Cosa sono e da dove provengono le polveri sottili e ultrasottili: un approfondimento di Paolo Degli Antoni
Pubblichiamo con grande piacere una ampia riflessione sulle polveri sottili ed ultrasottili di Paolo Degli Antoni, Socio corrispondente dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali.
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Si definiscono polveri sottili le particelle sospese in aerosol atmosferico, che hanno dimensioni che variano da pochi nm a 100 µm. Con PM10 si distinguono quelle con diametro aerodinamico inferiore a 10 µm, capaci di penetrare nell’apparato respiratorio superiore, con PM2,5 quelle con diametro aerodinamico inferiore a 2,5µm, capaci di raggiungere l’apparato respiratorio inferiore.
Secondo la loro natura si differenziano polveri:
- minerali: vulcaniche o sollevate dal vento da terreni privi di copertura vegetale, compresi cantieri edili e stradali, e sali minerali nebulizzati nell’atmosfera dal mare o dalle sorgenti termali;
- biologiche: polline, spore e microbi;
- organiche non viventi: residui di combustioni o polverizzazione meccanica di sostanza organica.
Spesso le polveri sottili hanno composizione mista, per esempio quelle dei deserti sono minerali e microbiche, l’aerosol marino è minerale e biologico.
Tutti e tre i tipi possono rinvenirsi nell’aria in quantità notevoli in via episodica o cronica. Per esempio l’aerosol marino è abbondante durante le mareggiate, la polvere minerale durante le eruzioni vulcaniche e le tempeste di sabbia nei deserti, il polline durante la fioritura massale di piante entomofile come le graminacee, spessi fumi si sprigionano durante la combustione libera di materiale vegetale eterogeneo, come avviene negli incendi boschivi.
Le concentrazioni più elevate di polveri si registrano durante eruzioni vulcaniche esplosive; nei deserti con condizioni meteo avverse si raggiungono valori di qualche mg/m3, più comunemente si misurano in µg/ m3, per esempio 147 ad Arezzo il 28/03/2020 in occasione di un eccezionale trasporto dal deserto del KaraKum a opera del vento. L’UE stabilisce un limite di tolleranza sanitaria giornaliera per le PM10: 50 µg/ m3, da non superare più di 35 giorni l’anno, e una media annuale non superiore a 40 µg/ m3, mentre per le PM2,5 il limite riferimento è una media annuale di 25 µg/ m3.
Le attività umane contribuiscono in modo importante al contenuto di polveri nell’atmosfera:
- dai terreni agricoli privi di vegetazione il vento solleva polveri minerali comprensive di fertilizzanti chimici e residui di pesticidi;
- l’abbruciamento dei residui agricoli vegetali, di pezzatura, natura e umidità eterogenee genera grandi quantità di polveri organiche rese tossiche dal non perfettamente combusto;
- gli incendi boschivi generano vere e proprie nubi dall’elevatissimo contenuto di polveri organiche;
- la biodiversità marina risulta alterata, con l’invasione di specie esotiche, per esempio la Caulerpa taxifolia, dalle spore tossiche che le onde sulla battigia sollevano in aerosol;
- le combustioni dei motori termici e delle centrali termoelettriche emettono gas di scarico contenenti polveri molto tossiche, come idrocarburi aromatici policiclici;
- l’attrito di freni e pneumatici sull’asfalto genera polveri, che vengono risollevate dal passaggio dei veicoli;
- le produzioni industriali, compresa la termovalorizzazione dei rifiuti, disperdono polveri diverse;
- il riscaldamento degli edifici con biomasse e combustibili fossili genera polveri sottili organiche in quantità variabili secondo la tecnologia dei bruciatori, con valori massimi nel caso di camini e caldaie tradizionali a legna, minimi in caso d’uso di metano e propano in caldaie di recente fabbricazione.
La concentrazione delle polveri diminuisce con l’allontanarsi dalla fonte, ma è assai più dipendente dalle condizioni meteorologiche e climatiche. La pioggia lava l’aria e trascina la polvere al suolo, il vento convoglia la polvere in stretti tracciati determinati, diluendola altrove, l’inversione termica fa ricadere i fumi in prossimità del suolo, concentrandoli. Risultano dunque particolarmente sfavorite le località poste in conche intermontane e favorite quelle prossime alle coste battute da venti marini portatori di frequenti piogge. I crinali montuosi sono invece i più soggetti alle polveri geologiche.
Paolo Degli Antoni
Note biografiche dell’autore:
Socio corrispondente dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali, scrivo contributi scientifici di ecologia del paesaggio, biodiversità, storia, arte e antropologia del bosco. Mio oggetto privilegiato di ricerca è la rinaturalizzazione spontanea dei terreni abbandonati, in campagna e in città.