Grandi disastri ambientali: dopo il petrolio anche il gas ha il suo, con Los Angeles sotto tiro da settimane

Sono passati quasi sei anni da quando, il 20 aprile 2010, durante le fasi finali di realizzazione di un pozzo nelle acque profonde del Golfo del Messico sulla piattaforma “Deep Water Horizon”, fu dato origine ad uno dei più grandi disastri ambientali indotti dalla estrazione petrolifera con un grande incendio e l’innesco di una gigantesca fuoriuscita di idrocarburi dal fondale marino, che ha determinato gravissime conseguenze ambientali nell’intero Golfo del Messico e particolarmente per le coste della Louisiana


Proprio in questi giorni, per non essere da meno, un combustibile fossile considerato “cerniera” per consentire la transizione definitiva verso un modello energetico completamente de carbonizzato, sta registrando anche il suo grandissimo disastro ambientale di bibliche dimensioni. Si tratta infatti della colossale fuga di metano in corso in California che potrebbe trasformarsi in un disastro ambientale secondo solo proprio alla marea del 2010 nel Golfo del Messico.

Si tratta della più grande fuga di metano mai conosciuta, dal momento che, da oltre due mesi, il quartiere di Porter Ranch, situato ad appena 40 chilometri a nord del centro di Los Angeles, è investito da 30.000 chilogrammi ogni ora di gas naturale che scaturisce dal terreno, determinato da una falla nell’impianto di stoccaggio del fornitore, la Southern California Gas Company (SoCalGas). Adesso la grande nube tossica sta compromettendo seriamente la qualità dell’aria in tutta la grande città californiana e con essa la salute di milioni di cittadini statunitensi, con le abitazioni più vicine distanti appena un chilometro e mezzo dalla fonte delle emissione. Sono già migliaia i residenti evacuati in questi mesi, con ancora oggi a distanza di due mesi, scienziati e ingegneri che non riescono a trovare il modo per contenere il gas in fuoriuscita. Ma quello che è ancora più sorprendente è che non è ancora chiara la causa della fuga di metano dal sottosuolo, con l’ipotesi più accreditata che parla della rottura di una condotta di una ventina di centimetri di diametro ad una profondità di circa 150 metri.

Sono poche nel mondo le strutture artificiali capaci di contenere un quantitativo di gas quanto quello del deposito naturale nelle montagne di Santa Susana che è uno dei più grandi del Paese, utilizzato dal 1954, con un volume di circa 4 chilometri cubi e situato a una profondità di 2,6 chilometri. Infatti il metano proveniente da altri Stati e dal Canada, viene stoccato nel serbatoio di Porter Ranch, per essere successivamente distribuito a 22 milioni di persone nel bacino di Los Angeles. A detta degli esperti, saranno necessari ancora dei mesi per arrestare la grande emorragia di gas dopo il fallimento dei primi 7 tentativi. Nel team di esperti, tra i quali figurano anche alcuni tecnici che hanno lavorato al disastro ambientale della BP, si prospetta l’ipotesi di trivellare a 500 metri di distanza dallo stesso serbatoio del gas, per evitare che le operazioni inneschino esplosioni. Realizzato il nuovo foro verrà successivamente iniettato un cocktail fangoso a 2,6 km di profondità, sulla superficie del deposito dal quale attinge la condotta.

fuga

Davvero significativi i disagi per le popolazioni limitrofe al sito che accusano forti mal di testa e problemi respiratori determinati da inquinanti immessi in atmosfera, tra i quali il pericolosissimo benzene. Si tratta di una autentica bomba oltre che legata all’inquinamento atmosferico locale, anche per i risvolti climatici, dal momento che il metano che costituisce quasi per intero il gas naturale fuoriuscito, presenta un potere climalterante di alcune decine di volte superiore a quello della CO2 (vedi post “Quel gas in fuga che fa tanto male al clima“).

Più precisamente infatti il metano è fino a 86 volte più più efficace della CO2 nel trattenere il calore in atmosfera entro i primi 20 anni dal rilascio (link approfondimento). Più precisamente gli 1,7 milioni di metri cubi al giorno che la falla californiana libera ogni giorno in atmosfera determina nel breve termine, secondo l’Environmental Defense Fund valgono, l’equivalente delle emissioni di 8 o 9 centrali a carbone (link approfondimento). Un particolare inquietante secondo gli esperti del gruppo di studio sul disastro californiano è che questi Incidenti non potranno che ripetersi, dal momento che gran parte delle condutture in cui passa il metano hanno una obsolescenza di almeno cinquanta anni. Sicuramente un monito in più per vedere il gas come elemento di supporto alla migrazione di sotto altre forme decisamente più rinnovabili come il grande potenziale del biometano (vedi post “Biometano: italiano, versatile, pulito, efficiente ed ancora tutto da scoprire”) e sopratutto in forme architetturali anche diverse e più distribuite come quelle che stanno nascendo intorno al GNL (Gas Naturale Liquefatto) sia per applicazioni nella mobilità che stazionarie nei settori civile, terziario ed industriale (vedi post “Mobilità sostenibile in Europa: ecco la “clean fuel strategy” con l’opzione GNL)

A seguire un servizio di una emittente televisiva californiana sul grande disastro al sito di stoccaggio e distribuzione del gas naturale di Porter Ranch.

Ed un video suggestivo quanto inquietante, con immagini delle emissioni all’infrarosso sul disastro ambientale californiano

Sauro Secci

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