Inciampi Rinnovabili – Il Ferma Energie Rinnovabili 1: CAMBIAMOLO SUBITO

Dopo l’intervento di Federidroelettrica proseguiamo la discussione sul FER 1 e le difficoltà di funzionamento che tanto danno portano al mondo rinnovabile. Ecco l’intervento di Nicola Baggio, un CEO importante del settore fotovoltaico, che fa proposte del tutto condivisibili.

Il Decreto FER1 un anno dopo: possibili, e auspicabili, aggiustamenti,

Circa un anno fa, di questi tempi, si era in fremente attesa per la pubblicazione del cosiddetto Decreto FER 1, poi più correttamente noto come DM 4 Luglio 2019.
Il provvedimento, inquadrandosi nel PNIEC, voleva essere un importante tassello per lo sviluppo delle energie rinnovabili “mature” quali sono eolico, fotovoltaico e idroelettrico.

Come si può leggere dalla news datata 8 Luglio 2019 e pubblicata ancor oggi sul sito del MISE, l’obbiettivo era non solo quello di “attuare la transizione energetica” ma anche di eliminare l’amianto e intervenire su ex-cave e discariche bonificate.

Oggi, a quasi un anno dal provvedimento si possono trarre le prime conclusioni che evidenziano come alcune parti della legge siano state mal scritte, diventando di fatto un blocco, più che uno stimolo a realizzare nuovi impianti.

Vediamo quindi quali sono i punti più controversi.

All’art. 9 comma 2 lettera a) veniva previsto un criterio di accesso prioritario per “cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento estrattivo per le quali l’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione abbia attestato l’avvenuto completamento delle attività di recupero e ripristino ambientale previste nel titolo autorizzatorio nel rispetto delle norme regionali vigenti”. Le migliaia di ex-cave abbandonate avrebbero trovato quindi una corsia preferenziale, in una comprensibilissima ottica di ricucitura del tessuto urbano. Tuttavia tale norma viene di fatto cancellata per il fotovoltaico dall’art. 3 comma 5 lettera b) dello stesso decreto “circa il divieto di accesso agli incentivi statali per impianti con moduli collocati a terra in aree agricole”. Le ex-cave sono infatti quasi tutte terreno agricolo e pertanto, essendo richiamato l’articolo 65 del decreto legge 24 gennaio 2012 n. 1, convertito con legge 24 marzo 2012, n. 27, risulta vietato installare un impianto fotovoltaico incentivato su terreni agricoli.

L’esito è che dopo un anno gli impianti autorizzati su ex-cave o similari sono pari a zero. Quindi, quello che doveva essere il primo criterio di accesso agli incentivi è risultato totalmente inapplicabile. 

Il divieto di accesso agli incentivi per impianti fotovoltaici su terreni agricoli peraltro non trova nessuna omogeneità nello stesso decreto: impianti eolici, idroelettrici o a biogas possono infatti essere installati su  terreni agricoli.

Questo grave e, a mio giudizio, incostituzionale divieto ha avuto come ulteriore esito quello di incentivare fino ad oggi praticamente solo impianti eolici tramite il meccanismo delle aste: all’atto pratico questo è del tutto sbagliato in quanto le aste, per loro natura, avrebbero dovuto porre in competizione le tecnologie e ad oggi, in tutto il mondo, l’energia solare risulta quasi sempre più economica di quella eolica. Così facendo si va a creare di fatto un maggiore costo per i contribuenti finali.

Ci si trova quindi ad avere incentivato impianti eolici superiori ai 10 MW con più di 6.8 €cent/kWh mentre altrove in Europa le aste vedono il fotovoltaico vincere con valori al di sotto dei 5 €cent/kWh.

