Eolico biomimetico, prove generali sulle grandi turbine off shore
Dal grande eolico off shore stanno arrivando continui incrementi di potenza dei nuovi grandi aerogeneratori. E’ nel Nord Europa il loro ambito applicativo di riferimento anche per le condizioni anemologiche particolarmente vocate di quelle aree, arrivando proprio in queste settimane al record sul campo della Scozia, nelle cui acque sono state installate nuove megaturbine da 8,8 MW.
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Si tratta di un settore alla continua ricerca di progetti capaci di superare gli attuali limiti ampliando la capacità della tecnologia. In questa direzione si colloca la nuova turbina SUMR da 50 MW, un concept studiato da un team di ricerca allargato, costituito da un nutrito gruppo di università statunitensi. SUMR è l’acronimo di “Segmented Ultralight Morphing Rotor”, incentrato su di un rotore segmentato ultraleggero e trasformabile, costituito da pale realizzate con una serie di cilindri cavi, capaci di ripiegarsi verso il fuoco centrale, come un ombrello che si chiude, in caso di condizioni di meteorologiche estreme.
Si tratta di un’idea ispirata all’osservazione del comportamento delle palme durante una tempesta, con la struttura di queste piante che costituisce uno dei design migliori ispirati alla natura contro tempeste e uragani, con la nuova turbina in fase di studio che mutua il proprio rotore proprio da quella segmentazione del corpo tipica delle palme. Una configurazione, quella delle nuove pale, capace di piegarsi lungo la linea tracciata dalla direzione del vento, allineando il carico e potendo così ridurre le sollecitazioni di picco, pur mantenendo comunque la funzionalità di una parte rigida.
Nei piani del team di ricerca di SUMR la prova in campo dei primi prototipi delle nuove turbine entro la fine dell’estate 2018 presso il National Wind Technology Center del NREL di Boulder, in Colorado, quando inizieranno su scala ridotta i test con pale lunghe 21 metri e progettate per una turbina SUMR da 13,2 megawatt, con l’obiettivo di giungere alla realizzazione finale, costituita dalla realizzazione di un aerogeneratore da 50 MW di potenza, in grado di ridurre il costo livellato dell’energia eolica offshore (LCOE) fino al 50% entro il 2025.
Si tratta di un progetto avviato nel novembre 2015, da un gruppo di ricerca guidato dall’Università della Virginia con il contributo delle Università dell’Illinois e del Colorado, della Colorado School of Mines e del National Renewable Energy Laboratory (NREL). Ad integrare l’attività di ricerca, il team ha incontri periodici con un comitato consultivo del settore industriale che comprende nomi di grandi costruttori di aerogeneratori come GE, Siemens e Vestas.
A seguire un breve filmato di alcuni anni fa /riferito ad un prototipo da 10 MW), che simula l’operatività della nuova turbina ai vari regimi di vento.
Sauro Secci