Cambiamenti climatici: Un fatto che cambia le regole del gioco

di Franco Donatini

Aggiungiamo oggi una nuova tappa nel percorso di pubblicazione del quarto di una serie di articoli tratti da un libro “Più benessere meno Energia. Un futuro possibile“, scritto dall’ingegner Franco Donatini, caro amico di Ecquologia ed esperto di lungo corso del mondo dell’energia oltre che sopraffino scrittore (vedi scheda biografica in calce al post) affrontiamo oggi alcuni degli aspetti legati alla enorme complessità intorno ai cambiamenti climatici. Si tratta di un libro vincitore nel 2013 del primo premio per la sezione ecologia al XXXII Concorso Letterario Nazionale Franco Bargagna.

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Il problema delle temperature globali, uno dei più importanti e difficili di tutta la filosofia naturale, si compone di elementi alquanto diversi che dovrebbero essere considerati da un unico punto di vista generale

J .B. Fourier, 1827

Lo studio svolto dal MIT su commissione del Club di Roma indicava nell’esaurimento delle risorse del pianeta il pericolo principale per la sopravvivenza dell’umanità. Più recentemente l’attenzione degli scienziati si è focalizzata su un fatto che cambia profondamente le regole del gioco e che rappresenta ormai la vera sfida epocale. Si tratta dell’intensificazione del cosiddetto “effetto serra” legata all’incremento di emissioni di anidride carbonica (CO2).

L’effetto serra è la capacità da parte dell’atmosfera di trattenere parte del calore solare che raggiunge la terra. L’aria dell’atmosfera è ricca di gas, essenzialmente vapore acqueo, anidride carbonica e metano che sono trasparenti alla radiazione solare nello spettro del visibile, di frequenza più alta, mentre impediscono in parte il passaggio della radiazione riflessa dalla superficie terrestre di frequenza più bassa, nel campo dell’infrarosso.

Analizzando lo scambio termico tra il sole e la terra, il 55% dell’energia proveniente dal Sole viene immediatamente riflessa dalle nubi e dagli aerosol presenti nell’atmosfera, mentre il restante 45%  riesce a raggiungere la superficie terrestre e viene assorbita dai mari e dalle terre emerse. La terra riemette l’energia assorbita sotto forma di radiazioni infrarosse, di cui il 35% riesce a sfuggire dall’atmosfera, irradiandosi nello spazio, mentre il 65% viene trattenuto da essa che per questo motivo si scalda particolarmente negli strati più prossimi alla superficie terrestre.

Questo fenomeno è indispensabile alla vita sulla terra; senza di esso il nostro pianeta avrebbe una temperatura media di -18 °C rispetto a quella attuale di 15°C. Tuttavia anche piccole variazioni di intensità del fenomeno possono determinare notevoli rischi alla sopravvivenza dell’umanità. Variazioni di questo effetto causano modificazioni della temperatura , con un’influenza significativa sulla morfologia della superficie terrestre ed il conseguente impatto sulle speci viventi. Modificazioni climatiche e geomorfologiche furono la causa della grande estinzione di massa della vita sulla terra verificatasi nell’era paleozoica alla fine del Permiano circa 250 milioni di anni fa. Circa il 90% delle speci viventi presenti sulla terra scomparvero a seguito di questi fenomeni. All’inizio del Permiano la terra era  stretta da una morsa di ghiaccio, poi  verso la metà di questo periodo il clima cominciò a diventare più caldo provocando un progressivo inaridimento dei territori della Pangea, con conseguente riduzione delle possibilità di vita.

E’ presumibile che anche l’uomo, pur dotato di capacità di adattamento ben superiori non sarebbe potuto sopravvivere in queste condizioni. Le capacità di adattamento dell’uomo offrono una grande possibilità di sopravvivenza ma allo stesso tempo creano condizioni di maggiore vulnerabilità. L’adattamento all’ambiente infatti determina, secondo la teoria di Darwin, un’evoluzione dell’umanità verso l’acquisizione di caratteristiche di tipo biologico e sociale più resistenti, ma insieme sempre più sofisticate e complesse. E come è noto i sistemi complessi risultano più vulnerabili, in quanto ipersensibili anche a piccole modificazioni dell’ambiente in cui operano. Nei sistemi complessi caratterizzati da un comportamento fortemente non lineare anche azioni apparentemente ininfluenti possono essere amplificate a livello intrinseco fino a situazioni catastrofiche. Tutto questo per dire che noi siamo certamente più vulnerabili dei dinosauri.

Oggi la temperatura della terra sta crescendo e la spiegazione anche in questo caso risiede in un squilibrio dell’effetto serra, di leggera entità ma proprio per quanto detto sopra non meno pericoloso. I gas che determinano questo effetto sono quelli presenti nell’atmosfera  che assorbono la radiazione infrarossa.  Una maggiore concentrazione di questi causa un minor passaggio della radiazione solare riflessa dalla superficie terrestre e di conseguenza un aumento della temperatura.