L’altro grande flop, che forse fa ancora più male dalle parti del Ministero dell’Ambiente, è il registro dedicato per gli impianti realizzati su coperture bonificate dell’amianto. Su 200 MW finora disponibili solo 30 MW sono stati autorizzati. Il perché di questo esito ha diverse motivazioni. La prima è che il bonus previsto all’art. 7, pari a 12 €/MWh è largamente insufficiente a coprire le spese di bonifica dall’intero edificio così come richiesto dalla norma: infatti in molti casi si deve bonificare l’eternit anche su falde non idonee per installare un impianto fotovoltaico. E’ utile ricordare che l’analogo bonus incluso nel vecchio Conto Energia era pari a 50 €/MWh e oggettivamente i costi di bonifica e rifacimento non si sono ridotti come i costi degli impianti fotovoltaici in questi anni.
In secondo luogo, l’iter autorizzativo per il rifacimento della stratigrafia di un tetto è più lungo rispetto ad una normale autorizzazione per semplice impianto fotovoltaico applicato sopra di esso scoraggiando i proprietari degli immobili.
In terzo luogo, alcuni impianti presentati sono stati esclusi per un vizio di forma paradossale: non avevano indicato nel titolo autorizzativo comunale che i lavori per la costruzione dell’impianto fotovoltaico sarebbero iniziati dopo l’inserimento nelle graduatorie. E’ veramente difficile capire dove stia la ratio di un cavillo del genere se non ostacolare la realizzazione di questi impianti mediante tranelli burocratici. 
Dulcis in fundo, dopo un anno, ancora nessun ente, GSE in primis, si è pronunciato sulla cumulabilità del premio con il bando INAIL per le bonifiche dell’eternit. Mi si permetta una doppia citazione mixata: Ponzio Pilato is nothing.

Un altro aspetto della norma che ostacola la realizzazione di nuovi impianti è il divieto di realizzare impianti incentivati sullo stesso punto di connessione dove sia già presente un impianto della stessa fonte: anche questo provvedimento va a danneggiare quasi esclusivamente il fotovoltaico essendo la tecnologia più diffusa.

Chi ha quindi realizzato un piccolo impianto, anche solo in scambio sul posto senza nessun incentivo legato al Conto Energia, oggi non può realizzare una nuova sezione di impianto sullo stesso POD (punto di consegna) chiedendo l’accesso degli incentivi. Anche qui, il paradosso è che per farlo si potrebbe richiedere una nuova connessione alla rete: un’assurdità tecnica che di fatto scoraggia l’autoconsumo.

Cosa si può proporre quindi per superare questi ostacoli?

  1. Va fatta una scelta netta sulla possibilità di installare impianti su terreni agricoli: o nessuna tecnologia è ammessa o non si vede perché il fotovoltaico sia a priori vietato. Si deve consentire, mediante l’ottenimento delle autorizzazioni previste, di installare il fotovoltaico (e le altre fonti) anche su alcuni tipi di terreno agricolo come quelli incolti, marginali e le ex-cave. Per semplificare ulteriormente la vita al legislatore, per la precisione, sarebbe sufficiente scrivere in qualche emendamento: all’art. 65 della legge 24 marzo 2012, n. 27, aggiungere dopo demanio militare “, terreni agricoli marginali”.
  2. Il premio per la bonifica dell’amianto va quanto meno raddoppiato: i costi di bonifica sono elevati e intervenire su tutta la copertura anche in aree non idonee agli impianti comporta esborsi immediati per i proprietari degli immobili. Anche qui, aiutiamo il legislatore a fare copia e incolla: all’art. 7 comma 10 del DM 4 Luglio 2019 sostituire “12 €/MWh” con “30 €/MWh”.
  3. I contingenti di potenza per i registri del gruppo A vanno innalzati per evitare esclusioni. Aumentare di 80 MW la potenza disponibile per ogni bando sarebbe la soluzione.
  4. Si deve consentire di installare nuovi impianti anche laddove ce ne siano già di esistenti della stessa tecnologia sfruttando lo stesso punto di consegna. In questo senso sarebbe sufficiente un provvedimento di chiarimento da parte del GSE, avvallato dal MISE.

Intervenire su questi aspetti è urgente, specie in un momento come questo dove vanno liberate le possibilità di investire in un settore il cui valore non è solo quello strettamente energetico ma anche ambientale e in ultima istanza sanitario. Se ormai da più parti si è evidenziato un legame tra virus e inquinamento, decarbonizzare la nostra società dovrebbe essere un dovere morale oltre che un principio, oso dire, costituzionale non più rimandabile.

Nicola Baggio
CEO OffGridSun srl

Articoli correlati