Grandi impianti a biomasse legnose: un danno per le rinnovabili

Quello degli impianti a biomasse legnose di dimensioni spropositate, superiori ai 10 MWe di potenza installata, rispetto ai bacini di riferimento sui quali insistono, rappresenta da anni un’autentica metastasi nel cuore delle energie rinnovabili. E’ di questi giorni un’indagine importante riferita proprio a questa categoria di impianti.

Articolo originale de Il Fatto Quotidiano: Maxi-frode nel settore energie rinnovabili

E’ infatti in corso una grande operazione che vede impegnata la Guardia di Finanza di Pavia, con i carabinieri Forestali e del Comando provinciale, che stanno seguendo undici misure cautelari (6 arresti domiciliari e 5 obblighi di firma) e oltre cinquanta perquisizioni in Trentino Alto Adige, Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Sardegna e Lazio nell’ambito di una maxi frode riferita agli incentivi per le energie rinnovabili che ha visto frodare allo Stato oltre 143 milioni di euro di contributi pubblici.

Una grande operazione quella in corso, con l’impiego di oltre 200 militari ed il supporto di elicotteri e di cash dog della Guardia di Finanza coordinata dal PM Paolo Mazza. Nelle prime ore della mattina di mercoledì 27 gennaio la Guardia di Finanza ha eseguito perquisizioni, sequestri di rapporti bancari, quote societarie, veicoli, immobili e terreni per oltre 140 milioni di euro nella disponibilità degli indagati.

Per il procuratore di Pavia Mario Venditti e il PM Paolo Mazza, quella portata a termine dalla società Biolevano, che gestisce la grande centrale a biomasse legnose di Olevano Lomellina, nel settore delle energie rinnovabili è “una truffa ai danni dei cittadini” che pagano in bolletta una specifica voce riferita agli incentivi alle rinnovabili.

Tra le persone finite agli arresti domiciliari enll’ambito dell’inchiesta vi è anche Pietro Franco Tali, ex amministratore delegato di Saipem (fino al dicembre 2012 e attualmente senior advisor di Tecnimont, che detiene una quota di minoranza di Biolevano Srl). Il manager deteneva quote della Biolevano, nel Pavese, che si occupava di lavorare gli scarti legnosi ma le aveva cedute a una società risultata a lui riconducibile. Il meccanismo era basato su falsa documentazione che attestava come gli scarti provenissero da una filiera “corta”, cioè nel raggio di 70 chilometri dall’impianto, elemento essenziale per accedere alla quota massima di incentivo, quando in realtà, il materiale proveniva da altre regioni. Sono stati sequestrati oltre 140 milioni, il corrispondente dei benefici indebitamente ricevuto negli anni.

La vicenda nasce nel 2011, quando, per aderire al protocollo di Kyoto e rispettare gli impegni assunti dall’Italia a livello internazionale per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, sono stati introdotti specifici incentivi economici per l’uso di energia da fonti rinnovabili, tra cui, le biomasse legnose. Nello specifico però, la legge subordina l’ottenimento degli incentivi all’utilizzo di legname “proveniente da un razionale e corretto sfruttamento dei boschi che assicuri di preservare il loro naturale ciclo vitale” imponendo rigorose regole sulla provenienza e la tracciabilità delle biomasse bruciate, elementi assolutamente non rispettati nella centrale pavese.

A livello di dimensioni della vicenda, secondo la ricostruzione accusatoria, per ogni milione di euro di energia venduta, Biolevano arrivava a percepire dal GSE oltre 3 milioni di euro di contributi (il massimo degli incentivi possibili), grazie all’accordo siglato nel 2012 con il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali con cui la società si era impegnata a utilizzare esclusivamente legname tracciato, certificato e proveniente da zone limitrofe all’impianto, entro il limite massimo dei 70 chilometri. Invece, attraverso una fitta rete di complicità, ed utilizzando bolle e documenti falsi, il legname veniva acquistato ovunque, in Italia e all’estero, ma sempre al minor prezzo possibile.

Redazione

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