Abitare pensando al clima: nuovi modelli per rilanciare l’edilizia
Nel percorso di rilancio di articoli tratti dalla rivista di Ecofuturo, Ecofuturo Magazine, il bimestrale delle innovazioni di Ecofuturo, proponiamo questa volta un interessante articolo di Giorgia Marino che affronta il tema di un pieno ripensamento dei modelli di rilancio del settore dell’edilizia, guidati dai temi dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili, apparso sul numero 3 di Ecofuturo Magazine, uscito prima che l’emergenza Covid-19 innescasse in Italia l’Ecobonus del 110%.
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Il settore delle costruzioni è il più grande consumatore di energia e di materie prime al mondo e anche il maggior produttore di rifiuti e di emissioni di CO2. Ripensare l’edilizia significa non solo ridurre le emissioni, ma anche adattarsi al clima che cambia. Fra dieci anni, secondo le stime dell’Onu, nel mondo ci saranno oltre 8,6 miliardi di persone e il 67% vivrà in città.
La domanda di cemento non fa che aumentare e solo negli ultimi vent’anni è cresciuta del 60%. Il settore edile, da solo, consuma più del 40% dell’energia primaria complessiva e il 40% delle materie prime utilizzate globalmente. E ancora, come si legge in un recente report del World Green Building Council, il 39% delle emissioni di CO2 globali provengono dall’ambiente costruito: in parte (il 28%) dalle attività di gestione di case ed edifici, come riscaldamento, raffreddamento e illuminazione; in parte – le cosiddette emissioni “incorporate” – da materiali e processi di costruzione.
I dati parlano chiaro: per guardare al futuro pensando al clima, oggi, non si può che cominciare dalle pareti di casa. E non solo per fare la nostra parte risparmiando risorse, ottimizzando i consumi, efficientando l’energia.
Abitare con il cambiamento climatico in testa, significa anche essere in grado di proteggersi da quelli che saranno, e sono già in molti casi, gli effetti ormai inevitabili del surriscaldamento globale: eventi meteorologici estremi sempre più frequenti, caldo intenso, incendi boschivi, piogge torrenziali e bombe d’acqua.
Le parole d’ordine, allora, sono tre:
- risparmiare energia, acqua e materiali, per tagliare le emissioni di gas climalteranti e ridurre gli impatti sul clima;
- ridisegnare gli edifici, le comunità, i processi di costruzione e i sistemi di gestione, così da renderli insieme più efficienti e più resilienti;
- riqualificare l’esistente, per non rubare altro suolo all’ambiente naturale e preservare gli ecosistemi, ma anche per conservare il valore storico-culturale del patrimonio architettonico e non sprecare il lavoro (e l’energia) già investiti per crearlo.
Isolare e ottimizzare per risparmiare
«Il settore delle costruzioni è il più grande consumatore di energia e di materie prime al mondo e anche il maggior produttore
di rifiuti e di emissioni di CO2. A differenza di tanti altri settori, però, in edilizia abbiamo a disposizione già oggi tutte le risposte per decarbonizzare il comparto in modo non solo efficace, ma anche economico». Così spiega a Ecofuturo Ulrich Santa, direttore dell’agenzia CasaClima, l’ente altoatesino per la certificazione energetica degli edifici.
In occasione di Klimahouse, la fiera internazionale sull’efficienza energetica in edilizia che ogni anno porta a Bolzano le avanguardie del settore, Santa riflette sui traguardi già raggiunti: «Una moderna CasaClima consuma solo il 10% dell’energia di un edificio medio esistente e copre buona parte del suo fabbisogno energetico da fonti rinnovabili». Impianti fotovoltaici, pavimenti radianti, caldaie a condensazione o stufe a pellet di ultima generazione, pulite ed efficienti, sono alcuni dei sistemi adottati per ridurre i consumi energetici per la climatizzazione della casa.
Il primo passo, però, è sempre un buon isolamento termico. Se si tratta di costruire da zero, il legno è oggi considerato uno dei materiali più performanti da questo punto di vista: con un buon progetto, riducendo le dispersioni termiche in inverno e il passaggio di calore in estate, si può arrivare a un risparmio del 60% di energia rispetto alle normali costruzioni in muratura.
Un sistema costruttivo come LinaHAUS, premiato come miglior prodotto emergente all’ultima edizione di Klimahouse, permette ad esempio di realizzare edifici in legno massiccio senza coibentazione o strati di rivestimento aggiuntivi, semplificando dunque la posa ed evitando l’utilizzo di materiali derivati dal petrolio.
Per chi, invece, la casa l’ha già (e non di legno) la soluzione è farle un cappotto. Quello esterno è in genere un intervento piuttosto costoso e che richiede l’allestimento di un vero e proprio cantiere, ma si stanno oggi diffondendo innovativi sistemi rapidi come il Rhinoceros Wall di Woodbeton: un esoscheletro multifunzionale che, applicato come un guscio sulle facciate degli edifici, permette di isolarli termicamente e nello stesso tempo renderli antisismici; il tutto senza far uscire i proprietari da casa e senza produrre macerie. Altra soluzione veloce e decisamente economica è l’applicazione di un “cappotto invisibile” attraverso l’insufflaggio di materiale isolante (ottenuto da carta da macero) nelle intercapedini dei muri: un’operazione che potrebbe riguardare dieci milioni di abitazioni in Italia, tutte quelle dotate di intercapedine, e che consentirebbe un miglioramento dell’efficienza energetica del 25%.
