Cambiamenti climatici: le disastrose conseguenze dello scioglimento dei ghiacci
Quando si parla di cambiamenti climatici vengono evocati gas climalteranti di grande notorietà come la CO2 e il metano, nel contesto del sestetto che fu normato nel 1997 con il Protocollo di Kyoto, ignorando la grande insidia che viene dallo scioglimento dei ghiacci e da un gas climalterante meno noto come il protossido di azoto, dall’enorme potere climalterante. (permafrost, esposto e in scongelamento vicino a Longyearbyen, Norvegia – Foto di John Shaw).
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Proprio il progressivo scioglimento del permafrost artico sta rilasciando in atmosfera una quantità di protossido d’azoto di ben 20 volte superiore alle previsioni. A lanciare questo allarme è una ricerca condotta dalla Harvard University, la quale, dopo che molti studi sulle emissioni climalteranti legate allo scioglimento del permafrost si erano sino ad oggi focalizzati su due dei principali gas serra, CO2 e metano, si è concentrata invece su questo poco conosciuto gas climalterante, dopo che anche l’ultimo report del 2010 dell’EPA (Agenzia americana per la protezione dell’ambiente) aveva considerato “trascurabili” le emissioni di protossido d’azoto connesse con tale fenomeno.
La nuova ricerca, pubblicata sulla rivista Atmospheric Chemistry and Physics (scaricabile in calce all’articolo), ha evidenziato come il permafrost presente in Alaska sta rilasciando attualmente quantità di protossido nettamente superiori alle previsioni, con il professor Jordan Wilkerson, dottorando e primo autore dello studio presso il laboratorio di Chimica atmosferica ad Harvard, che avverte che “Ulteriori piccoli incrementi di emissioni di protossido d’azoto potrebbero determinare gli stessi effetti sul cambiamento climatico di un enorme rilascio di CO2”.
Un gas difficilmente intercettabile il protossido d’azoto con la strumentazione normalmente utilizzata per le emissioni di gas serra, ma con potere climalterante e quindi con la capacità di trattenere il calore terrestre fino a 300 volte superiore all’anidride carbonica. A seguire una eloquente tabella elaborata a suo tempo da IPCC che illustra il potere climalterante dei principali gas serra su diverse scale temporali.
Uno studio, quello dei ricercatori statunitensi, che ha raccolto una serie dati a partire dal 2013 su quattro diversi gas serra come metano, anidride carbonica, vapore acqueo e protossido d’azoto, utilizzando un piccolo velivolo con volo a 50 metri dal suolo, con il quale sono stati sorvolati oltre 310 chilometri quadrati di territorio dell’Alaska, ricoperto dal permafrost. Il dato più sconcertante durante la campagna è stato scoprire che in appena un mese, la quantità di protossido d’azoto raccolta dal laboratorio mobile ha superato la quota stimata dal report dell’EPA del 2010 relativa ad un anno intero.
Nel frattempo anche altri studi con rilevamenti effettuati questa volta con dati derivati da sensori fissi al suolo installati sul suolo della tundra e carotaggi di permafrost poi scaldati artificialmente in laboratorio, hanno confermato le ipotesi del team di ricerca guidato dal dottor Wilkerson.
Ma gli effetti dilanianti sul clima del protossido di azoto non finiscono qui, dal momento che, oltre ad essere un potente gas serra, questo gas, una volta raggiunta la stratosfera, viene convertito da luce e ossigeno in uno dei principali gas causa del buco dell’ozono.
Lo stesso coordinatore del team di ricerca Wilkerson conclude con un interrogativo anche sulle evoluzioni del fenomeno rilevando come “Non abbiamo idea di quanto le emissioni di protossido possano aumentare nel futuro. Né sapevamo che fossero significative fino a quando non abbiamo osservato i risultati dello studio”.
Sauro Secci