L’art (r)evolution di Riarteco conquista Milano
Giunta quest’anno alla sua 13 edizione, è arrivata puntuale nel suo giro itinerante per l’Italia, RIARTECO 2017, mostra Internazionale di opere realizzate con materiali di scarto e rifiuti “Art(r)evolution” che si appresta ad arrivare alla sua tappa milanese.
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Il tour artistico di Riarteco approda a Milano con il suo lemma: i rifiuti non esistono, sono il frutto di una percezione errata derivata dalla cultura dello spreco, figlia del consumismo. Un progetto espositivo articolato composto da 134 opere per 80 artisti, realizzate interamente con materiali di recupero e scarti. I rifiuti sono risorse da valorizzare, costituiscono un valore economico anziché una perdita, ma è necessario modificare i nostri consumi e i processi produttivi affinché il riciclo diventi un’opportunità di sviluppo compatibile con l’ambiente. Una verità apparentemente semplice che nella realtà dei fatti sembra celarsi sotto una visione che rinnega simili postulati.
Per questo Riarteco la dimostra con l’arte che, secondo uno dei punti cardine dell’estetica goethiana, è attività conoscitiva in grado di cogliere l’essenza della realtà e penetrarne gli abissi impermeabili ad un’osservazione superficiale grazie all’acutezza dello sguardo scrutatore dell’artista: «quando mediante l’imitazione della natura, con lo sforzo di costruirsi un linguaggio universale, con lo studio rigoroso e approfondito degli oggetti, l’arte giunge infine a conoscere in modo più preciso le qualità delle cose e il loro modo di essere, in modo da dominare la serie delle loro configurazioni ed essere capace di giustapporre e imitare le diverse forme caratteristiche, allora nasce lo stile, il grado più altro che possa raggiungere, il grado che consente di annoverarla tra le attività umane più nobili». Lo stile, per l’illustre autore, è l’apice dell’elaborazione artistica corrispondente alla capacità introspettiva dell’artista di sospingersi oltre le impressioni fenomeniche, la mera percezione soggettiva, per rinvenire i “prototipi”, cioè i principi che regnano all’interno stesso dei fenomeni e provocano delle cose le trasformazioni. L’arte sarebbe quindi una prosecuzione della natura, però ad un livello superiore di realtà, precluso alla conoscenza comune, reso accessibile dall’azione dell’artista che trasforma quanto apparentemente imperfetto facendo apparire la cosa nella sua verità. Una lezione importante quella di Goethe assimilata da Riarteco nel suo DNA ed utilizzata per smascherare la dichiarata insostenibilità del modello consumistico, basato sullo sfruttamento irresponsabile delle risorse terrestri e naturali, riuscito ad imporsi nel corso degli anni nella quasi totalità del globo, ancorando le sue fondamenta su un’articolata architettura di alleanze tra mondo politico, economico ed industriale, uniti nel professare l’illusione del crescente benessere, nascondendo con tecniche suasorie diverse (la trasmissione di modelli precostituiti, il culto per l’immagine, le offerte lancio e la politica dei prezzi scontati per prodotti realizzati in serie e di scarsa qualità, l’obsolescenza programmata che spinge ad acquistare senza soluzione di continuità, etc.), l’inasprirsi delle disparità sociali tra ampi strati della popolazione mondiale, di cui la conseguenza diretta è stata l’insorgenza dell’attuale crisi economica, ovvero dei valori. Parimenti agli ignavi di dantesca memoria, l’uomo comune preferisce inseguire l’insegna pubblicitaria lasciandosi lobotomizzare dal culto dell’immagine. Innamorato dell’apparire piuttosto che dell’essere egli è frammentato dal desiderio compulsivo di acquistare e possedere beni materiali per colmare il senso di insoddisfazione che lo pervade, ed uscire così dalla spirale viziosa nel quale è precipitato. Una sorta di bipolarismo e schizofrenia decisionale lo affligge costringendolo a vivere in perenne oscillazione tra autocelebrazione e vocazione distruttiva, mentre sostituisce la sacralità dei sentimenti e il cantico della natura con la poetica del rifiuto, secondo una liturgia degli sprechi a reinventare la geografia dei luoghi, istituendo un nuovo senso edonistico per l’immagine incardinato sui canoni della bruttezza e del degrado morale. C’insegna però il Sommo poeta che fatti salvi per anagogia, basta solo affidarsi all’arte che “seleziona e corregge la realtà imperfetta” nella catarsi dalla quale rinasce l’“uomo nuovo” in una dimensione ecoantropologica, rispettosa dell’uomo e della natura contrapposta all’egoismo capitalista. Questo la mission di Riarteco contribuire alla genesi di una nuova prassi economica e sociale fondata sull’etica della responsabilità e della solidarietà. Un’art (r) evolution che rielabora ed attualizza la critica sociale, ironica e dissacrante, di matrice dadaista e la combina con l’estetica Pop, memore della lezione italiana e di Schifano, ma senza debiti di espressione col passato, sostenuta dal sincretismo glocale riformulato secondo le regole del riuso e del recupero dei materiali. Ciascuna delle opere in mostra, infatti, è la rappresentazione di uno stile proprio, di una personale visione poetica seppur ognuna appare ad un’altra interconnessa da geometrie di significato in un alternanza di linguaggi, dall’informale all’astratto, dal figurativo al nonsense, dall’assemblaggio al collage materico con incursioni nel design e nell’arte applicata, a comporre un affresco mirabile dal quale affiorano inedite soluzioni alle umane contraddizioni.

Caso esemplare il lightbox di Geo Florenti che nel coniugare funzionalità pratica e creatività rappresenta un punto avanzato rispetto al mero riciclo. L’opera, che si alimenta con l’energia dispersa nello spazio recuperata dall’apposita cella fotovoltaica, propone una riflessione sul corretto uso della tecnologia in merito al principio di creazione degli oggetti, in un’ottica produttiva scevra da sprechi, minimalista perfettamente aderente a quel bisogno di rinnovamento tanto auspicato. La luce diventa opera d’arte, ponte di collegamento tra mondo eterico e materico, corpuscolare ed ondulatoria energia che compone e struttura lo spazio, e per il tramite di essa la nostra art (r) evolution si espande oltre la fisicità della tela, conquista la realtà per incontrare l’osservatore e dialogare con lui ed ammonirlo per i suoi comportamenti, affinché possa, parafrasando ancora Goethe, ritrovare la sua identità e dignità assieme al rifiuto “estratto dalla sua realtà limitata a conferirgli misura”, nel gesto liberatorio e libertario dell’artista.
La mostra itinerante è iniziata lo scorso 18 marzo a Cosenza (18-28 marzo), è transitata le altre città patrocinanti come Roma (3-11 aprile), Pesaro (17-25 aprile), Siena (4-10 maggio), Genova (18-30 maggio), per concludersi a Milano, presso la Fabbrica del Vapore, dal 16 al 25 giugno.
Una occasione irrinunciabile per proiettarsi in una nuova dimensione della valorizzazione dello scarto, nei suoi più profondi significati, riavvicinando i cittadini a stili di vita decisamente più rispettosi e sostenibili.