Golfo di Follonica: recuperate tutte le ecoballe

A fronte del completamento delle azioni di recupero delle ecoballe disperse in mare nel Golfo di Follonica, di cui dà conto di seguito un articolo del portale SNPAmbiente, riportiamo una premessa del nostro Marco Benedetti.

Dopo 5 anni dalla loro dispersione in mare sono terminate le operazioni per la rimozione delle balle di combustibile solido secondario, disperse, nel 2015 dalla motonave Ivy, nei fondali del Golfo di Follonica. L’intervento, iniziato il 6 agosto, ha permesso il recupero di 15 ecoballe dai fondali, che insieme alle 17 spiaggiate o recuperate incidentalmente da pescatori nel corso degli anni, porta il totale a 32 balle di combustibile recuperate dal mare.

Ma andiamo con ordine.

Il 23 luglio 2015 la nave cargo Ivy1 – oggi bandiera panamense ma l’armatore è turco e il proprietario della nave, la società Wakes & Co e IVY Shipping Ltd – salpa da Piombino diretta a Varna, in Bulgaria, con un carico di 1.888 balle di rifiuti di plastica da incenerire. Ma dopo un’ora dalla partenza il comandante dà ordine di sversare in mare parte del carico pari a 56 balle, colpa un’avaria. La nave arriva a destinazione il 2 agosto e, procedendo allo scarico, ci si rende conto che mancano le ecoballe finite nelle acque protette del Santuario dei Cetacei. Ma nessuno ne sapeva nulla, tanto che solo il 31 luglio 2015 si viene a conoscenza del problema, quando una balla finisce accidentalmente nelle reti di un peschereccio nel golfo di Follonica. “Oggi, secondo l’accurata inchiesta di Greenpeace sono “oltre 45 le tonnellate di rifiuti in plastica si trovano in mare con gravissime ripercussioni sull’ecosistema marino”, scrive lifegate in un suo report.

Quello che è incredibile è che il capitano di una nave (che di suo non è comunque un bruscolino invisibile dai radar) si sia permesso di buttare a mare dei rifiuti ,all’interno di un parco marino, bene comune e che non risulta da nessuna parte inquisito il capitano per disastro ambientale, con i costi di recupero che al momento sono a carico dello Stato cioè di tutti i cittadini italiani ma che saranno addebitate alla società armatrice. Ma i costi non coprono il concetto di disastro ambientale comunque.I danni gravi infatti non sono solo all’ecosistema ma al sistema di valori etici che tiene in piedi il concetto di democrazia, di patrimonio comune  di valori e che viene da più di 2000 anni di evoluzione della Storia Umana a partire da quella del pensiero, con  Platone e Aristotele e che guarda caso coincide con quello inscindibile del rapporto Uomo-Natura di cui altri sapiens hanno ritenuto fosse invece una proprietà privata con i risultati che sappiamo. In genere questi occultamenti di rifiuti pericoli li fa la peggiore malavita perchè non si cura neppure dei propri simili.

Il principio del problema è comunque un altro: perchè dei rifiuti prodotti dall’economia del consumo di cui una parte non sono serviti a niente dal momento che si spreca così tanto cibo (ndr: 88 miliardi di kg ogni anno solo nella EU) che stava in quegli imballaggi plastici e pertanto se ne poteva fare a meno di produrli e usarli, debba farsi un viaggio di 1000 miglia dall’Italia alla Romania, ben pagato dai contribuenti?  Oltre al danno anche la beffa: oltretutto per produrre energia a basso costo in codesto Paese senza un tornaconto agli italiani spreconi. Come è possibile che questa operazione convenga economicamente? E soprattutto abbia un valore educativo, soprattutto per le giovani generazioni?  Perchè non esistono abbastanza termovalorizzatori in Italia, patria della tecnologia nella gestione dei rifiuti ? O solo perchè combattere con soluzioni tecnologiche  la sindrome Nimby (non nel mio giardino) politicamente non fa presa elettorale? O forse il problema è ancora più semplice: inefficienza e corruzione? Il capitano della nave evidentemente ne era stato informato.

