Acque minerali, una risorsa pubblica: comuni, fatevi avanti!
La sentenza del Consiglio di Stato che ha riconosciuto la legittimità del canone di concessione imposto dal comune di Vicopisano nei confronti di “Acqua e terme” di Uliveto, deve dare ulteriore impulso ai comuni che hanno sul loro territorio un’azienda che preleva acque minerali dalle sorgenti, in modo che pretendano il dovuto.
Infatti, il Comune di Vicopisano non ha fatto altro che applicare la legge della Regione Toscana (L.38/2004) che prevede l’applicazione di un canone di concessione tra 0,50 e 2 euro per metro cubo di acqua imbottigliata. L’amministrazione ha stabilito la cifra in 1,70 euro a metro cubo scontabile del 40% in caso di imbottigliamento in vetro. Di fatto Uliveto, che nel 2012 ha imbottigliato 270mila metri cubi di acqua, deve dare al comune 459mila euro. L’azienda si è opposta, prima rivolgendosi al Tar (che ha respinto le sue istanze) e poi al Consiglio di Stato che nei giorni scorsi ha chiuso definitivamente il contenzioso dando ragione al comune che ha applicato in modo corretto la legge.
A fronte dell’impatto ambientale e sugli interessi pubblici delle comunità locali (come del resto ha riconosciuto la stessa sentenza del Consiglio di Stato), ci pare più che doveroso che le società delle acque minerali (168 in Italia suddivise per 304 marche di acqua in bottiglia), forniscano un contributo economico per un utilizzo privato di una risorsa pubblica, che i comuni possono impiegare sul territorio per mantenere servizi e far fronte alla spesa sociale, e in parte sopperire alle imposizioni del Patto di Stabilità e a trasferimenti statali sempre più ridotti. I dati del resto sono eloquenti: nel 2011 in Italia sono stati 12,3 i miliardi di litri imbottigliati di acqua minerale (consumo pro-capite di 188 litri), per un bilancio complessivo di affari per 2,25 miliardi di euro (dati dossier Legambiente-Altraeconomia). Quello che torna sul territorio agli enti locali, quindi è comunque irrisorio e a nostro avviso anche la legge della Regione Toscana come altre nel panorama nazionale, è piuttosto “blanda”, pur fornendo comunque un segnale importante che mette in evidenza come l’acqua vada pagata in base al prelievo e non solo secondo gli ettari concessi.
In Toscana sono attive 23 concessioni ma non si conoscono i volumi prelevati: è necessaria quindi maggiore trasparenza e che i comuni pretendano quanto loro dovuto. Sarebbe poi opportuno che le risorse ottenute venissero vincolate a investimenti sul territorio, riguardanti la tutela della risorsa idrica.
FONTE | Greenreport