Bilancio integrato: un grande strumento per la sostenibilità
Un grande esempio di gestione ambientale integrata e di gestione responsabile d’impresa quello del bilancio integrato, adottato da Romagna Acque, società consortile per la gestione del servizio idrico della Romagna e presentato in questi giorni.
Cerchiamo di capire meglio questo importante strumento di gestione lungimirante, attraverso una intervista fatta dal Gruppo Sara Cirone al Presidente di Romagna Acque, Tonino Bernabè.
Perché Romagna Acque ha scelto di redigere il Bilancio Integrato?
La nostra società non aveva un’obbligatorietà nella redazione del Bilancio Integrato, in quanto il decreto legislativo 254 del 30 dicembre 2016 prevede l’obbligatorietà della comunicazione delle informazioni di carattere non finanziario che sono quelle contenute nel Bilancio di sostenibilità, che era il documento che abbiamo redatto da 15 anni a questa parte. Redigere il Bilancio Integrato è diventata una scelta a carattere volontario per migliorare la comunicazione verso gli stakeholder e all’interno della società e per noi non rappresenta solo un’informazione di carattere annuale ma un documento interessante rispetto alle strategie a lungo termine circa i benefici e il valore che le nostre azioni producono per il territorio romagnolo. Per noi è un è una scelta molto importante, anche rispetto alle linee guida e agli indicatori dell’International Integrated Reporting framework: per noi è fondamentale il focus strategico riguardante l’orientamento al futuro, la connettività delle informazioni, la relazione con gli stakeholder, la materialità, la sinteticità, l’attendibilità, la completezza, la coerenza e la comparabilità.
Quali sono vantaggi che la redazione del Bilancio Integrato ha dato al vostro territorio di riferimento e alla vostra organizzazione?
Innanzitutto una maggior ottimizzazione. Noi siamo una società di diritto privato a totale capitale pubblico e rispondiamo ad un’autorità nazionale (ARERA) e ad un ente di gestione d’ambito regionale (ATERSIR). Questo ci pone obiettivi sempre più sfidanti anno per anno in termini di efficienza delle gestioni. Inoltre noi abbiamo piani di qualità e definiamo anche attraverso le nostre azioni come raggiungere gli obiettivi strategici di breve, medio, lungo periodo. Noi riteniamo che nella vita di un’organizzazione le informazioni sono tutto e la capacità di coordinarsi, di integrare tra loro le varie funzioni aziendali può portare all’ottenimento dei risultati con più efficacia e meno dispersione di energia. Questo porta anche a comunicare all’esterno perché emerge il valore che rappresenta la società per il territorio e per gli altri portatori di interesse, come ad esempio gli enti soci, i fornitori, i clienti. Sicuramente il Report Integrato è uno strumento in grado di far affiorare anche nei confronti dei cittadini il valore e la ricaduta che ha la nostra azione in termini di investimenti in infrastrutture, in termini di valore sociale, di valore ambientale, di valore economico-finanziario per il territorio, sia dal punto di vista della continuità del servizio idrico sia della qualità dell’acqua distribuita. Da questo documento emerge la nostra capacità di creare valore sociale nei territori in termini di attenzione a quelle popolazioni delle aree interne che storicamente sono svantaggiate rispetto a chi vive nelle aree urbane.
Altra questione che viene posta in luce attraverso il Report Integrato è la gestione del territorio, la prevenzione dei rischi legati al dissesto idrogeologico che oggi sono rischi sempre più intensi sia in termini di potenza che di frequenza e che creano danni enormi nel tempo: noi stiamo cercando di lavorare con i nostri Comuni soci, la Regione e le Istituzioni nazionali per adottare delle strategie per prevenire con efficacia questi rischi trasformando i rischi in opportunità. E questo è possibile attraverso la programmazione, grazie a questo strumento di analisi delle nostre azioni. Avere una buona pianificazione permette di ottenere nel più breve possibile quei risultati che vanno verso una migliore gestione anche del cambiamento climatico. A conti fatti, il Bilancio Integrato, sostiene il percorso che l’azienda intraprende nelle proprie strategie e dimostra i benefici anche per la salute delle persone e dell’ambiente e che ovviamente non possono essere raccontate solo in termini di comunicazione fine a sé stessa ma devono essere appunto misurati sul piano dei risultati perché l’azione sia efficace e perché l’organizzazione che crea questi benefici sia autorevole per il territorio.
