Anche per il fotovoltaico arriva la dimensione “bio”: verso pannelli ricchi di batteri
Arriva una nuova ricerca cinese di “biofotovoltaico” microbico, capace di funzionare stabilmente per ben 40 giorni e che si spinge oltre il fotovoltaico organico esistente (foto di copertina: articolo Rivista Nature).
{tweetme} #biofotovoltaico #bpv “Anche per il fotovoltaico arriva la dimensione “bio”: verso pannelli ricchi di batteri” {/tweetme}
Un passaggio importante per il fotovoltaico dalla dimensione inorganica a quella organica, con l’energia solare capace letteralmente di prendere vita. I ricercatori dell’Istituto di microbiologia dell’Accademia cinese delle scienze hanno realizzato un nuovo sistema di biofotovoltaico basato su batteri, che è riuscito a raggiungere performance interessanti in termini di rapporto tra densità di potenza e longevità del prodotto e di cui si parla in un articolo pubblicato dalla rivista Nature (vedi link in calce all’articolo).
Cercando di partire dalle origini di questo ambito di ricerca, Il biofotovoltaico (Bio-Photovoltaic – BPV) è una tecnologia emergente utilizzante materiali fotosintetici biologici, come cianobatteri o microalghe eucariotiche, per la conversione di energia solare in elettricità. In sostanza il BPV si propone con maggiore compatibilità ambientale e potenzialmente più economico rispetto al fotovoltaico tradizionale basato su semiconduttori come il silicio o altri materiali come cadmio, tellurio, etc.
Come sottolineano i ricercatori cinesi “i sistemi BPV possono potenzialmente funzionare in maniera continuata durante il giorno e la notte, poiché i composti organici accumulati durante le ore di sole attraverso la fotosintesi possono essere convertiti in elettricità in quelle notturne”.
L’ostacolo principale per la nuova tecnologia è rappresentato dalla bassa densità di potenza, determinata dalla scarsa capacità dei microrganismi fotosintetici di trasferire elettroni all’esterno delle celle solari. Per aggirare tale problema i ricercatori hanno creato un consorzio microbico fatto di due specie, manipolandole geneticamente per indurle alla collaborazione. Si tratta di una sinergia tra cianobatteri fotosintetici e batteri esoelettrogeni, con questi ultimi contraddistinti da una forte capacità di trasferire elettroni extracellulari (vedi schema immagine di copertina).
Nella fase di sperimentazione è stato impiegato l’acido lattico (D-lattato) come vettore energetico responsabile del trasferimento diretto di energia tra le due specie microbiche. In sostanza, all’interno del sistema batterico, i cianobatteri catturano l’energia solare fissando la CO2 per sintetizzare l’acido lattico, che a sua volta viene ossidato dalla Shewanella rilasciando elettroni, creando in questo modo un flusso di elettroni limitato dai fotoni al D-lattato.
In laboratorio il team di ricerca ha messo a punto una cella solare biologica miniaturizzata creando un anodo conduttivo in 3D e configurandolo con un sistema microfluidico permeabile al gas che ha reso possibile la produzione di elettricità per circa 20 giorni con un ciclo luce / buio, con i ricercatori che ritengono tuttavia che il loro biofotovoltaico possa funzionare stabilmente per oltre 40 giorni con una densità di potenza media di 135 mW/m.
Si tratta di uno studio che compie un considerevole passo in avanti in termini di efficienza e durata di vita del biofotovoltaico, creando i presupposti per un ulteriore miglioramento dei sistemi BPV.
Sauro Secci