Fotovoltaico organico ed economia circolare: la fecondità delle vinacce Made in Italy

Il Fotovoltaico, la forma più distribuita e scalabile di energia rinnovabile, pur nella sua giovane evoluzione, vanta già ben tre diverse generazioni tecnologiche. Oltre alle due consolidate e diffuse (quella basata su metalli come il silicio e quella “a film sottile”, basata su altri metalli come gallio, indio, cadmio, etc) negli ultimi anni si è proposta la generazione del fotovoltaico organico nelle sue varie forme, tutte legate in qualche modo a sostanze organiche. Una in particolare, la DSSC (Dye-Sensitized Solar Cells), ispirata alla fotosintesi clorofilliana e quindi proiettata pienamente nei nuovi scenari di economia circolare, può valorizzare sottoprodotti del settore agricolo (immagine di copertina: fonte UniVe- Ca’Foscari).

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Vorrei infatti parlare oggi del varo di un progetto di ricerca biennale sullo sviluppo di nuove celle fotovoltaiche organiche da rifiuti di una delle filiere simbolo del Made in Italy nel mondo, come quella vitivinicola, le cui vinacce daranno vita alle nuove celle fotovoltaiche organiche italiane. Le nuove celle fotovoltaiche DSSC, saranno realizzate a partire dai coloranti estratti direttamente dagli scarti dell’uva, in particolare la feccia o buccia dell’uva, lo scarto di produzione e chiarificazione del vino. Una innovazione questa presentata lo scorso anno in occasione di Vinitaly. E’ stato infatti già realizzato il primo prototipo, nell’ambito del progetto CHEERS, condotto dall’Università di Venezia Ca’ Foscari, in collaborazione con le Università degli Studi di Udine e di Malaga e la Fondazione Università Ca’ Foscari Venezia, insieme all’azienda Serena Wines 1881. Adesso che la società ha acquisito la piena titolarità del brevetto e in virtù dell’accordo di collaborazione in questi giorni con l’ateneo veneziano, l’invenzione potrà passare dalla fase di prototipazione alle fasi propedeutiche alla produzione e alla commercializzazione.

Il gruppo di lavoro si è concentrato sulla realizzazione di una cella di tipologia dye-sensitized solar cell (DSSC), nota anche come  Cella di Gratzel, dal nome del suo inventore, e nella quale il materiale attivo è costituito da un colorante organico, un pigmento naturale estratto da ortaggi, fiori, frutti e in certi casi anche foglie. Si tratta di una cella il cui principio di funzionamento è quello della riproduzione di una fotosintesi artificiale, dove nanoparticelle di ossido di titanio rivestono il ruolo della struttura delle foglie, mentre la clorofilla è mimata da grandi molecole organiche colorate (i dyes) in grado di assorbire la luce. I nanocristalli di ossido di titanio sono ricoperti da molecole di colorante, immersi in una soluzione elettrolita, racchiusi poi in una specie di sandwich di 10 micrometri di spessore tra due piastre di vetro o plastica. La luce colpisce gli elettroni liberi del colorante e crea dei “buchi”, cioè delle regioni di carica positiva derivanti dalla perdita degli elettroni, che, raccolti dai nanocristalli di titanio ossido e trasferiti ad un circuito esterno producendo una corrente elettrica.

Come spiega la Professoressa di Chimica dei nanomateriali presso Ca’ Foscari e inventrice del brevetto Elisa Moretti, pur essendo ancora l’efficienza di questi dispositivi molto più bassa del fotovoltaico tradizionale basato sul silicio, offre comunque dei vantaggi, a partire dai bassi costi di produzione. Inoltre questo tipo di cella offre una valida ed importante alternativa sia nell’ambito delle metodologie costruttive eco-friendly, permettendo un riciclo a basso impatto ambientale, sia per l’efficienza di conversione energetica in caso di clima nuvoloso o illuminazione artificiale.

La coordinatrice dell’ateneo veneziano a poi ricordato comeL’energia che il sole continuerà a regalarci per miliardi di anni è un’eccezionale opportunità. La nostra ricerca […] è animata da grande passione, ma anche dalla consapevolezza del momento storico in cui una scoperta scientifica si concretizza: viviamo in un pianeta in affanno, stremato da un eccessivo sfruttamento.

Sauro Secci

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