Ecofuturo 2016: economia circolare sugli scudi con il “Museo della Merda”

Ad appena un mese dalla conclusione della ricca edizione di Ecofuturo 2016, avente quest’anno come tema centrale l’economia circolare ed il ruolo di una nuova agricoltura, capace di riscoprire antiche pratiche colturali attraverso le nuove tecnologie, potendo fornire così un sostanziale contributo alla lotta ai cambiamenti climatici attraverso il bilancio della CO2, iniziamo oggi una serie di approfondimenti legati alle tante testimonianze di virtuosità ambientali.


Vogliamo iniziare con la testimonianza aziendale legata ad un illuminato imprenditore agricolo allevatore lombardo come Gianantonio Locatelli, il quale nel 2015, anno di EXPO, insieme ad un gruppo di sodali noti architetti, composto da Luca Cipelletti, Gaspare Luigi Marcone e Massimo Valsecchi, ha fondato un museo dal nome davvero emblematico come “Museo della Merda”. L’idea è stata concepita a Castelbosco, in provincia di Piacenza, nell’omonima azienda agricola dove la grande realtà agro-industriale condotta da Locatelli, produttrice di latte per il Grana Padano e composta da sette unità produttive, dove ogni giorno 2.500 bovini di razza selezionata producono oltre 300 quintali di latte ed oltre 1.000 quintali di sterco.

E’ stata proprio la grande quantità di deiezioni bovine a muovere Locatelli, il quale ha deciso di dare una grande svolta all’azienda, inserendovi una serie di progettualità ecologiche ed economiche dal grandissimo valore testimoniale e di grande prospettiva. Il primo passo è stato quello della installazione di un avanzato impianto biogas da 2 MW per la valorizzazione delle deiezioni, attraverso il sostanziale supporto del CIB (Consorzio Italiano Biogas) al quale l’azienda è aderente, che permette all’azienda la produzione di elettricità e calore per il riscaldamento di edifici uffici e processi produttivi dell’azienda con la temperatura sviluppata dai digestori, producendo nel contempo concime attraverso il digestato in uscita dal processo di digestione anaerobica.

Fonte: IES Biogas

L’interesse per l’arte contemporanea e l’attenzione verso l’ambiente di Locatelli hanno fatto si che l’Azienda Agricola Castelbosco diventasse un luogo dove tecnologia e natura hanno trovato il giusto equilibrio, inserendosi in un circolo virtuoso giungendo alla istituzione del Museo della Merda, punto di arrivo di un processo di musealizzazione dell’intera azienda che ha interessato anche tutte le nuove tecnologie impiantistiche: un autentico museo a cielo aperto il cui nome è stato fortemente voluto da Locatelli a rimarcare il concetto base di circolarità.
Una serie di progettualità sviluppate che sono valse l’attenzione di istituzioni internazionali impegnate nei fronti economici, ecologici e ambientali, raccogliendo numerosi premi e riconoscimenti che fanno oggi di Castelbosco un autentico punto di riferimento di economia circolare. Ma concentrandoci in questo caso proprio sull’idea base di Locatelli, evidenziando come in vent’anni di lavoro e di riflessioni intorno all’idea e alle pratiche della trasformazione, anche attraverso la sua attività di ricercatore di opere d’arte, lo stesso imprenditore ha chiamato progressivamente intorno a sé amici e artisti, avviando concettuale e di definizione del Museo della Merda. In questo modo artisti come David Tremlett e Anne e Patrick Poirier sono stati tra i primi invitati a intervenire nell’azienda di Castelbosco, con il primo che ha dipinto i digestori dell’impianto biogas installato, trasformandone la meccanica in segno e il secondo che ha incrociato botanica e allegoria in un’opera di land art evolutiva.

Da queste esperienze di base, e dal contributo crescente di artisti come Cipelletti, Marcone e Valsecchi, ha preso gradualmente forma l’idea di una nuova forma di musealità, che germinando dallo sterco avrebbe affrontato il tema della trasformazione. Una autentica agenzia per il cambiamento che gradualmente si è fatta strada, con attività divulgative e di ricerca, la produzione di oggetti d’uso quotidiano e la raccolta di manufatti e storie sugli escrementi nell’attualità e nella storia, capace finalmente di scardinare preconcetti e norme culturali.

