Le colonnine elettriche di Vincenzo Borgomeo: L’italia che non pensa all’Italia. [Senza Censura]

E’ apparso a pagina 17 di Repubblica del 2 gennaio 2013 un articolo di Vincenzo Borgomeo sulla auto elettrica che vale la pena di commentare.


Borgomeo scrive che saranno installate nel mondo 7.700.000 punti di ricarica entro il 2017 per un valore di 3,5 miliardi di euro, pari quindi a 454,00 euro ciascuna.

La società ZINCAR creata dal Comune di MILANO sotto la gestione Moratti era stata dotata di 15.000.000 di euro per installare a Milano 1.500 colonnine stradali con un costo quindi di 1.000 euro a colonnina. Come tutti sanno le colonnine installate furono solo due alla Statale di Milano, mentre la società del Comune fallì con 18 milioni di perdite, pari a 9.000.000 per colonnina. Purtroppo le due colonnine non furono collegate alla rete elettrica per cui l’operazione è risultata in perdita totale. Il curatore del fallimento ha ordinato di spiantare le due colonnine, che sono finite in un magazzino. 

Si può capire che, dato l’elevato numero di colonnine citato da Borgomeo, il costo sia dimezzato rispetto allo sfortunato episodio di Milano. Fedele al motto che il lupo perde il pelo ma non il vizio, pare che il non encomiabile episodio ZINCAR si sia ripetuto in chiave motociclistica. Ben 300 motoscooter elettrici acquistati e pagati dal Comune di Milano (Moratti) giacciono inutilizzati in un magazzino del Comune perché in pratica non hanno mai funzionato. Le citazioni predette sono fatte in occasione dell’articolo di Vincenzo Borgomeo che porta una seria di inesattezze e di omissioni, che meritano un rettifica da parte di Repubblica.

Il tempo di ricarica con le nuove colonnine è paragonato al tempo per sorseggiare un caffè. Più avanti si legge che questo tempo-caffè è in realtà di 30 minuti circa. Non sarà tanto ubriaco di caffè quanto infuriato, l’utente, di dover attendere mezz’ora per poter ripartire? E con quella carica fare solo 40 km? E poi nuovamente ‘prendere il caffè?’

La percentuale di ricarica con il metodo cosiddetto “rapido” delle colonnine ENEL-ENI viene indicata da Borgomeo nella misura dell’80% della capacità della batteria. ERRORE. Il tipo di ricarica da lui citato copre soltanto l’intervallo tra il 40% e l’80% della capacità della batteria – sopra il 40% e sotto l’80% – Per avere l’auto carica al 100%, la ricarica deve essere completata a 220 Volt in corrente alternata con un tempo di ricarica del 60% di 8 ore, cioè di quasi 5 ore.

A farla breve la soluzione ENEL-ENI offre 40 km di autonomia con la “carica veloce” più la totale autonomia dopo 5 ore di una successiva “carica lenta” a 220 Volt. Totale: 5 ore e 30’.

E’ giusto investire 3,5 miliardi di euro per ricaricare auto elettriche in oltre 5 ore? Chi userà mai auto che costringono gli utenti a cercare un albergo quando devono fare il pieno? Esistono metodi alternativi efficienti e meno costosi? La risposta è: “SI, ESISTE IL METODO PITBAT CHE RICHIEDE UN MINUTO”.

Borgomeo cita poi solo ed esclusivamente modelli stranieri di auto elettriche in vendita in Italia: non cita nessun produttore italiano: né la ditta che produce il PITBAT: la Elvi Group, né la Estrima, né la Tazzari, né la Belumbury, né la Ducati, né la Sees, né la Maranello, né la Micro-vett né altre.

Borgomeo ha scritto un libro (‘101 storie sulla Ferrari’) bello e apprezzabile sulla casa di Maranello, in omaggio alla notorietà mondiale del marchio. La domanda è: perché Borgomeo cita solo i potentati stranieri e non scrive neppure una parola sui produttori italiani? Ferrari si, costruttori italiani di auto elettriche no?

E, ancora, perché Borgomeo tace sul nuovo sistema PITBAT™ che fa ripartire l’auto elettrica in un minuto con la BATTERIA CARICA al 100%?

Infine una nota occupazionale, che altresì Borgomeo ignora. Parlando di colonnine e di una nuova MOBILITA’ ELETTRICA INTEGRATA, Borgomeo non cita l’aspetto occupazionale che l’auto elettrica metterà presto in luce e in evidenza. Migliaia di posti di lavoro saranno disponibili con il metodo PITBAT™ e con le stazioni FASTPOINT™ installate presso i tradizionali operatori dell’auto che si riprenderanno dalla crisi dell’auto inquinante. Le colonnine invece non danno lavoro a nessuno. A tacere dell’impatto urbanistico costituito dal COLONNATO variopinto lungo le strade e i problemi della ricaduta sui parcheggi disponibili, delle prevedibili infrazioni e dei noti atti vandalici.

Domanda finale: prima di prendere decisioni così importanti che riguardano il futuro della mobilità elettrica e la creazione di migliaia di posti di lavoro, illuminati dall’episodio ZINCAR, non sarebbe opportuno discutere ed analizzare tutte le soluzioni tecniche oggi esistenti?

E’ questo, si o no, un contributo atteso dalla stampa specializzata?

Guido F. Vicario

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