Le enormi potenzialità dell’eolico off shore
L’eolico off shore potrebbe offrire enormi potenzialità, ma si ha paura anche delle pale a mare.
“Rinnovabili: Vento bloccato” di Sergio Ferraris, giornalista scientifico, caporedattore de “L’Ecofuturo Magazine”
Siete su una spiaggia della Sardegna d’estate. Il Sole, il vento e il mare vi tengono compagnia e alcune pale eoliche all’orizzonte si muovono lentamente. Distano da voi oltre 20 km e non c’è nulla, oltre all’immagine dei rotori all’orizzonte – che appaiono come mezzo stuzzicadenti a un metro di distanza – che possa arrivare a disturbarvi. Gli elettroni che generano queste pale, magari ve li ritrovate a cena nell’orata cotta sulla piastra a induzione, oppure come “carburante” per la vostra auto elettrica, mentre girovagate per le splendide strade a ridosso delle coste sarde. Il tutto senza emettere una sola molecola di CO2 nell’atmosfera.
L’energia del vento marino, l’eolico off shore, è per il clima un vero toccasana. Si tratta di una fonte rinnovabile che ha fatto la differenza per nazioni come la Danimarca, la Germania e la Svezia, ma non per l’Italia. Fino a poco tempo fa per motivi tecnologici che ora sono superati grazie al fatto che l’eolico off shore adesso è anche galleggiante, ma oggi per la politica. In Sardegna, infatti, la nuova giunta regionale targata PD e M5S ha messo in moratoria tutto l’eolico, on shore e off shore, assieme a fotovoltaico e accumulo, opponendosi anche alla linea di trasmissione, il Tyrrhenian link, che Terna ha progettato per aumentare la capacità di trasporto tra Sicilia, Sardegna e la Penisola. Ma la soluzione dell’eolico off shore è pronta e valida.
Funzionamento sicuro
Un prototipo di aerogeneratore galleggiante da 2,6 MWe lavora con successo al largo della Norvegia dal 2009, con un fattore di carico (il tempo di funzionamento in un anno in ore) del 50%, resistendo a venti fino a 145 km/h e a onde da 19 metri. I parchi eolici galleggianti che si stanno progettando sono composti da poche pale di grande potenza, tra i 10 e i 15 MWe ognuna, per un’altezza che può arrivare fino a 150 metri d’altezza al mozzo con un rotore da 250 metri.
Riguardo l’impatto sugli ecosistemi marini l’eolico off shore galleggiante si gioca delle buone carte. Al contrario dell’off shore ancorato al fondo, non è necessaria la palificazione il cui rumore può disturbare la fauna marina durante il montaggio, visto che gli aerogeneratori si ancorano al fondo grazie a zavorre in materiali inerti, poste a una profondità almeno di 200 metri dove non c’è vegetazione poiché non vi arriva la luce. Disponendo di vaste aree a decine di chilometri dalla costa, tra i 20 e i 40, si possono posizionare i parchi eolici distanti dalle rotte dei migratori e anche da quelle della navigazione commerciale, offrendo un alto grado di sicurezza, nonostante la taglia sempre crescente.
«La questione ambientale dell’eolico off shore galleggiante è molto ridotta. – afferma Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente – E la distanza dalle coste è tale che il discorso paesaggistico viene meno. Questa rinnovabile è una delle meno impattanti delle quali disponiamo; visto che siamo una nazione con poca superficie, non possiamo fare a meno di questa fonte della quale potremmo disporre in grande quantità».
Problema di filiera
Oltre alla crescita delle dimensioni, sia in termini fisici, sia di potenza, l’altra novità dell’eolico galleggiante è la tipologia d’assemblaggio. «Oggi è diventato possibile realizzare i galleggianti con lo stesso materiale, l’acciaio e con le stesse circonferenze del pilone principale dell’aerogeneratore al cui vertice c’è la navicella – ci dice l’Ing. Luigi Severini, presidente e CEO di iLStudio Engineering & Consulting studio, progettista d’impianti eolici off shore, tra i quali quello di Taranto, l’unico nel Mar Mediterraneo, inaugurato dopo un’attesa di 14 anni, il 21 aprile 2022 – Non è una cosa da poco quando parliamo della realizzazione di strutture da 3.000-4.500 tonnellate d’acciaio che rappresenta il 65% del valore della singola pala».
Molti paesi esteri, oltre a ciò, stanno investendo su dei veri e propri hub per l’eolico off shore galleggiante, trasformando i porti in veri e propri stabilimenti di produzione e preassemblaggio degli aereogeneratori. E che sulla produzione degli aerogeneratori la soluzione sia la più appetibile è evidente dal fiorire delle iniziative. Gli Stati Uniti, la Germania, la Spagna, la Gran Bretagna, la Scozia e persino la Grecia, stanno ristrutturando alcuni porti per renderli dei veri e propri hub per l’eolico off shore galleggiante, mentre sul fronte italiano tutto sembra bloccato.
In questo quadro la candidata “naturale” per l’hub italiano per l’eolico off shore galleggiante dovrebbe essere la città di Taranto dove c’è un’acciaieria che, anche nelle migliori ipotesi di ristrutturazione ecologica, perderà magliaia di posti di lavoro ma può fornire l’acciaio necessario, c’è un porto a ridosso dell’area industriale e da decenni c’è uno stabilimento di una delle multinazionali più attive nell’eolico. Oltre a tutto ciò, Taranto ha un altro vantaggio: quello d’essere vicina al Canale di Suez, quindi al mercato asiatico, per il quale sono previsti al 2030 oltre 100 GWe di nuovo eolico off shore galleggiante… Continua a leggere gratis l’articolo su L’ECOFUTURO MAGAZINE
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