La prima fase del progetto si è compiuta nell’Aprile 2015 con l’inaugurazione delle sale espositive del Museo, nelle stanze al pian terreno della sede dell’azienda, nel castello medievale di Castelbosco (foto seguente).

Qui sono raccolte, tra aggiornamenti continui e nuove commissioni, testimonianze di esperienze estetiche e scientifiche, umane e animali, attuali e passate, che della merda fanno materia utile e viva. Dallo scarabeo stercorario (simbolo del museo), considerato divino dagli egizi, all’utilizzo dello sterco nell’architettura, dalle antiche civiltà italiche all’Africa, passando per opere storico-letterarie come la Naturalis Historia di Plinio.

Fino alle ricerche scientifiche più attuali e alle opere d’arte che toccano l’uso e riuso di scarti e rifiuti. Un contemporaneo gabinetto di curiosità che trova il suo principio guida nella scienza e nell’arte della trasformazione. Il Museo della Merda come autentica “Ode alle feci” è stato immaginato inizialmente come produttore, non soltanto di idee e mostre, ma di oggetti e progetti. Alla base della sua specificità il fatto che non vi è trasformazione senza produzione. Emblematica in questo senso l’invenzione e registrazione, durante il suo primo anno di vita, del marchio della Merdacotta®. Un materiale la Merdacotta®, che sintetizza i principi di sostenibilità e trasmutazione alla base degli obiettivi scientifici del Museo. Un materiale composto principalmente dalla parte residua del digestato non utilizzato per la concimazione dei suoli in combinazione con una percentuale minoritaria di terracotta, con il quale sono stati plasmati tutti i primi prodotti a marchio Museo della Merda come vasi, portafiori, mattonelle, piatti, ciotole, brocche, tazze ed un simbolo assoluto come un vaso WC, oggetti che possono essere acquistati online sul sito inglese Wall Paper. Si tratta di forme semplici, sobrie e pulite, emblema della ruralità, con un disegno capace di azzerare ogni frivolezza e intenzionalità per rimettersi ad antichi principi, con il messaggio assoluto che la loro sostanza non è tanto nella forma, ma nella materia di cui sono fatti. Una serie di oggetti capaci di ridisegnare il ciclo della natura in una virtuosa circolarità, rivelandosi come elementi essenziali del vivere contemporaneo.

La linea di “prodotti primordiali” del Museo della Merda è stata presentata per la prima volta durante il Salone del Mobile 2016, in una mostra che è valsa agli ideatori Cipelletti e Locatelli, il primo premio del Milano Design Award 2016 con la seguente motivazione: “per il racconto di un processo di grande complessità e innovazione, capace di destabilizzare la percezione comune. Il percorso didattico scardina tutti gli stereotipi didascalici per proporre un’esperienza sensorialmente rilevante, che promuove una nuova visione della cultura del progetto”. Una realizzazione, quella di Locatelli che ha richiamato l’attenzione anche di prestigiose testate internazionali come il New York Times

A seguire l’intervista del nostro Simone Canova a Gianantonio Locatelli durante Ecofuturo 2016, nella quale Gianantonio ci spiega le sorgenti ispirative della sua idea progettuale nata intorno ad EXPO 2015 di Milano, basato sul cibo e ad una scena del grande film di Luis Bunuel “Il fantasma della libertà”, dove “gli invitati si sedevano per cagare insieme e mangiavano di nascosto” (vedi foto seguente). Una istituzione, il Museo della Merda che, come spiega il suo ideatore Locatelli, vuole rivalutare questo prodotto come materia, celebrando oltre che il grande valore filosofico della merda, anche il suo grande valore di materia livellatrice dell’umanità che si propone come la cosa più democratica al mondo.

A completare questo lungo post anche una gita al Museo della Merda del “Il Fatto Quotidiano”, con la vista dei visitatori.

E come non chiudere anche musicalmente un post come questo se non con il grande “Inno del corpo sciolto” di Roberto Benigni.

Sauro Secci

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