I gas serra sono di origine naturale e antropica. Quelli di origine naturale sono il vapore acqueo, l’anidride carbonica, il metano, l’ossido nitrico e l’ozono. Il vapor acqueo di gran lunga preponderante deriva in larga misura dall’evaporazione dei mari. La sua concentrazione è abbastanza stabile in quanto legata a processi ciclici di evaporazione e condensazione anche se le variazioni di temperatura influenzano questi processi.  La CO2 a livello naturale deriva dalle emissioni dei vulcani e dagli incendi che interessano la flora terrestre, il metano dalla fermentazione anaerobica dei residui naturali.

A queste emissioni si aggiungono quelle di tipo antropogenico, derivanti cioè dalle attività umane Esse sono principalmente l’anidride carbonica, prodotta dalla combustione dei combustibili fossili e dei rifiuti organici e il metano derivante dalla decomposizione della materia organica nelle discariche e dalla normale attività biologica degli organismi superiori, in particolare dei quasi 2 miliardi di bovini presenti sulla terra.

A questi si aggiungono gas serra estremamente attivi non presenti normalmente in natura, ma generati da diversi processi industriali, come i fluoruri e i fluorocarburi. La pericolosità è diversa da un gas all’altro. In particolare il metano produce un effetto serra 21 volte maggiore dell’anidride carbonica, i fluorocarburi e i fluoruri addirittura migliaia di volte. Ad esempio l’esafluoruro di zolfo ha un effetto di circa 24 mila volte superiore all’anidride carbonica. Malgrado queste differenze, la CO2 è il gas che ha maggior impatto per l’enorme quantità in cui viene emesso rispetto agli altri.

Si deve tuttavia sottolineare che le emissioni antropogeniche sono di un ordine di grandezza inferiori rispetto a quelle naturali, ma questo non ci rende tranquilli. Infatti anche per l’anidride carbonica come per l’acqua esiste un ciclo di produzione e assorbimento, una sorta di equilibrio raggiunto dall’ambiente naturale che tende a stabilizzare la concentrazione atmosferica di questo gas. Le quantità che aggiungiamo progressivamente derivanti dalle nostre attività umane, seppur piccole, determinano una rottura di questo equilibrio e il suo spostamento verso concentrazioni più elevate. Esiste in natura un meccanismo di equilibrio tra la permanenza nell’atmosfera di questo gas e il suo assorbimento nelle acque marine. Seppur in maniera semplificata, la legge che descrive il fenomeno è quella di Henry per cui in condizioni stazionarie la concentrazione di una sostanza in fase liquida è proporzionale alla sua pressione parziale e quindi alla concentrazione in quella gassosa. Da qui si evince che per incrementare l’assorbimento nel mare della COoccorre che cresca la sua concentrazione nell’atmosfera che è proprio il fenomeno che ci desta preoccupazione. Inoltre in condizioni transitorie, determinate dal fatto che il raggiungimento dell’equilibrio di un sistema di notevole inerzia come la terra è notevolmente lento, la situazione si aggrava; infatti ad oggi si stima che meno della metà dell’anidride carbonica emessa venga assorbita dal mare e che la restante vada a incrementare la sua concentrazione nell’atmosfera.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, visto che l’attenzione a questo fenomeno si è avuta essenzialmente negli ultimi decenni, l’effetto serra non è una scoperta recente. Infatti, già nel 1827 il matematico J. B. Fourier affermava che il problema della temperatura terrestre, da lui considerato uno dei più importanti e difficili di tutta la filosofia naturale, dovesse essere affrontato da un unico punto di vista generale. Allo stesso Fourier si deve l’espressione ‛effetto serra’ , tuttavia  le prime stime concrete di tale fenomeno furono effettuate nel 1896 dal chimico svedese S. Arrhenius, il quale calcolò che se fosse raddoppiato il tenore in CO2 dell’atmosfera si sarebbe avuto un aumento globale della temperatura media di 5 °C, un risultato abbastanza vicino a quello di oggi. Nel suo libro World in the Making [10], pubblicato nel 1906, lo scienziato perveniva tuttavia a una conclusione ottimistica, affermando che questo aumento della temperatura avrebbe comportato un miglioramento del clima e raccolti più abbondanti.

Una conferma indiretta della correlazione tra concentrazione di CO2 e temperatura emerge dagli l’andamenti storici  riportati nella figura seguente.

Andamenti della temperatura media della terra e della concentrazione di CO2  negli ultimi venti millenni

Si nota che la temperatura è rimasta pressoché costante per l’intero millennio, salvo che nell’ultimo secolo, in cui ha subito una crescita di quasi un grado, in concomitanza di un intenso sfruttamento delle fonti fossili e di un conseguente elevato incremento di emissioni di anidride carbonica.

