su internet: appare veramente poco; i dati vanno scovati o calcolati per deduzione e incroci.

Esiste una “Global association of the exhibition industry” (UFI)  che si rapporta sui social e penso  con ragion veduta:  ci fa sapere che ci sono 1200 centri espositivi e 31.000 fiere/mostre  che si tengono annualmente nel Pianeta.  L’associazione  evidenzia che si è impegnata in un piano di sensibilizzazione e sostegno per uno sviluppo “sostenibile” del settore. Vengono conferiti anche premi agli associati come “Best practices in sustainability” che porta alla attenzione degli altri associati esperienze virtuose:

Per esempio nel 2011 la società  olandese UBM ha riciclato l’88% degli scarti e in 100.000 mt2 di esposizioni ha raccolto 527 tons di rifiuti che non  sono andati in discarica (ndr: in Olanda bruciano tutto ciò che non è selezionabile) e ha utilizzato 100% energia da fonte rinnovabile (ndr: cioè dai suoi stessi scarti + altri di altra provenienza, “termovalorizzati”entrambi + energia eolica di cui l’Olanda è  leader con gli off-shore). Tra i premiati del 2016, l’ente fieristico sudafricano SBE è stato menzionato perché ha evitato che l’80% dei rifiuti andasse in discarica e ancora l’olandese UMB perchè ha  risparmiato 233.000€  grazie ad attività più sostenibili.

OK tutto bello, ma quanti rifiuti sono prodotti per espositore o per visitatore? L’associato virtuoso  inglese NEC – scrive UFI nel suo rapporto 2017 – ha avuto 3.000.000 di visitatori in 500 eventi raccogliendo 12.000.000 kg di rifiuti  (nrd: 4-kg-4, a visitatore) è il primo ente che viene certificato a 0 (zero) “WASTE to LANDFILL”: che vuol dire solo che le 12.000 tonnellate di rifiuti NON sono andati in discarica cioè sono stati riciclati, rigenerati, compostati o semplicemente bruciati  (vedi The UFI Report on Best Practices in Sustainability) ma è meglio che niente.

Comunque la si metta non abbiamo trovato un rigo  nei rapporti ufficiali come nei report giornalistici, circa la diminuzione negli anni dei rifiuti generati dagli espositori: sappiamo che non vanno più nelle discariche, sappiamo che molti enti usano energia verde (ricavata anche dagli stessi rifiuti), sappiamo che sono stati risparmiati soldi nello smaltimento rifiuti, ma non sappiamo come sia è modificato il rifiuto con l’arrivo di nuove tecnologie (il video per es.); possiamo pensare che gli aumenti dei rifiuti – solo a Milano in 1 anno +19% , v. oltre –  siano dati anche dall’aumento dei visitatori globali o se il rifiuto è ancora uno spreco derivato da un modo di concepire l’evento fieristico da parte delle imprese (cataloghi, adesivi, ecc) o dalle indispensabili attrezzature di logistica come (pallets. scatoloni, reggette, chiodi, cavi), più che da una reale necessità. Che le fiere servono lo dimostra il grande business globale.

Che non vuol dire non si sia fatto niente: le imprese stanno più attente agli sprechi dei tempi d’oro del boom industriale (con un pizzico di cattiveria scriverei: più per contenere i costi che per scelta sostenibile), gli enti fieristici sono altrettanto attenti a ridurre l’impatto dei rifiuti sui profitti, a gestire meglio il personale, ad usare energia verde.

Non tocca a noi essere pedanti facendo i calcoli globali dell’industria dell’apparenza che sono giganteschi (vedi dati riepilogativi tabella) però è certo che qualcosa sta cambiando.

ll 23 maggio 2018 Fiera Milano ha presentato al mercato il Piano Strategico 2018-2022. In esso si sottolinea in effetti il bisogno di prestare attenzione alla sostenibilità ambientale non solo come riduzione rifiuti ma come gestione degli eventi fieristici. E certifica il dato di fatto: ”la maggior parte dei rifiuti prodotti deriva dalle attività di allestimento e di smontaggio delle aree, logistica, sicurezza e pulizia pari al 30,8% e da spese di pubblicità 6,7%“.

Alcune tipologie di materiali, quali ad esempio materiali edili, legname e vernici, sono raccolte separatamente ed indirizzate a fornitori specifici: questo è facile. Tuttavia una tabella del rapporto ci solleva qualche dubbio: alla Tabella 32  del rapporto 2018 si capisce che il peso totale dei rifiuti per tipologia è di 16.308  tons di cui indifferenziati 3.633.000 kg ( 22,3%) e di cui plastica 20.950. Nel 2017 invece i numeri erano 13.677  Tons totali di cui 2.928.000 indifferenziato (21,4%)  di cui plastica 80.940  kg. 