Io credo che ragionare in questi termini sia doveroso per chi porta avanti delle attività, siano esse pubbliche o private, perché in ogni caso hanno una funzione sociale per il territorio perché possono creare ricchezza peggiorando la qualità della vita dei cittadini in termini di salute, sicurezza e impatto ambientale oppure possono tener conto di questi fattori che sono sempre più fattori funzionali al business perché oggi la qualità diventa un elemento di selezione delle organizzazioni e quindi le organizzazioni che si adattano a questo modo di fare economia sostenibile, sopravvivono nel tempo e durano, mentre le organizzazioni che invece resistono a questo cambiamento e difendendo produzioni che non sono più competitive o che sono impattanti sul piano dell’ambiente e della salute dei cittadini saranno destinate ad essere nel tempo rapidamente superate.
Cosa significa dunque per Romagna Acque essere attenti agli impatti sull’ambiente, sulle comunità e creare questo valore di lungo periodo?
Oltre il 50% del fabbisogno idrico romagnolo è soddisfatto da un’area protetta che è diventata anche patrimonio Unesco, la Faggeta Vetusta di Sasso Fratino. Per noi è un aspetto molto importante: questo crea valore perché la capacità della natura di rigenerarsi e di mantenere inalterata la propria funzione ecosistemica è legata al fatto che l’uomo che sfrutta una risorsa che gli mette a disposizione la natura lo deve fare col rispetto della gestione anche ambientale del territorio; questo e funzionale sia ad evitare che ci sia dell’ interrimento quindi il trasporto del solido da monte a valle con la conseguente riduzione della capacità della diga di trattenere acqua e dall’altro lato di mantenere un contesto ambientale salvaguardato. Questo ha creato poi anche dei benefici per il territorio perché ha permesso di creare un’attività di turismo ambientale, di educazione alla sostenibilità e ha permesso a molte famiglie del territorio di vivere questa infrastruttura dato che è perfettamente integrata con l’ambiente e ha portato dei benefici in termini di creazione di valore per il territorio. Questo noi cerchiamo di averlo come approccio per tutte le nostre attività. Anche il tema ad esempio della lotta al divario digitale è diventato un’opportunità proprio perché la società ha investito nella fibra ottica perché era strumentale al controllo da remoto di tutte le fonti di produzione e delle condotte di adduzione: grazie alla dorsale in fibra che abbiamo realizzato e che attraversa le nostre reti di adduzione è stato possibile interconnettere anche aree che altrimenti non avrebbero avuto la fibra e questo credo sia il modo di sposare in una visione integrata il territorio e le opportunità rispetto all’azione che la società svolge, tenendo conto degli interessi dei comuni serviti, che sono anche soci e naturalmente delle possibilità che si possono generare per i cittadini e per le imprese.
Il tema dell’acqua è poi un tema fondamentale dal punto di vista della posterità poiché la sua disponibilità nel tempo si può ridurre a causa del cambiamento climatico a cui però non fa da controcanto la riduzione dei consumi. Garantire acqua anche in condizioni di siccità diventa una condizione di competitività, una condizione che non può essere messa in dubbio. Questo si traduce in investimenti ambientali che permettono di aumentare la capacità di trattenere acqua ma in un’ottica di salvaguardia sia dell’ambiente che dell’economia, in particolare quella turistica.
