Comunità intraprendenti: partire dai luoghi per agire “su misura”

Un importante contributo di Jacopo Sforzi, ricercatore Euricse, uscito sull’inserto di Avvenire “Economia civile” del 16 giugno scorso. Jacopo Sforzi spiega come le comunità abbiano sviluppato esperienze di auto-organizzazione per soddisfare i propri bisogni collettivi. Per svilupparsi queste realtà necessitano però di interventi “personalizzati” e co-progettati a livello locale, ovvero di una politica realmente place-based.

La pandemia ha modificato la percezione dell’opinione pubblica sulle disuguaglianze territoriali in Italia, andando oltre i noti squilibri fra centri e periferie generati dai processi di sviluppo economico. Comunità territoriali economicamente dinamiche si sono rivelate impreparate a fronteggiare la pandemia per l’inadeguatezza del loro welfare locale. La pandemia ha così contributo alla riscoperta dei luoghi del nostro vivere quotidiano, ciascuno con le proprie diversità, carenze e opportunità. Questa nuova attenzione per i luoghi sta facendo emergere l’esistenza di numerose esperienze di auto-organizzazione
delle comunità che hanno attuato soluzioni innovative per soddisfare i propri bisogni collettivi
.

L’intraprendenza di una comunità non si esprime, infatti, soltanto attraverso le performance economiche delle sue imprese, ma anche per il modo in cui essa è capace di riconoscere le proprie necessità e di individuare le soluzioni più efficaci per soddisfarle. Queste “comunità intraprendenti” si configurano come forme organizzative innovative con riguardo ai modelli di gestione e alle modalità di partecipazione della società civile nella produzione e gestione di beni e servizi nell’interesse della comunità. Per risollevarsi dalla crisi generata dalla pandemia, l’autorganizzazione delle comunità da sola può però non essere sufficiente per quelle comunità che necessitano di un intervento esterno che le aiuti a sviluppare le competenze funzionali ad avviare i processi di cambiamento di cui hanno bisogno per migliorare la propria qualità di vita. È questo il compito delle politiche nazionali.

COMUNITÀ INTRAPRENDENTI
Alla ricerca di nuove pratiche di trasformazione sociale

La pandemia ha evidenziato anche la necessità di avviare un cambiamento radicale di prospettiva nel disegno delle politiche: partire dai luoghi per individuare i bisogni da soddisfare attraverso interventi su misura. In altre parole, evitare di calare dall’alto le politiche e offrire la possibilità alle comunità locali di interpretarle in funzione dei propri bisogni. Se il compito riconosciuto allo Stato è di definire gli obiettivi generali di politica economica, com’è il caso del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), alle comunità locali dovrebbe essere riconosciuta autonomia nella loro implementazione differenziata, poiché i luoghi non sono tutti uguali né dal punto di visto socio-economico né da quello politico-istituzionale.

Nella fase attuale di riavvio progressivo delle attività produttive, è lecito chiedersi se la lezione che i luoghi contano sia stata appresa. In particolare c’è da chiedersi come si pone rispetto a questa domanda il PNRR. Dalla prospettiva delle comunità intraprendenti, il PNRR sembra non aver superato la logica emergenziale degli interventi.

Da un lato, le misure previste nel PNRR non risultano innovative. Le attività da realizzare sono quelle che le comunità intraprendenti stanno, in gran parte, già realizzando. A titolo d’esempio si possono indicare le imprese di comunità, che stanno incrementando la competitività di diverse aree interne del Paese, rafforzando la loro attrattività e fruibilità turistica e culturale, garantendo infrastrutture sociali e servizi socio-sanitari di prossimità e nuove opportunità di lavoro; le CSA (agricoltura supportata dalle comunità) o gli empori solidali e di comunità impegnati nella costruzione di filiere di produzione e consumo agroalimentare più sostenibili e partecipate; le comunità energetiche, concentrate nell’autoproduzione, autoconsumo e scambio di energia rinnovabile.

Dall’altro, il PNRR non sembra né tenere conto della complessità e specificità dei vari luoghi né prevedere un coinvolgimento attivo degli attori che li abitano e che devono recepire e attuare le azioni previste. Si corre così il rischio di non generare i risultati attesi né tantomeno quel cambiamento socio-economico a cui molte comunità aspirano.

Per sviluppare un nuovo modo di fare politica realmente place-based sono necessari interventi “personalizzati” e co-progettati a livello locale. Per farlo le strade sono due. La prima è riconoscere e rafforzare le pratiche partecipative già esistenti, come i vari modelli di comunità intraprendenti che già operano negli ambiti previsti dal PNRR e che, grazie al loro modello di autogoverno democratico e inclusivo della comunità, garantiscono l’accesso ai beni e servizi prodotti a tutta la popolazione. La seconda è promuovere, attraverso strumenti di informazione, coinvolgimento e monitoraggio del PNRR, modelli partecipativi attraverso il potenziamento del ruolo del Terzo settore e degli strumenti di co-progettazione e co-programmazione per realizzare una vera amministrazione condivisa. Un’amministrazione della “cosa pubblica” fondata su cooperazione, mutualità e sussidiarietà circolare capace di guardare alle comunità nel loro insieme. Non può esserci, infatti, vero sviluppo economico senza un adeguato e parallelo sviluppo sociale, culturale e istituzionale orientato a ripensare il ruolo dell’amministrazione pubblica e a rafforzare quello della società civile nel suo complesso.

JACOPO SFORZI – EURICSE

Redazione

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