Cuba ci salverà? L’isola ha già due vaccini in fase avanzata e i brevetti sono pubblici

Sono passati 20 anni dalle straordinarie mobilitazioni contro la globalizzazione neoliberista di Napoli (Global Forum) e Genova (G8). Chi era in piazza rifiutava quel modello di globalizzazione perché metteva davanti a tutto il profitto a discapito dell’umanità, sia dal punto di vista ambientale, lavorativo che del diritto alla salute.

Vent’anni dopo ci ritroviamo nel mezzo di una pandemia mondiale e solo i vaccini sembrano poterci portare fuori da questo incubo, quelli che alcuni virologi accampati nelle dirette televisive hanno definito la nostra cavalleria. C’è un problema: questa cavalleria è brevettata e decide a chi distribuire il suo aiuto a seconda della migliore offerta. Le grandi multinazionali del farmaco, dopo aver usufruito di ingenti quantità di denaro pubblico per creare dei vaccini che potessero debellare il virus, decidono a chi vendere le dosi prodotte. Le responsabilità sono anche di chi ha firmato alcuni contratti e di chi ha creduto di poter scendere a patti con gente che ha dimostrato in più di un’occasione di avere pochissimi scrupoli. Inoltre la corsa ai vaccini non riguarda solo la nostra salute e la nobile causa di debellare una malattia nuova e complessa, ma nasconde una guerra geopolitica che è sotto gli occhi di tutti.

Astrazeneca è un vaccino a forte matrice inglese e Boris Johnson, campione della Brexit, ha puntato tutta la sua credibilità politica su una campagna vaccinale rapida e che porti fuori la Gran Bretagna dalla pandemia prima dei suoi vicini europei: una sorta di autarchia vaccinale. Lo Sputnik è l’arma della diplomazia russa sia per entrare ancora di più nell’economia del vecchio continente, ma anche per rinsaldare vecchie amicizie, ad esempio fornendo fiale ad Hamas nella striscia di Gaza. Si potrebbe continuare citando l’accordo tra Cina e Messico, il grande vicino degli Stati Uniti, per produrre e somministrare uno dei vaccini cinesi prodotti dalla Sinovac.

Possiamo permetterci di vaccinare l’intera Europa e lasciare senza coperture il resto del mondo?

Non dare la possibilità di produrre i vaccini ai paesi più poveri o chi non ha contribuito alla ricerca è un problema nodale sia dell’attuale situazione che dei possibili scenari futuri. Non lasciare libera la produzione oltre ad essere eticamente vergognoso perché si parla pur sempre di vite umane, è anche miope da parte di Europa e Stati Uniti, in quanto le varianti del virus sono sempre in agguato. Non riuscire a vaccinare l’Africa o l’Asia ci espone a continue mutazioni del Covid-19 dagli effetti che non  possiamo prevedere. Pochissime voci si sono alzate chiedendo di rendere pubblica la produzione dei vaccini e gratuita la loro distribuzione. Per ora esistono dosi per circa 1,5% della popolazione mondiale.

Oxfam ed Emergency denunciano che a febbraio del 2021 i paesi poveri non hanno praticamente fatto partire le campagne vaccinali. Ad esempio la Guinea ha potuto vaccinare, ad oggi, cinquantacinque persone. Per adesso l’Onu e la UE hanno solo chiacchierato di riserve di vaccini per i paesi più poveri, ma nei fatti hanno dimostrato una miopia e una mancanza di visione politica preoccupante proprio rispetto alla diffusione delle varianti che possono essere fermate solo attraverso una vaccinazione mondiale di massa.

Ci si può affidare alle multinazionali del farmaco?

La salute è un diritto individuale, ma è anche un bene comune. Sessantasette associazioni italiane hanno chiesto una moratoria sui brevetti che potrebbe essere già un piccolo passo in avanti, anche se il problema rimane lo strapotere delle multinazionali e il fallimento dell’idea stessa di Europa, come unione di stati che perseguivano l’estensione dei diritti in tutto il mondo.

Nel 1997 in Sudafrica si contavano circa centomila morti all’anno di aids e circa tre milioni di infettati. Il presidente Nelson Mandela promulgò il Medical Act che prevedeva l’esproprio dei brevetti per la produzione di farmaci generici salvavita contro l’HIV. L’industria farmaceutica si rivoltò contro di lui e soprattutto contro le migliaia e migliaia di persone che avrebbe continuare a vivere senza che loro ne traessero profitto. Trentanove case farmaceutiche intentarono una causa contro il governo sudafricano che dovette ritirare il provvedimento e giungere a un accordo al ribasso.

Cuba e i suoi cinque candidati vaccinali, nonostante l’embargo lungo sessant’anni.

Chi da anni non si fida del sistema economico vigente e delle sue promessa è l’isola di Cuba che in tempi record è riuscita a produrre cinque candidati vaccinali per il Covid-19. Due di loro il Soberana 2 e Abdala hanno iniziato la fase tre di sperimentazione. Il vaccino italiano Reithera è ancora in fase due. Non sono state poche le difficoltà per i ricercatori che lavorano a Cuba, non ultimo l’embargo che da anni colpisce l’isola e i suoi abitanti e che limita, ad esempio, l’utilizzo di macchinari e reagenti. È stato grazie agli accordi che gli istituti di ricerca cubani hanno stretto negli anni che si è riusciti ad arrivare a questo risultato. Il vaccino cubano è l’unico con il brevetto pubblico al 100%, è l’unico che non parteciperà alla guerra geopolitica in corso per assicurarsi i profitti del post pandemia.

In Italia è stata anche lanciata una campagna per aiutare la ricerca cubana nello sviluppo dei vari vaccini in sperimentazione, uno dei ricercatori che lavora con l’Istituto Finlay, l’istituto nazionale dei vaccini de L’Havana, è il palermitano Fabrizio Chiodo.

L’ambasciatore di Cuba in Italia, Josè Carlos Rodriguez Ruiz, ha dichiarato che la sua nazione è pronta a produrre circa cento milioni di dosi entro il 2021 che verranno distribuite in tutto il mondo. Cuba conta circa nove milioni di abitanti. Oltre al fatto che il vaccino cubano sarà interamente pubblico, che non avrà un brevetto per chi non potrà pagarlo, l’altra differenza che salta subito agli occhi e che i medici e ricercatori che lavorano a Cuba o che hanno stretto relazioni con il paese centroamericano si sono subito messi in moto per trovare una soluzione che potesse essere condivisa con il mondo senza pensare al profitto.

Il 18 marzo 2021 è apparso su Lancet un appello che chiede di liberare le licenze per i vaccini per uscire dalla crisi covid. I ricercatori sostengono che a fronte del finanziamento pubblico di circa quattro miliardi di dollari versati nelle casse delle case farmaceutiche, gli Stati non sono riusciti a condizionarne le politiche commerciali, e sarebbe ora di farlo. Si richiede  anche di bloccare i brevetti e costringere Big Pharma ha condividere le scoperte fatte rispetto al Covid-19. La mancanza di radicalità nelle scelte degli Stati rallenta il processo di guarigione del mondo e la lentezza in questi casi significa altri malati e altri morti.

Fonte articolo originale Peopleforplanet

Redazione

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