In campo di efficienza e taglio dei consumi vengono infine in aiuto anche le nuove tecnologie, con le varie applicazioni domestiche di Intelligenza Artificiale e Internet of Things. “Grazie all’IoT e alla crescente diffusione della domotica – spiega Ulrich Santa – diventa possibile ottimizzare consumi e livelli di comfort, collegandosi a servizi web per la previsione meteo o l’approvvigionamento energetico.
Così i nostri edifici diventano sempre più efficienti, confortevoli, funzionali e smart. Allo stesso tempo, però, tecnologie molto spinte tendono a introdurre un’ulteriore complessità e con questo un ulteriore probabilità di errore e necessità di manutenzione, che non vanno dimenticati”.
Progettare per la resilienza
Risparmio energetico e ottimizzazione dei consumi sono un mantra che è ormai entrato nella nostra quotidianità. Si pensa meno, invece, a come dovranno essere le abitazioni del prossimo futuro per proteggerci dagli effetti più vicini del cambiamento climatico. Nelle aree temperate, come l’Europa, il problema maggiore è, e sarà sempre più, l’aumento delle temperature nelle stagioni calde.
“Se da un lato diminuisce il fabbisogno d’energia per il riscaldamento invernale, aumentano dall’altra parte i giorni di discomfort a causa del surriscaldamento estivo. – osserva Ulrich Santa – La domanda energetica degli edifici si sposterà dunque verso il raffrescamento estivo, se non si sfruttano le possibilità di rendere l’edificio più resiliente attraverso l’impiego di soluzioni per il raffrescamento passivo”. Tra le soluzioni possibili c’è, ad esempio, la ventilazione meccanica controllata, che favorisce il ricambio d’aria e migliora anche la salubrità degli ambienti interni, al contrario dei classici ed energivori impianti per l’aria condizionata.
Fondamentali sono poi le schermature solari, i sistemi di ombreggiamento e, ancora meglio, le coperture a verde, i giardini pensili e i tetti vegetali, utili sia per la regimazione dell’acqua piovana che per il raffrescamento, interno ed esterno: la temperatura della soletta si può ridurre anche di 20 gradi, mentre nell’intorno si arriva ad abbassamenti di calore di 2 gradi.
Il verde urbano in generale andrebbe valorizzato proprio per combattere il fenomeno delle “isole di calore”, che diventerà sempre più intenso rendendo invivibili le città in estate. “In combinazione con altre misure, come il passaggio da colori scuri a colori chiari dell’asfalto e dei tetti e una riduzione del traffico convenzionale, si può arrivare a un abbassamento di temperatura di diversi gradi”, precisa Santa.
Recuperare l’esistente
Due metri quadrati al secondo: è il suolo consumato in Italia secondo l’ultimo rapporto Ispra. L’edilizia continua a mangiare terreno fertile, e questo nonostante la popolazione italiana diminuisca e ci siano su tutto il territorio nazionale ben 7 milioni di abitazioni vuote o abbandonate. Pensare al clima significa anche conservare il suolo, proteggere gli ecosistemi e non sprecare risorse: insomma, recuperare invece di costruire da zero. E già che si recupera, farlo bene, seguendo i criteri della sostenibilità e dell’efficienza. Principio che non vale solo per le case abbandonate, ma per tutti gli asset immobiliari vetusti, che consumano
come un colabrodo.
Thomas Miorin, presidente e fondatore di Rebuild, la piattaforma che raccoglie le avanguardie del settore delle costruzioni e ristrutturazioni in Italia, ha fatto i conti: “Il patrimonio edilizio italiano è il più vecchio al mondo dopo quello della Germania, con 17 milioni di unità immobiliari da riqualificare”.
C’è tanto lavoro da fare, eppure il mercato della deep renovation rimane ancora troppo ristretto: colpa dei costi degli interventi di riqualificazione, spesso proibitivi per le famiglie.
Ma se il mercato non si allarga, i costi non potranno scendere. A sbloccare l’impasse ci stanno provando, ad esempio, in Olanda con un’iniziativa “di cordata” di recente approdata anche in Italia attraverso Habitech. “Energiesprong – si legge sul sito – è un team di sviluppo no profit indipendente, incaricato dal governo nazionale olandese di sviluppare soluzioni per l’efficientamento energetico per gli edifici destinati al mercato immobiliare”. Non quindi una compagnia di costruzioni, ma un gruppo di esperti in varie materie che si occupa di negoziare condizioni collettive favorevoli per la riqualificazione delle abitazioni.
Il progetto più importante è al momento la conversione in case a consumo zero di oltre 100mila alloggi, che si realizzerà grazie a un accordo tra società di social housing e costruttori. L’idea è di replicare il sistema nel resto d’Europa e ad oggi il team è al lavoro per farlo in Inghilterra, Francia e Italia.
Giorgia Marino
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Rhinoceros Wall
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