La Spezia sverserà in mare aperto i fanghi dei dragaggi

Apprendiamo dalla stampa del nuovo piano triennale delle opere 2020 – 2022 per il porto di La Spezia. Un programma di sviluppo di attività economiche è sempre una buona notizia e quella che riguarda il Porto di La Spezia è importante per l’economia ligure, ma quando si legge, per quanto riportato dalla stampa, che il milione di metri cubi di sedimenti che si dovranno scavare andranno “buttati a mare” non si può che restare esterrefatti: è l’annuncio di un “probabile delitto ambientale”. Se questa affermazione fosse conforme con la documentazione del progetto annunciato sarebbe bene fermare tutto.

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Chiunque capisce che il “tal quale” senza un’analisi puntuale non a campione delle caratteristiche insite nella tipologia dei sedimenti portuali produrrà una massa indistinta probabilmente inquinata che invece il progetto prevede di versare nel mare. Chi ha scritto queste affermazioni nel programma dell’Autorità Portuale di La Spezia – Massa forse non sa che dal 2015 è vigente un codice ambientale penale che vieta siffatti comportamenti. Buttare i sedimenti portuali nel SANTUARIO DEI CETACEI è uno sfregio al comune sentimento ambientale di un Territorio che faticosamente sta costruendo anche sul Bene Comune Ambientale il proprio futuro.

Per questo fatto sarà opportuno chiedere l’immediato accesso agli atti dell’Autorità Portuale ed al Ministro Costa se non ritenga una valutazione preventiva di merito su un progetto con possibili risvolti di pericolo ambientale.

Speriamo che l’estensore dell’articolo giornalistico abbia letto e interpretato male, ma è una questione su cui GIGA/ECOFUTURO terrà la massima attenzione, sia in sede locale che nazionale, poiché lo sversamento in mare di sedimenti portuali non selezionati puntualmente non è più permesso e soprattutto da scongiurare per il bene dell’Ambiente.

Non ci stancheremo di dire che nuove tecnologie, ambientalmente più virtuose, sono ormai pronte per risolvere tutti i problemi insiti nei dragaggi convenzionali. Per cui non capiamo perché si insista ancora, alle porte del 2020, a suggerire o addirittura utilizzare vecchi sistemi che, proprio per le loro caratteristiche intrinseche, non danno garanzie di rispetto dei dettami di legge e dei criteri di buona gestione dell’Ambiente.

 Oggi i sedimenti possono essere tranquillamente in sicurezza suddivisi in situ in: inquinati (max 20-25%) e riutilizzabili come materia prima/seconda anidra (75-80%). Perciò non è più tollerabile il pressapochismo spinto su una materia così delicata, sia per l’economia nazionale e locale, ma soprattutto per la salvaguardia ambientale.

Prof. Giuliano Gabbani
Unifi – Resp. Scientifico di GIGA/Ecofuturo/FREE
Membro del Com. Scient. di REMTECH/COAST 

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