Chiuso per inquinamento: accade in una città cinese

E’ appena passato un semestre di primavera ed estate da quando avevo dato conto della apocalittica situazione venutasi a creare alla fine dell’inverno scorso nella capitale cinese Pechino, a causa del precipitare degli standards di qualità dell’aria che arrivano dalla Cina notizie ancora più inquietanti.


A chiudere infatti non è tanto un esercizio o una attività commerciale, per ferie o per qualche altro motivo, ma una intera città. Si tratta di Harbin, città della provincia dell’Heilongjiang, nel Nord Ovest della Cina, in prossimità del confine russo, che è stata chiusa per il troppo inquinamento. Una situazione decisamente molto grave, con visibilità ridotta ad appena dieci metri, con l’inquinamento che ha raggiunto livelli record, soprattutto per le famigerate polveri fini, di cui ho dato conto in questi giorni anche per la non certo rosea situazione italiana.

Anche in aree vicine alla citta cinese oltre che nelle grandi megalopoli molto distanti del gigante orientale come Pechino e Shangai. Secondo l’agenzia di stampa Nuova Cina, i livelli di inquinamento record, delle famigerate polveri finissime PM2,5, che riescono ad insinuarsi fino alle vie respiratorie più profonde (polmoni ed alveoli), hanno superato i 500 microgrammi per metro cubo, pari a 40 volte la soglia fissata dalla OMS (Organizzazione mondiale della Sanità) e sarebbero dovuti alla prima giornata di accensione dei riscaldamenti, che, nel grande Paese asiatico, funzionano ancora prevalentemente a carbone.

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Effetti davvero inquietanti, che mettono a nudo indiscutibilmente gli effetti di una crescita pesante basata sul carbonio nell’immane macchina cinese, lanciando moniti inequivocabili anche a noi occidentali. Infatti mezzo miliardo di cinesi comincia a sentire sulla propria pelle i primi effetti della crescita sconsiderata di un’economia di enormi dimensioni, fortemente “carbonizzata” e basata sulle fonti fossili addirittura della nostra prima rivoluzione industriale come il carbone, con pesantissime ripercussioni sulla vivibilità.

Rispolvero molto opportunamente un grande riferimento della psicologia moderna come la Piramide di Maslow (vedi figura sotto), secondo me sempre chiarificante, dove l’importanza dell’aria che respiriamo è una delle fondamenta essenziali per non far collassare la “piramide della nostra esistenza”, con pesantissime ripercussioni dal punto di vista della vita e delle abitudini quotidiane ma anche, come sostiene un recente studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, con una correlazione diretta tra l’inquinamento atmosferico da carbone e le drasticamente ridotte speranze di vita degli abitanti chem a causa dello smog, nell’area a nord del fiume Huai, vede gli abitanti registrare una vita in media anche di cinque anni di meno.

piramidemaslow

Agghiaccianti poi alcune testimonianze provenienti dalla città cinese come quella dell’utente del blog MaltzZz dalla provincia di Jilin che ha detto: “Eravamo tutti in ritardo per la lezione di oggi, perché non abbiamo trovato l’edificio scolastico”. Ovviamente oltre alla salute, in grande rischio anche la sicurezza, dal momento che sono molti gli automobilisti che non riuscendo a vedere il semaforo rosso hanno rischiato di provocare incidenti a catena. Davvero angosciante anche un’altra testimonianza telefonica di Wu Kai, 33 anni, una cittadina di Harbin, che ha detto: “Non riuscivo a vedere nulla al di fuori della finestra del mio appartamento, e ho pensato che stesse nevicando. Poi mi sono resa conto che non era neve.

Una serie di moniti di grandissima rilevanza, quelli che stanno arrivando ripetutamente dalla Cina, che credo debbano fara fare serie riflessioni a noi occidentali ed al nostro paese in particolare, dove le lobbies stanno ancora pesantemente ostacolando una decarbonizzazione dei modelli economici, oggi fattibile con ben altra efficacia rispetto a quella che anche il nostro paese ha messo in vetrina con una Strategia Energatica Nazionale (SEN), quantomeno discutibile.

Sauro Secci

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