Sono terminate le operazioni per la rimozione delle balle di combustibile solido secondario, disperse, nel 2015 dalla motonave Ivy, nei fondali del Golfo di Follonica. L’intervento, iniziato il 6 agosto, ha permesso il recupero di 15 ecoballe dai fondali, che insieme alle 17 spiaggiate o recuperate incidentalmente da pescatori nel corso degli anni, porta il totale a 32 balle di combustibile recuperate dal mare.

Il Comitato di Indirizzo, convocato il 7 dicembre dal Capo del Dipartimento della protezione civile, Angelo Borrelli, coordinatore degli interventi, ha preso atto delle attività finora effettuate e a fronte della mappatura di un’area di 295 km² dei fondali, in cui non sono stati rilevate ulteriori ecoballe, e che quindi ragionevolmente ne esclude la presenza nelle acque del Golfo di Follonica, ha deciso di chiudere la gestione della fase emergenziale e di attivare le attività relative alla  rendicontazione delle operazioni.

L’intervento di bonifica, ha visto, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza deliberata lo scorso 22 luglio dal Consiglio dei Ministri, l’impegno delle componenti e delle strutture del Servizio nazionale della protezione civile, nonché, in qualità di soggetti attuatori, del Ministero della Difesa – Marina Militare, dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale, della Regione Toscana e dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale (ISPRA).

La prima fase delle attività, dal 6 al 26 agosto scorso, ha visto la Marina Militare impegnata, assetti navali del Comando delle forze di contromisure e mine (MARICODRAG) e del Comando subacquei e incursori (COMSUBIN), sotto il controllo operativo del Comando in Capo della Squadra Navale (CINCNAV), nelle fasi di ricerca, localizzazione, identificazione e recupero e hanno portato al ripescaggio di 12 ecoballe, oltre all’individuazione, sui fondali ad est dell’isola di Cerboli, di un’ulteriore ecoballa su cui i palombari del Gruppo Operativo Subacquei (GOS) hanno effettuato diverse immersioni, nel tentativo di disancorarla dal materiale fangoso che parzialmente l’avvolgeva e ne impediva il sollevamento.

La seconda fase operativa, dal 18 al 30 settembre scorso, è stato l’inizio della campagna per la mappatura dei fondali del Golfo, – tramite prospezioni geofisiche con ecoscandaglio multifasce – con l’obiettivo di verificare l’eventuale presenza di ulteriori balle di combustibile solido secondario. Operazioni condotte con l’ausilio di due imbarcazioni messe a disposizione da Ispra, nave Astrea e nave Lighea, che hanno ospitato a bordo, oltre al personale dell’Istituto, ricercatori e tecnici del Cnr – con compiti di analisi ed elaborazione dei dati rilevati – e di Arpa Toscana, con il supporto dei sommozzatori della Guardia Costiera per la verifica dei target individuati.

La terza fase, iniziata il 17 ottobre, ha visto nuovamente l’impegno degli assetti della Marina Militare, sia per le attività di recupero di ulteriori 3 ecoballe, sia per coadiuvare la campagna di mappatura dei fondali parallelamente al personale dell’Ispra, del Cnr e di Arpa Toscana, campagna conclusa anche con il supporto di una nave e di personale messo a disposizione da Arpa Sicilia.

Alla fine delle attività operative nel Golfo di Follonica, dai 7 km² delle prime aree iniziali di investigazione, è stata esaminata una superficie marina pari a 295 km² e recuperate circa 19 tonnellate di rifiuti, già avviate allo smaltimento.

Nella gestione dell’intero intervento il Capo del Dipartimento si è avvalso del supporto costante del Comitato di indirizzo, con compiti di convalida delle attività e degli interventi necessari per il superamento dell’emergenza. Il Comitato è composto dall’Ammiraglio Ispettore (CP) Aurelio Caligiore, da un rappresentante del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri e da un rappresentante del Ministero della Difesa – Marina Militare, del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Comando Generale delle Capitanerie di Porto, dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale, della Regione Toscana, del Comune di Follonica, del Comune di Piombino, dell’Azienda Sanitaria territorialmente competente, dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale (ISPRA) e dell’Agenzia regionale per la Protezione ambientale della Toscana (ARPAT).

Link articolo originale SNPAmbiente

Redazione

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