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Africa megadiscarica del mondo: un progetto di cooperazione europeo coordinato dall’Italia per i RAEE
Parlando di problematiche ambientali mi capita troppo spesso di parlare dell’Africa come continente immolato sull’altare sacrificale dei modelli consumistici avanzati, sia in termini di estrazione spesso selvaggia ed indiscriminata delle materia prime, come per l’emblematico caso delle miniere di coltan in Congo
(il paese più falcidiato dalla guerra nel continente nero), minerale dal quale si estrae il tantalio, fondamentale per la costruzione di apparecchiature microelettroniche, ma anche, paradossalmente, come megadiscarica del mondo, con esportazione illegale di rifiuti dai paesi avanzati, molti dei quali proprio elettrici ed elettronici (RAEE), come per l’emblematico caso del sito ghanese di Agbogloshie
Ed è proprio su quest’ultimo fronte, legato allo smaltimento delle enormi quantità di rifiuti che si addensano in molte aree del continente africano, che è rivolto un nuovo progetto europeo, inserito nel nuovo programma comunitario Horizon 2020 denominato “Ewit” (E-waste implementation tootkit) ed ispirato anche ad uno dei punti della Convenzione di Basilea (link). Si tratta di un progetto di cooperazione tra Europa e Africa, del valore di oltre 1,6 milioni di euro, dedicato proprio alla gestione dei RAEE (Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) che verrà coordinato al ConsorzioReMedia (link sito), sistema collettivo italiano no-profit per la gestione eco-sostenibile dei Raee, pile, accumulatori esausti e moduli fotovoltaici.
Un nuovo progetto biennale Ewit, al quale partecipano 24 partner internazionali, appartenenti al mondo della ricerca accademica, delle istituzioni locali e dell’industria, iniziato a febbraio 2015, che si concluderà a fine gennaio 2017. Alla base del progetto il gemellaggio di quattro aree metropolitane europee con altrettante africane con l’obiettivo di condividere le best practices sviluppate dalle prime, finalizzate alla implementazione ed allo sviluppo di sistemi efficaci di gestione e di valorizzazione dei Raee nelle aree africane. Le aree europee prescelte, anche per avere sviluppato specifiche esperienze in questo specifico ambito, sono Firenze, Anversa, Oporto e Vienna, le quali porteranno la propria esperienza nella gestione dei rifiuti tecnologici nelle aree metropolitane africane di Choma (Zambia), Abidjan (Costa d’Avorio), Johannesburg (Sud Africa) e Kisii (Kenya).
Le best practices di matrice UE saranno raccolte in un portale attraverso il quale saranno mese a disposizione di enti territoriali e altri stakeholder potenzialmente interessati alla gestione dei RAEE in ambito rubano in contesti caratterizzati da un forte gradiente di crescita. Con la progressiva evoluzione del portale durante lo sviluppo temporale del progetto, destinato ad evolversi e arricchirsi di contenuti anche dopo la fine del progetto, Ewit punta ad offrire concreti benefici sia in termini ambientali che di tutela della salute dei lavoratori impiegati nel settore. Molto articolato il piano di lavoro che prevede diverse fasi:
- mappatura dei dati a disposizione;
- mappatura della capacità delle realtà africane coinvolte nella gestione dei rifiuti tecnologici;
- raccolta e analisi dei casi di eccellenza e di processi e strumenti in grado di generare valore;
- realizzazione del portale informativo a guida e supporto dell’implementazione di un sistema efficace e sostenibile di riciclo.
Obiettivo fondamentale del progetto, quello di aiutare i comuni africani sia a sviluppare dieci sistemi di gestione dei rifiuti elettronici sia a definire obiettivi di medio termine legati all’incremento delle opportunità di riciclo e capaci di determinare rilevanti benefici economici misurabili. Un aspetto importante quello del monitoraggio in ambiti territoriali nei quali il cambiamento degli stili di vita e di consumo della classe media sta facendo registrare un incremento della composizione e il flusso di rifiuti in un continente dove, secondo le previsioni, entro il 2020 la quantità di rifiuti tecnologici generati in Africaraggiungerà 4 milioni di tonnellate all’anno, contro i 2 milioni di tonnellate attuali (2kg/abitante).
Di queste, solo 200.000 tonnellate vengono correttamente gestite da un punto di vista ambientale, sanitario e del recupero di materie prime, vista proprio la grande piaga costituita dalle esportazioni illegali di RAEE in molti paesi africani, come per esempio nel martoriato sito-simbolo ghanese di Agbogloshie, di cui ho parlato in premessa. Obiettivo del nuovo progetto europeo coordinato da ReMedia, è quello di migliorare questo dato di almeno il 30%. Tenendo conto dei trend di crescita dell’e-waste nel continente africano, un tale obiettivo consentirebbe, in prospettiva, di portare la quantità di rifiuti tecnologici da avviare a un riciclo corretto a 1 milione di tonnellate, con un potenziale economico di almeno 300 milioni di euro. Facendo un esempio, la disponibilità di oltre 30.000 tonnellate di Raee all’anno potrà portare ad un recupero di materie prime seconde di 25.000 tonnellate da reinserire nel ciclo produttivo.
L’altro grande obiettivo di Ewit è anche quello di contrastare proprio l’export illegale di RAEE, riconvertendo i flussi provenienti dall’Europa in business legali. Studi recenti indicano nel 3-5% dei rifiuti tecnologici generati nel continente europeo che viene esportato illegalmente nel continente africano. Si tratta di 300.000 tonnellate che, quando ricondotte all’interno di un sistema di gestione ambientalmente e socialmente sostenibile, sarebbero in grado di generare almeno 1.500 nuove opportunità lavorative. Come tiene a sottolineare Danilo Bonato, direttore generale di ReMedia, “il progetto Ewit è stato scelto dalla Commissione Europea come iniziativa di eccellenza sulla gestione dei Raee e rappresenta un’importante opportunità per valorizzare l’esperienza sviluppata negli ultimi 10 anni nel nostro continente, adattandola alle necessità delle grandi aree metropolitane africane”, aggiungendo che “il Consorzio ReMedia è orgoglioso di coordinare questo progetto e di poter così testimoniare la capacità italiana di guidare un’iniziativa strategica di alto livello, che coinvolge stakeholder di primo piano, pubblici e privati, nei due continenti”.
Concludo con un video dal titolo molto eloquente “Sodom and Gomorrah – Digital Dumping Ground in Ghana”. Un video che documenta la situazione estrema della megadiscarica del sito ghanese di Agbogloshie, subborgo della capitale Accra, come emblema della problematica e della sfida che il nuovo progetto europeo si accinge per gradi a d affrontare diffondendo buone prassi e soluzioni.
Sauro Secci