Comunità Energetiche: spunti di riflessione sulla forma giuridica
Biogas, biometano e il grande potenziale inespresso del SUD: 8 mila posti di lavoro fissi entro il 2030
Tra le agrienergie, fondamentale tassello delle rinnovabili e del nuovo modello energetico distribuito, anche perché indissolubilmente legate a quel settore primario dell’agricoltura, fondamentale per la vita dell’uomo, il settore del biogas e, con il completamento del quadro regolatorio, anche del biometano, rappresenta indubbiamente un ambito fondamentale (vedi post “Biogas: non solo energia elettrica e termica ma un grande impulso alla riduzione dei fertilizzanti chimici“).

Un ambito fino ad oggi legato. Un settore che sino ad oggi ha visto unna Italia a due velocità, con una forte concentrazione di impianti al nord, e soprattutto nel distretto padano, dove forte è la concentrazione di medi e grandi allevamenti e bovini e suini e con la presenza di colture particolarmente indicate per la composizione delle matrici di partenza. Ciononostante il sud, dove ancora oggi questa tipologia di impianti è molto rarefatta, dispone di molte potenzialità, visto che molte matrici tipiche di quelle aree, come per esempio, pastazzo di agrumi, buccette di pomodoro, e residui dalla industria agroalimentare, potrebbero trovare una adeguata valorizzazione proprio nella produzione di biogas e biometano.

Produzione regionale italiana biogas al 31/12/2013 – Rapporto Statistico GSE 2013
A confermare le grandi potenzialità del mezzogiorno in questo ambito, una recente analisi realizzata dalla società di consulenza Althesys, evidenziando proprio la ricchezza di sottoprodotti agricoli ancora scarsamente sfruttati. I dati sono stati presentati in questi giorni in Sicilia, nel corso di un convegno organizzato dal Consorzio Italiano Biogas e Gassificazione presso il centro Radicepura di Giarre, in provincia di Catania.
Nella analisi Althesys vengono delineati due diversi scenari di sviluppo per il settore del biogas nel Meridione da qui al 2030. Il primo scenario, più conservativo, quantifica in 3,8 miliardi di euro i nuovi investimenti attratti dalla filiera meridionale del biogas, mentre il secondo, più espansivo, prevede un capitale di 5,6 miliardi di euro.
Sviluppare il grande potenziale ancora inespresso delle regioni meridionali porterebbe ad un aumento del PIL dello 0,3%, con ricadute economiche equivalenti di 18,4 miliardi di euro nell’ipotesi conservativa e di 27,4 miliardi di euro nello scenario più ottimistico.
Secondo il CIB (Consorzio Italiano Biogas), le imprese agro-industriali meridionali non devono lasciarsi sfuggire le nuove opportunità di sviluppo recentemente aperte dai nuovi meccanismi di incentivazione del biometano e del biocarburante avanzato prodotto dal biogas, attivati nel mese di agosto dal GSE. Una decisione che dovrebbe essere presto accompagnata dalla UE che dovrebbe dare il via libera all’immissione del biometano nella rete nazionale del gas, ampliando considerevolmente il campo di applicazione alle applicazioni stazionarie oltre che nell’ambito dei trasporti.
Uno sviluppo, quello della filiera del biogas, dalle grandi e positive ricadute occupazione nelle regioni meridionali, atavicamente afflitte dalla piaga della disoccupazione, con stime che parlano di 8 mila nuovi posti di lavoro generati entro il 2030, con il decollo del settore capace di garantire un posto fisso a personale altamente qualificato.
Grandi benefici avrebbero anche le casse dello Stato, le quali trarrebbero enormi vantaggi dalla filiera del biogas, con entrate fiscali stimate tra i 3,3 e i 5,5 miliardi di euro.
Altrettanto significativi poi i benefici ambientali, con una riduzione delle emissioni di C02 stimata in 79 milioni di tonnellate.
Significativo l’intervento del presidente CIB Piero Gattoni, il quale ha espresso la sua riconoscenza al Mipaaf per aver approvato una normativa sul biometano lungimirante e ambiziosa e per l’annuncio di nuovo programma di sviluppo destinato al Sud. Gattoni ha sottolineato che “grazie all’impegno del governo l’Italia può guardare con fiducia all’obiettivo di raggiungere entro il 2022 il target del 10% di consumo di biocarburanti, di cui il 2% avanzati, quelli cioè che non sottraggono terreno all’alimentare, come ad esempio il biometano”.
Un impulso importante che, grazie alla rotazione colturale, rende possibile che i terreniagricoli svolgano molteplici funzioni, sequestrando il carbonio e contenendo la desertificazione. Il bilancio di carbonio della filiera può chiudere così in negativo, avvicinando l’Italia agli obiettivi di riduzione delle emissioni previsti per il settore agricolo. Il modello virtuoso adottato dalla filiera italiana, noto come “Biogasdoneright”, “Biogas Fatto Bene”, è conosciuto e si va affermando in tutto il mondo. Infatti l’Italia è oggi il terzo produttore al mondo di biogas agricolo, preceduta solo da Germania e Cina.

Sauro Secci