In dialogo con Enrico Giovannini

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Enrico Giovannini in dialogo con il giornalista Sergio Ferraris. Il video della presentazione del libro “Quel mondo diverso. Da immaginare, per cui battersi, che si può realizzare” (di F.Barca ed E.Giovannini) registrata il 16 novembre 2020 in occasione del lancio di EXCO, fiera virtuale delle Eco Innovazioni.

Un libro fondamentale per orientarsi verso il cambiamento eco ed equo del pianeta, scritto da due persone concrete, sia quando parlano di filosofia che di economia, e che come quelli presentati nei mesi scorsi di Lorenzo Fioramonti e Patty L’Abate, mettiamo tra i testi base della rete di Ecofuturo Festival

Scheda sul libro a cura di William Valentini

Secondo gli autori del volume, firmato insieme alla giornalista Gloria Riva, i temi improrogabili da affrontare nei prossimi mesi ci costringeranno a ripensare il futuro, ripartendo dalla centralità del processo democratico.

Un volume su cosa non va, “realizzato tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, in quel periodo storico particolare, a pochi giorni dall’esplosione del Coronavirus in Italia”. “Quel mondo diverso da immaginare, per cui battersi, che si può realizzare” descritto in un libro a cura di Gloria Riva, giornalista dell’Espresso, editori Laterza, in libreria da giovedì 22 ottobre, che unisce le opinioni del portavoce dell’ASviS Enrico Giovannini e di Fabrizio Barca del Forum Disuguaglianze Diversità, in un dialogo che affronta i cambiamenti urgenti di cui l’Italia, l’Europa e il mondo devono farsi carico.

Secondo gli autori occorre riequilibrare il rapporto tra produzione e democrazie. In particolare si tratta di controbilanciare il capitalismo neoliberista, diventato troppo forte negli ultimi 40 anni, e di restituire centralità alla vita politica dei cittadini, che è finita per essere “cloroformizzata” dall’economia, come racconta Barca nel libro e come ha sottolineato nella presentazione online del lavoro. Tuttavia, la situazione attuale non è colpa del capitalismo in sé, che anzi ha avuto il merito di essere stato il motore dell’innovazione nel corso della storia, ma del modello che “abbiamo sperimentato dalla rivoluzione thatcheriana e reaganiana dei primi anni Ottanta del secolo scorso in poi” secondo Giovannini. Un modello criticato dal portavoce dell’ASviS: “La scelta dei tecnocrati dell’Ocse di scegliere gli Stati Uniti – come modello – fu basata su un errore analitico importante, che ha influenzato per anni la storia del dibattito politico internazionale: se, infatti, invece di scegliere il reddito pro capite si fosse scelto il reddito ‘mediano’ (cioè quello che tiene conto anche della sua distribuzione tra le diverse classi sociali) gli Usa non sarebbero mai stati presi a esempio, visto che molti altri Paesi avevano performance nettamente superiori”. Un approccio diverso, insomma, avrebbe fornito dati e statistiche più efficaci per individuare le disuguaglianze e le aree su cui la politica sarebbe dovuta intervenire.

“La tensione fra democrazia e capitalismo si è risolta in favore di quest’ultimo anche in ragione dell’aumento della complessità” che impone la prevalenza della decisione tecnica sulla decisione politica e diffusa, ha ricordato Barca dalle pagine del volume. Il confronto ha finito per “assestare un colpo letale alla politica partitica” senza però sfiorare l’associazionismo. “Basta considerare i tanti movimenti che nel mondo si oppongono all’ideologia dominante, rivendicando il diritto a un’alternativa possibile che abbia al suo centro la richiesta di cambiamento sociale e la salvaguardia dell’ambiente”. Un concetto condiviso anche dal portavoce dell’ASviS: “Solo mettendo le persone al centro” si potrà intervenire efficacemente sulle questioni che ci troviamo davanti. Un esempio in questo senso è la sfida rappresentata dagli effetti del Covid sui sistemi sanitari e sulla tenuta socioeconomica del Paese. Ecco perché è improcrastinabile l’impegno a lavorare per una forza progressista più coraggiosa e visionaria, capace di dare speranza e progettualità all’Italia, ha ricordato Giovannini. I ritardi dell’Italia in questo campo sono sotto gli occhi di tutti: “il primo Ministro francese dispone di un centro di Analyse Stratégique, quello inglese dispone dell’Intelligence Unit, l’Italia non dispone di alcun istituto che abbia la funzione di anticipare il futuro ai fini della policy”, e rimane uno degli ultimi Paesi in questa condizione.

In questo senso, Barca ha sottolineato che occorre ripartire dai principi fondamentali, e in particolare da quell’articolo 3 della Costituzione italiana che recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Secondo l’ex ministro della Coesione territoriale basterebbe rispettare questi principi costituzionali per cambiare il paradigma del nostro capitalismo, che non può e non deve più “essere soltanto quello dell’aumento del reddito, bensì quello di migliorare l’accesso alla buona salute, quello di avere un’istruzione che sia adeguata a ciascuno, quello di assicurare al lavoro e ai cittadini organizzati una partecipazione alle decisioni, al farsi delle azioni pubbliche”. Insomma basterebbe seguire la Costituzione per permettere ai cittadini di ritrovare un loro ruolo centrale nella vita politica, attivando un circolo virtuoso.

In questo senso è fondamentale l’apporto della Commissione europea. In questo campo qualcosa si sta muovendo, secondo Giovannini. Infatti, accantonata l’impostazione precedente, la Commissione appare sempre più sensibile alle questioni che la pandemia ha reso improrogabili. Non solo: anche prima dello scoppio dell’emergenza la Commissione presieduta da Ursula von der Leyen aveva cambiato direzione, modificando profondamente l’impostazione delle politiche europee. La politica dunque è chiamata a non lasciarsi sfuggire quest’occasione. “Molto si è discusso in questi mesi sugli strumenti che l’Unione Europea dovrebbe usare per finanziare lo sforzo di gestione della crisi e della ‘ricostruzione’, ma ben poco è stato scritto e detto in Italia su quali dovrebbero essere priorità e obiettivi degli interventi da realizzare con tali fondi. Ed è qui che si rischia di commettere l’errore più grande”, finanziando, per esempio, progetti di sviluppo a breve termine che non tengono conto del loro futuro impatto socioeconomico.

Redazione

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