Gran parte del mondo scientifico è d’accordo nell’identificare nell’incremento di anidride carbonica la causa di questo abbastanza improvviso riscaldamento della terra, anche se una minima parte di scienziati non condivide questa posizione attribuendo il fenomeno a ciclicità termiche che hanno interessato il pianeta su scale temporali ben più elevate del millennio considerato.

Crescita di  utilizzo di combustibili fossili, di concentrazione di COe di temperatura media della terra negli ultimi decenni del secolo passato

Partendo dall’ipotesi che la maggioranza degli scienziati abbia ragione, cominciamo ad analizzare in maniera quantitativa il problema delle emissioni e ad estrapolare il potenziale effetto sulla temperatura media del pianeta.

La situazione è illustrata nella figura 7, che correla gli andamenti a livello  mondiale del consumo delle fonti energetiche primarie (per oltre l’80% fossili), della concentrazione di CO2 e della temperatura media della terra nelle ultime decine di anni. Il consumo partendo nel 1950 da un livello relativamente basso di circa 2 miliardi di tonnellate equivalenti di petrolio[1] arriva a 10 nel 2000 e a circa 12 nel 2010.  Se continuassimo su questa linea di tendenza, il consumo delle fonti primarie raggiungerebbe nel 2050 un valore doppio rispetto a quello di oggi e quasi quadruplo alla fine di questo secolo. La COnell’atmosfera oggi intorno a 400 parti per milione (ppm) diverrebbe 500 nel 2050 ed oltre 700 alla fine del secolo. Conseguentemente la temperatura aumenterebbe di 2 gradi al 2050 e di oltre 5 gradi al 2010 (figura 8).

[1] La tonnellata equivalente di petrolio è una unità di misura di energia che consente di equiparare al petrolio il consumo delle altre fonti. Essa corrisponde a 10 milioni di calorie, pari a un terzo del consumo energetico individuale in Italia

Previsioni dei consumi da fonti fossili, della concentrazione di CO e dell’aumento di temperatura nel corso di questo secolo

Questa condizione viene considerata dagli scienziati estremamente critica rispetto alla possibilità di sopravvivenza dell’uomo sulla terra. Da questo punto di vista si ritiene che il massimo incremento di temperatura tollerabile non possa superare i 2 °C entro il 2100.  Inoltre sulla base delle riserve fossili attualmente accertate questo trend di consumo potrebbe determinare un esaurimento delle fonti già nella seconda metà di questo secolo

Si tratta di valutazioni estrapolate sulla base degli andamenti storici  dal 1950 a oggi, e quindi affette da non trascurabili approssimazioni, che tuttavia mostrano la grande criticità energetica e ambientale di fronte a cui si trova l’umanità; criticità energetica per il prossimo potenziale esaurimento delle fonti, ma soprattutto ambientale per l’impossibilità con questi trend di rispettare il limite di 2 °C di incremento di temperatura media della terra ritenuto essenziale per la sopravvivenza umana.

Ci troviamo di fronte a una sfida epocale dove gli strumenti tradizionali basati sulla ricerca delle fonti di approvvigionamento mostrano la loro inadeguatezza, che richiede una svolta di campo, indispensabile e urgente da adottare quanto prima, comunque non oltre i primi due decenni di questo secolo.

Biblografia

10. World population to 2300 ST/ESA/SER.A/236. Department of Economic and Social Affairs. Population Division – United Nations. New York, 2004

Franco Donatini, ingegnere, esperto di energetica, ha lavorato in Enel come responsabile delle politiche di ricerca e sviluppo per le fonti rinnovabili.

E’ docente universitario di Energia Geotermica. È stato tra i fondatori del Master sulle Energie rinnovabili dell’Università di Pisa. È autore di oltre cento pubblicazioni scientifiche in ambito nazionale e internazionale nel campo delle tecnologie e dei sistemi energetici. È redattore della rivista «Locus», di ambiente e cultura del territorio.

Come esperto di fonti rinnovabili ha partecipato a trasmissioni televisive quali Linea Blu, Rai Utile ed «Evoluti per caso: sulle tracce di Darwin».

Autore di poesia e narrativa, ha pubblicato nel 2008 la raccolta di racconti In viaggio, con Patrizio Roversi, nel 2009 i testi narrativi Galileo, i giorni della cecità (prefazione di Carlo Rubbia) e Intorno a lei. Chagal, amore e arte, nel 2011 il libro storico Giuseppe Verdi e Teresa Stolz. Un legame oltre la musica, nel 2012 la biografia La vestale di Kandinsky e il romanzo Dov’è Charleroi.

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