Rispetto a questa vostra visione, secondo lei, cosa accadrebbe se le organizzazioni in Romagna e più in generale anche in Italia prendessero esempio da quello che state portando avanti voi? Che consiglio si sente di dare a coloro che si stanno avvicinando a questo modello di gestione e di rendicontazione?
Io penso che i 17 gol delle Nazioni Unite rappresentino degli indicatori a cui ciascuna organizzazione può tendere e adattando la propria capacità di organizzare il lavoro e la produzione di beni e servizi con quelle finalità si possa delineare una efficace strategia e un’organizzazione aziendale in un’ottica di redistribuzione della ricchezza e di creazione di valore oltre che di salvaguardia del pianeta e di tutela di tutte le specie viventi. Io penso che occorra partire da qui: da questi grandi obiettivi che le Nazioni Unite hanno dato e dall’enciclica di Papa Francesco, la Laudato sì, che rappresenta un punto di riferimento imprescindibile e parla non solamente alle coscienze religiose ma a tutti coloro che hanno un’attenzione verso questi temi. Io penso che chiunque possa rifletterci sopra, anche se non si ha una sensibilità ambientale, almeno per un’attenzione “egoistica” legata alla propria sopravvivenza e a quella delle generazioni future, visto che consumiamo più risorse di quante il pianeta sia in grado di riprodurne. Penso che l’unico modo per cambiare qualcosa sia quello di avere questa visione integrale di un ambientalismo che non è fine a sé stesso, solo attento alla tutela e alla conservazione dell’ambiente, ma di un ambiente che è vivo e in cui l’uomo deve operare con responsabilità e con coscienza e consapevolezza.
Io penso che questo sia l’approccio necessario, a maggior ragione quando a decidere è un’istituzione quindi qualcuno che è legato ai cittadini o un imprenditore che deve avere, oltre che una responsabilità verso i propri dipendenti e fornitori, anche una responsabilità sociale molto più marcata in quanto ogni organizzazione è figlia del territorio nella quale nasce e si sviluppa quindi non può semplicemente “sfruttare il territorio” ma deve restituire qualcosa al territorio che le ha permesso di crescere, di svilupparsi. Ecco io penso che se tutti arrivassero ragionare in questo, molto probabilmente anziché dire “not in my back yard” ognuno potrebbe fare la sua parte nel migliorare il giardino comune nel quale tutti viviamo.
Forse ci sono da vincere anche un po’ di resistenze culturali, non crede?
Questo è un tema molto vero. Se non tutti operiamo rispettando le stesse regole, se io devo garantire e applicare norme sulla sicurezza dei miei dipendenti o applico un’azione più marcata di rispetto dell’ambiente mentre un’altra azienda nel mio stesso ambito produttivo non rispetta le regole come le rispetto io, facendo del dumping, si crea concorrenza sleale perché io chiaramente avrò dei costi che l’altra azienda non ha. Se il cittadino guarda semplicemente al risparmio sull’acquisto del bene poi dietro a questo c’è del lavoro minorile o c’è dello sfruttamento in termini di sicurezza, di contratti di lavoro o di impatto ambientale negativo è chiaro che qualcosa non funziona. Servirebbe un sistema di tracciabilità internazionale che elimini questa situazione di disparità.
Ci sono, poi, anche delle resistenze culturali fatte da una percezione errata che si è consolidata negli anni. Bisogna far capire ai cittadini che la sostenibilità non significa rinunciare a un benessere ma significa consumare meglio, in maniera più consapevole. Per questo io non parlo mai di decrescita ma parlo di crescita sostenibile che è un concetto diverso e più sicuramente maturo. Occorre aumentare la consapevolezza delle persone, dei cittadini, degli imprenditori, degli amministratori ed è per questo che credo sia importante creare delle reti a livello locale e nazionale affinché chi opera culturalmente ed economicamente su questa frontiera si possa parlare, possa avere scambi rispetto alle buone pratiche e ai buoni esempi. È fondamentale che tutti gli uomini e le donne di buona volontà si ritrovino a parlare.