Quindi nel 2018 sono aumentati il rifiuto totale e l’indifferenziato  mentre è calata drasticamente la plastica; ammetto che mi rimane difficile capire se è migliorata la situazione. Tenendo però conto dei visitatori che hanno registrato, ill dato pro-capite di rifiuto a Milano Fiere  è di 0,840 kg a visitatore, che comunque segna una bella differenza con i 4 kg a visitatore del valoroso ente inglese citato poc’anzi.

In un altro angolo del rapporto si legge inoltre che il gruppo ha avviato nei primi mesi del 2019 iniziative volte al miglioramento del processo (ndr: di smaltimento rifiuti) e dato vita ad un tavolo di lavoro per l’implementazione del progetto “plastic free” presso il MiCo e il quartiere, secondo le linee guida previste dal Ministero dell’Ambiente. (ndr : scusando la polemica: plastic free vuole dire che non usi materiali plastici o che non conferisci rifiuti plastici? Gli è stato spiegato al cittadino al di là dello slogan di effetto?)

Mi viene da pensare: solo potenza della legge (obbligo)? O ricezione spontaneo del  bisogno di cambiamento ? Alla fine non è un dato importante, c’è un ritardo strutturale anche della EU impegnata nella lotta alla poltrona e agli interessi dell’economia più che dei cittadini,  ma l’importante è partire, perché per arrivare c’è bisogno del supporto di molti altri settori dell’economia circolare, a partire dagli imballaggi e dalle tecniche di valorizzazione della materia prima seconda – che fino ad oggi l’EU riteneva in molti casi un rifiuto a prescindere-  e non è affatto processo scontato perché l’organizzazione industriale italiana ha sempre lavorato per categorie orizzontali. 

Ma se è la “speranza” che fa l’uomo determinato, allora anche l’accettazione del concetto etico di “lotta allo spreco” deve diventare un mantra, a partire dalla formazione.

E infine le imprese private, fornitori specializzate di materiali per fiera, come pensano di affrontare il problema sostenibilità?. Un caso vale per tutti – forse anche perché l’unico che ho trovato con facilità: il gruppo Alma, italiano di Toscana, tra i massimi produttori europei delle moquette sintetiche stese tra i corridoi delle fiere durante la notte prima della apertura e ritirate al suonare della campanella del liberi tutti. Attualmente, dice l’azienda nel sito, riescono a rigenerare il 30% della loro produzione: cioè la danno e la ritirano, poi la processano e recuperano il polimero plastico. Ma l’obbiettivo dichiarato è raggiungere il 70% grazie ad un nuovo investimento in tecnologia. Ora la domanda da porsi sarebbe se i tappeti sono veramente essenziali per una fiera, trattandosi di decine  di km per evento di medie dimensioni; poiché anche l’occhio vuole la sua parte e la fiera resterà sempre un mondo dell’apparenza, non mi pare il male peggiore se arrivasse all’80% di riciclo, sempre meglio del 70%; se poi arrivasse anche al 90% sarebbe ancora più credile, e se poi ci fosse una tecnologia che arrivasse al 100% avremmo completato un altro capitolo “plastic free” che resta  pur sempre UN obiettivo e neppure impossibile.

Il Mondo delle Fiere in pillole:

  • La fiera di Milano è l’unico ente fieristico che accoglie 3 dei maggiori 100 eventi fieristici mondiali (https://10times.com/top100) tra cui il Salone del Mobile.
  • nella Top 100 fiere più grandi per aree e visitatori ci sono 29 cinesi/hong kong,  28 Usa Canada ,12 Europee di cui 4 Italiane (3 Milano 1 Bologna)
  • La fiera più grande sembra però la tedesca Bauma di Monaco di Baviera https://www.bauma.de – fiera costruzioni – che giganteggia min tutto (604.000 mt2 di superficie e 612.000 visitatori di cui 250.000 da fuori Germania)
  • In Europa nel 2017 sono stati registrati: 703 060 espositori, 75.900.000 visitatori e 27.600.000 mt2 di spazi affittati (la stessa UFI scrive che forse questi eventi registrati sono il 60% di tutti gli eventi fieristici espositivi – ndr: se si includono anche le sagre paesane)
  • la Turchia con 472 eventi è il paese “europeo” UFI dove si organizzano più eventi  (Italia 181)
  • La fiera più grande in USA è ConExpo-CON/AGG – edilizia – con 2.67 million square feet  = 248.000 mt2 2800 espositori  e nel 2020  verranno aggiunti altri 28 ettari di superficie.seguita da Consumer Electronics Show – 240.000 mt2
  • La fiera più importante cinese si svolge a Ghuanzhou (Canton) 3 volte l’anno ed è la fiera del “trova tutto” con 60.000 visitatori a botta e 30 miliardi di dollari di volume di affari generato (stima)
  • Il mondo fiere in Italia si compone di 39 quartieri fieristici, 200,000 imprese rappresentate e 20.000.000 visitatori (dato UFI)

Marco Benedetti
Email: m.benedetticonsulting@gmail.com

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